EDUCAZIONE

L'arte di leggere tra le righe

Anche nel sistema di comunicazione moderno comprendere e interpretare il ‘non-scritto’ è una competenza centrale per leggere in modo efficiente?

Saper leggere anche il non detto (o non scritto) aumenta la qualità e la quantità di informazioni fornite dal testo
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Essere in grado di interpretare un testo scritto in maniera efficiente è una capacità assolutamente necessaria per una partecipazione piena e consapevole come individui e cittadini alla società.

L’onnipresenza dei dispositivi digitali, con le modifiche radicali che essi hanno introdotto nelle modalità e circostanze della lettura di testi di vario tipo, rende ancora più importante il ruolo della scuola nel preparare al meglio allieve e allievi a incontrare e comprendere i testi scritti, siano essi affidati a una pagina o a uno schermo. In questo contesto, la capacità di interpretare quanto non direttamente esplicitato nel testo appare come un processo mentale molto importante a cui si accompagnano alcune criticità.

La centralità dell’inferenza nella comprensione

Se dovessimo imbatterci nella frase Nina è tornata a casa pedalando a più non posso, perché non voleva perdersi l’inizio del suo cartone animato preferito, nella nostra mente, con tutta probabilità, prenderebbe forma l’idea di una bambina che sfreccia velocissima verso casa in sella alla sua bicicletta. Eppure, in questo breve testo non vengono mai citati direttamente né l’età di Nina né tantomeno il fatto che lei si trovi in sella a una bicicletta. Come è possibile dunque che, nonostante queste informazioni siano effettivamente omesse, ognuno formuli la medesima ipotesi interpretativa?

Generalmente, le informazioni “non-scritte” vengono ricavate attraverso quello che viene chiamato processo inferenziale, o più comunemente anche solo inferenza. Le inferenze, in senso largo, si possono paragonare a delle operazioni matematiche che, grazie alla combinazione di più informazioni, portano a una (ri)soluzione. L’inferenza viene attuata in maniera sostanzialmente automatica dalla mente dei lettori; in altre parole, se non di fronte a una domanda specifica o a un’evidente difficoltà interpretativa, non ci si rende conto di svolgere questo processo di “problem solving”.

In linguistica, le inferenze sono suddivise in due “famiglie” principali: le inferenze connettive, ovvero quelle che rimangono maggiormente ancorate al testo e che ci consentono di comprendere ad esempio i referenti di un pronome, e le inferenze interpretative che, come svela il nome, si legano a una maniera più personale di leggere il “non-scritto”. Queste ultime costituiscono delle vere e proprie ipotesi di interpretazione che, al contrario delle prime, non trovano un’esplicita conferma nel testo.


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Il processo inferenziale dà forma al non scritto

Perché, quando leggiamo, interpretiamo anche il ‘non-scritto’?

Per definizione un testo non potrà mai essere completamente esplicito, cioè non potrà mai contenere e citare direttamente tutte le informazioni che vuole fornire, poiché risulterebbe, oltre che lunghissimo, anche illeggibile. Per dare forma al “non-scritto”, ovvero a ciò che il testo lascia implicito, il lettore si serve del processo inferenziale sopra descritto, che può essere guidato principalmente da due fattori, entrambi risiedenti nella mente: gli schemi legati al funzionamento del mondo, che apprendiamo fin dalla nascita e che sono influenzati dalla nostra cultura di appartenenza, e le conoscenze personali, che ognuno sviluppa autonomamente in base ai propri interessi e alle proprie passioni.

Considerando quindi la lettura come una delle attività primarie di ciascun individuo, e data la necessità di un testo di essere continuamente oggetto di operazioni interpretative operate dalla mente, è facilmente intuibile l’importanza che le inferenze ricoprono nella vita di tutti i giorni.

Cosa suggerisce la ricerca scientifica sul tema

A fronte del ruolo centrale delle inferenze nella comprensione del testo, appare importante cercare di indagare in modo più approfondito il funzionamento di questo processo, individuando eventuali misure da adottare nell’insegnamento. Anche nel nostro cantone si sono svolte delle ricerche in questo senso, in particolare un dottorato appena concluso e sviluppato in collaborazione tra il Dfa Supsi e l’Università di Berna.

L’indagine ha coinvolto un campione composto da 450 studenti delle classi prima o seconda di una scuola post-obbligatoria del cantone. Gli studenti sono stati coinvolti in una prova di lettura, specificamente ideata per il progetto, che prevedeva nove testi accompagnati da alcune domande di comprensione.

Maggiori difficoltà di fronte al ‘problem solving’

I risultati dello studio mostrano che le inferenze connettive sono quelle meglio recepite dai giovani lettori. Un esempio è la ricostruzione di un legame causale come in il falò iniziò a bruciare troppo velocemente. Il boy scout corse a prendere un secchio d’acqua, in cui è chiaro che il secchio d’acqua è necessario proprio per arrestare la crescita incontrollata del falò. Questo deriva da una conoscenza comune (l’acqua può spegnere il fuoco), perciò, anche se implicito, ogni lettore tendenzialmente si sente sicuro nell’esplicitare questo tipo di legame.

Per le inferenze di tipo elaborativo, che richiedono un processo di “problem solving” più elaborato, si osservano invece differenti strategie di risoluzione. Vediamo un esempio: La bottiglia gli cadde dalle mani. La raccolse e, quando l’aprì, il contenuto spruzzò dappertutto. In questo caso, se messi di fronte alle seguenti opzioni relative al contenuto della bottiglietta, quale potrebbe essere quella più plausibile? Si tratta di acqua naturale? Acqua frizzante? Succo di frutta? Oppure non è possibile sapere cosa contiene la bottiglia? Nemmeno il prosieguo del testo cita direttamente il contenuto, ma tra le ipotesi interpretative fornite la più plausibile è quella in cui compare l’aggettivo “frizzante” (perché, da nostra conoscenza, sappiamo che a spruzzare se agitati sono proprio i liquidi di tale natura).

In casi come questo la sicurezza dei lettori sembra venire meno. La risposta-tipo per quest’ultimo genere di esempi è infatti “il testo non ne parla, dunque non posso essere sicuro della mia scelta” oppure “penso che la risposta sia questa, ma il testo non lo dice esplicitamente dunque non lo so”. Quindi se in alcuni casi si arriva a una risoluzione completa, in molti altri le inferenze non vengono risolte o addirittura vengono “bloccate”.

Imparare a gestire il ‘non-scritto’

Per rispondere alla domanda di apertura, possiamo concludere che anche nel sistema di comunicazione moderno leggere tra le righe si rivela essere un’operazione essenziale, ma non sempre i lettori sembrano sentirsi autorizzati a esplicitare la loro interpretazione.

Prendendo spunto da questi risultati è perciò importante considerare che, tra le sfide future per la didattica nell’ambito della lettura, vi è sicuramente l’aspetto legato al “problem solving” (inferenziale e non), abilità sempre più richiesta nella vita di tutti i giorni e che è quindi necessario sviluppare e consentire di attivare anche in contesti d’aula e attraverso approcci interdisciplinari. In particolare, le esercitazioni mirate legate alle due tipologie di inferenze descritte possono aiutare ad accrescere negli allievi quel senso di “autorizzazione all’inferenza”, e quindi a sviluppare una maggiore consapevolezza della validità della loro interpretazione.

In collaborazione con il Dipartimento formazione e apprendimento

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