laR+ IL COMMENTO

Riforma fiscale, una pizza (forse) e tanti specchietti

Non c’è alcuna evidenza empirica che dimostri l’effetto positivo per l’economia dato da un alleggerimento della pressione tributaria sui più abbienti

In sintesi:
  • Speziali inizia a dare segni di aver capito quanto non sia una strategia pagante per il suo partito rincorrere l’Udc
  • Sulla fiscalità i favorevoli agli sgravi esprimono un argomento in parte fuorviante
A ognuno la sua fetta
(Ti-Press)
24 aprile 2024
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Dopo una performance non particolarmente brillante al triplo appuntamento elettorale dell’ultimo anno, il presidente del Plrt Alessandro Speziali inizia a dare segni di aver capito quanto non sia una strategia pagante per il suo partito rincorrere l’Udc sui temi che contano. Per convinzione o convenienza – l’ammucchiata a destra, col Plr giocando al fratellino piccolo portato a spasso dai democentristi, ha lasciato troppo spazio al Centro di Dadò, che in effetti ha saputo trarne beneficio –, la presa di posizione di Speziali contro un ‘Decreto Morisoli bis’ potrebbe (il condizionale è d’obbligo) aprire una nuova stagione nel dibattito parlamentare sulla gestione finanziaria dello Stato. Interpellato da ‘Liberatv’, il presidente dei liberali ticinesi ha assicurato nei giorni scorsi che “finanze sane si raggiungono anche grazie allo sviluppo economico che crea indotto, quindi ricavi e di conseguenza entrate”. Argomentazioni sensate non del tutto in linea con le politiche di rigore finanziario e sgravi fiscali a favore degli alti redditi portate di fatto avanti dal Dfe di Christian Vitta e dal Plr di Speziali.

Non c’è infatti alcuna evidenza empirica che dimostri l’effetto positivo per l’economia dato da un alleggerimento della pressione tributaria sulle persone più agiate. Semmai l’esperienza prova il contrario: in Occidente anni e anni di ‘trickle down’ non hanno portato alcunché, se non allo smantellamento – per motivi di risparmio – dello Stato sociale. Mentre in Svizzera, ai giorni nostri, un Cantone come Ginevra, agli ultimi posti della classifica sulla concorrenza fiscale per quel che riguarda le persone fisiche, ha chiuso l’esercizio 2023 con un avanzo pari a 1,4 miliardi di franchi (avanzo che sarà destinato all’ammortamento contabile della ricapitalizzazione della Caisse de prévoyance de l’Etat de Genève).

In Ticino invece fra poco più di un mese andremo a votare sia sulla riforma fiscale, che mira a ridurre del 20% le aliquote massime dell’imposta sul reddito, sia sulle misure di compensazione a favore dell’Istituto di previdenza dei dipendenti pubblici. Sull’Ipct tre partiti di governo su quattro sono d’accordo: solo la Lega è – demagogicamente – contraria. Sulla fiscalità, invece, i favorevoli agli sgravi esprimono un argomento in parte fuorviante: la riuscita del referendum comporterebbe un incremento delle imposte per tutti, affermano. Dimenticano invece che nel Messaggio 8303 del 12 luglio 2023 partorito dal Dfe il ritorno del coefficiente cantonale al 100% era già stato neutralizzato con l’aumento delle deduzioni forfettarie per spese professionali, una delle tre misure della riforma che nessuno contesta (insieme alle agevolazioni per le successioni aziendali e per il prelievo del capitale previdenziale) e che fanno parte di un’iniziativa parlamentare sganciata dal pacchetto di sgravio.

L’ultimo tassello della riforma, ovvero la riduzione lineare delle aliquote dell’1,66% aggiunta dal Gran Consiglio, non è altro che un autentico specchietto per le allodole: tale riduzione – che per la maggioranza dei contribuenti significa una pizza, nella migliore delle ipotesi – verrà in fretta riassorbita dai Comuni, i quali con ogni probabilità si troveranno costretti a rivedere al rialzo i moltiplicatori per mantenere stabile il loro gettito. Nel frattempo, i più abbienti nostrani avranno portato a casa un notevole sconto d’imposta per non essere indotti a lasciare il cantone che in realtà non intendono mai lasciare.