Musica

Tanti saluti da Milano, firmato Leo Pusterla

Un incidente sul lavoro, il cambio di vita e un contratto discografico: meglio di così per il Collettivo Terry Blue e il suo songwriter non poteva andare

Leo Pusterla, Terry Blue: 'È una metropoli. Mi ci vorrà un po’ per riuscire a scoprirla tutta…' (foto: Andrea Cosentino)
19 ottobre 2020
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Come disse una volta Enzo Tortora: “Dove eravamo rimasti?”. Al lockdown, quando il minitour a Londra del Collettivo Terry Blue era andato a remengo per la nota emergenza sanitaria. Se una cosa positiva c’è stata è che Leo Pusterla ha potuto lavorare all’album ‘Only to be there’ e finirlo, aggiungendo le voci di Eleonora Gioveni. Ma è anche successo che l’infermiere Pusterla sia stato chiamato «alle armi, in casa anziani a Lugano, proprio nella seconda parte del lockdown, fortunatamente poco toccata dal contagio. Ma l'estrema gravità della situazione era chiaramente percepibile». Pusterla l’infermiere, formazione che l’aveva portato a scrivere il dolente ‘Even if this winter’s seems to last too long’, un concept album sui racconti dei malati terminali incontrati nei suoi giorni in ospedale. Pusterla non più infermiere: «Mi sono infortunato piuttosto gravemente alla schiena e la cosa mi ha un po’ fregato. Nel senso che mi hanno detto esplicitamente che avrei dovuto smettere di fare questo mestiere, se non mi fossi voluto ritrovare nella situazione che mi aveva portato all’incidente, e cioè il sollevamento di una paziente che aveva portato al cedimento della mia schiena».


Futuro sound designer

Svolta

Una totale e definitiva rivisitazione professionale per un non più 18enne. Non facile rimettersi in carreggiata. Poi, nel pieno del cercare un'alternativa, «mi scrive da Bologna Francesco Gualdaroni di Areasonica Records dicendo di essere molto interessato a discutere con me una proposta discografica, che dopo pochissimi pareri ho accettato, perché rispetto a molte altre cose rifiutate in passato portava con sé grande impegno da parte dell’etichetta e il rispetto del progetto dal punto di vista artistico. Di fatto, non mettono becco in nulla a livello di composizione e di produzione, il suono è ancora mixato da me e da Andrea Cosentino, senza interventi esterni». Sette anni di contratto legati al disco che uscirà, ma «nessun tipo di vincolo per le future pubblicazioni». Sette anni per ‘spingere’ un lavoro, due in più di quelli che, si dice, servono per portare al successo un artista. Senza chiedergli soldi, aspetto non da poco. «Areasonica, d’altra parte, ha 22 anni di storia e una certa reputazione. Per Terry Blue è una svolta». Ma è una svolta anche per Leo Pusterla.

Suono

Vivere soltanto di questo contratto non sarebbe possibile. L’infermiere non lo può più fare. Pusterla ha deciso così di fare della musica un’unica ragione di vita. Anche lavorativa. «Mi sono iscritto a una scuola per sound designer, nell’ottica di specializzarmi e, un giorno, poter lavorare anche alla mia musica in modo ancor più professionale. Sentivo di avere lacune importanti nonostante la ’radiofonicità’ dei brani già prodotti. Ma volevo fare uno step in più». L’Accademia del Suono è a Milano e quindi Leo si è traferito a Milano. «È accaduto velocemente. Un mese fa ero in infortunio e avevo come unica idea quella di andare a portare il mio curriculum nei negozi di musica. E poi è successo quel che è successo».

Prima di tornare alla Milano da Suonare, le tappe discografiche. La storia di Terry Blue con Areasonica inizia l’11 novembre con il singolo ‘Safe And Clean’, in pre-ordine dal prossimo 23 ottobre. In attesa dell’album, stampato e distribuito, finalmente, dall’etichetta e non più dal suo autore. «Continuerò a lavorare alla promozione a livello svizzero, ma sono felice di alleggerirmi di una parte burocratico-manageriale che non è il mio mestiere. Ora posso davvero concentrarmi sulla musica. E poi, Milano, figurati…».

Coscienza comune

E poi Milano, appunto. «Sono in zona Città Studi, bella e movimentata. Covid a parte, che si sente. Ma da quel che leggo del Ticino, non credo che la differenza sia così grande». In effetti. «Sono rimasto colpito. Nonostante i milanesi siano convinti che a livello di gestione sanitaria sia stato un disastro, ho l’impressione di stare in un paese in cui le cose sono state gestite, permettimi, meglio che in Svizzera. Senza privarsi di nulla, senza esagerare, i milanesi hanno una certa coscienza comune, forti di un punto di partenza diverso, il fatto che la prima ondata sia stata devastante e non si vuole che questo succeda ancora. Venendo dal settore, sul sottovalutare il pericolo mi ci arrabbio più facilmente». In attesa che i concerti ritornino, Leo si vive la città: «Milano è una metropoli. Mi ci vorrà un po’ per riuscire a scoprirla tutta…».

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