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Ginnaste ridotte a marionette, una cultura da cambiare

Una medaglia, magari olimpica, vale tante umiliazioni e violenze psicologiche? Tanti tabù da superare

(keystone)
20 novembre 2020
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Durezza fisica che sconfinava in violenza psicologica, umiliazioni, vivacità spezzate, ginnaste ridotte a marionette, con l’autostima in caduta libera. Sofferenze sopportate in silenzio. Una medaglia, magari olimpica, vale tutto ciò? Perché tanta omertà e per tanto tempo? Non si placa lo Tsunami che da mesi scuote la ginnastica d’élite elvetica. Otto ginnaste hanno svelato un ambiente avvelenato, fatto di umiliazioni e abusi psicologici al Centro sportivo di Macolin, denunciando metodi di allenamento e maltrattamenti subiti da alcuni allenatori in un reportage del "Magazin" del Tages-Anzeiger. Altri media hanno riportato storie simili. La perfetta ginnastica ritmica agonistica sembra fosse nutrita da un’opaca cultura del terrore, che calpestava la dignità di queste ragazzine. Così hanno raccontato alcune atlete. Hanno vuotato il sacco solo quando hanno smesso di essere sottomesse psicologicamente alle allenatrici. Questo è davvero inquietante. Significa che la lealtà verso chi le allenava o verso la federazione le ha portate a sopportare l’insopportabile. Forse per paura di vedere i propri sogni olimpici infranti, dopo tanto sudore o per il timore di deludere genitori che spesso fanno sacrifici enormi. Quante pressioni per un adolescente! Quanti tabù.

Eppure che cosa può fare un giovane atleta quando una certa cultura sportiva tollera tali calvari sui giovanissimi? Può forse alzare la mano e dire che sono tutti pazzi? Chi viene da culture sportive improntate alla durezza, chi le ha vissute sulla propria pelle, tenderà a riprodurle. Circoli viziosi, che si riproducono, finché la cultura non viene riscritta su altre fondamenta. Il successo non deve essere a scapito della salute degli atleti. Queste ginnaste adolescenti, spesso lontane dalle loro famiglie, trascorrono anche 35/40 ore a settimana a Macolin con allenatori che diventano loro figure di riferimento. C’è da sperare che siano persone che hanno fatto pace con eventuali loro trascorsi segnati da abusi di ogni genere. Un auspicio dello psicologo dello sport Mattia Piffaretti (a pagina. ) che si dice scioccato dal lungo silenzio di chi ha subito.

Un clima di paura intollerabile per la consigliera federale Viola Amherd. Il sistema - ha detto - va rivisto dalle fondamenta. Un messaggio chiaro, si deve costruire una nuova mentalità, lontana dall’equazione ‘senza dolore non si vince’. Ai responsabili delle federazioni sportive ha rimproverato di aver chiuso gli occhi per troppo tempo. Visto che i soldi sono spesso l’unica leva, in futuro le direttive etiche dovranno giocare un ruolo nella distribuzione di fondi. Altrimenti questi comportamenti scorretti rischiano di perdurare. Un’etica, ci auguriamo, non solo sulla carta ma anche nella pratica quotidiana.

Tanti allenatori sanno fare bene il loro lavoro, nel rispetto dei giovani ginnasti, sapendoli spronare, senza spezzarli. La resilienza, la capacità di resistere, non si sviluppano certo con violenza e sottomissione psicologica. La Federazione svizzera di ginnastica, che di recente ha avuto diverse dimissioni, sta facendo una sua indagine sui fatti. Vedremo i risultati. Sarà comunque più che opportuno un organo esterno dove alteti e famiglie possano segnalare eventuali problemi. E una più solida formazione psicologica per gli allenatori.

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