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Il Vela epistolare nel 'Carteggio' di Giorgio Zanchetti

Sono gli oltre mille documenti contenuti nell'opera che sarà presentata domani a Lugano, curata dal professore di storia dell’arte contemporanea alla Statale di Milano

12 ottobre 2020
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Dopo il Vincenzo Vela tridimensionale, oggetto di mostra fotografica a Locarno e in Leventina, è la volta del Vincenzo Vela dal corpus epistolare, ovvero gli oltre mille documenti raccolti attraverso l’analisi della ricca bibliografia artistica che lo riguarda e il censimento di fondi archivisti pubblici e privati – a partire da quello omonimo presso l’Archivio federale svizzero – confluiti nel 'Carteggio', opera curata da Giorgio Zanchetti, professore di storia dell’arte contemporanea all’Università degli Studi di Milano. Per la collana editoriale ‘Testi per la storia della cultura della Svizzera italiana’, promossa dal Cantone, il 'Carteggio' giunge a ulteriore integrazione delle iniziative per il bicentenario dell’artista, iniziate in forma digitale e sul web a causa dell’emergenza sanitaria e tutt'ora in divenire, con l’imminente mostra monografica ‘Vincenzo Vela (1820-1891). Poesia del reale’, dal prossimo 25 ottobre al Museo di Ligornetto che porta il suo nome. Il ‘Carteggio’, nel frattempo, viene presentato martedì 13 ottobre alle 18 nella Sala Tami della Biblioteca cantonale di Lugano, in collaborazione con la Divisione della cultura e degli studi universitari, alla presenza del curatore, di Manuele Bertoli capo del Decs, di Gianna A. Mina direttrice del Museo Vincenzo Vela e di Stefano Vassere, direttore della Biblioteca cantonale di Lugano.

Professor Zanchetti, quando nasce il suo ‘Carteggio’?

‘Il Carteggio’ è frutto di vent’anni di ricerche e approfondimenti su Vincenzo Vela, figura che amo particolarmente, parte dei quali sono già confluiti in altre collaborazioni con il Museo di Ligornetto, come il catalogo sui gessi, sul quale avevo lavorato negli anni Novanta.

Ha detto ‘che amo particolarmente’…

Sì, come si può amare uno dei grandi protagonisti dell’arte. Ma ci tengo a dire quel che dico sempre ai miei studenti: se la storia si studiasse guidati dalla passione per il singolo, a nessuno sarebbe mai venuta voglia di studiare la figura Adolf Hitler, dal quale, purtroppo, non si può prescindere per comprendere la storia.

Tecnicamente, il ‘Carteggio’ non è soltanto l’ordinata catalogazione di una corrispondenza.

No. Si integrano con il materiale storico anche un commento con una breve presentazione biografica di tutti i personaggi che vengono menzionati nel carteggio, e non solo dei corrispondenti che sono già diverse centinaia, a volte assai difficili da identificare, magari per l’assenza della busta con l’indirizzo, o per l’essere stati da sempre un lettera con una firma e nulla più. E poi ci sono, seguendo fatto per fatto tutto quanto è menzionato nella lettera, le molte note a piè di pagina e tutti i riferimenti bibliografici che è stato possibile fornire per permettere anche a un lettore non specialista di leggere e di comprendere.

Una ricerca che permette di ricostruire la genesi delle singole opere, un dietro le quinte…

Esattamente. La ricostruzione magari non può essere così dettagliata per un opera come lo Spartaco, perché in quegli anni le lettere sono più rade, ma il margine di ricostruzione è molto preciso, per esempio, per un monumento poco successivo allo Spartaco, e cioè il monumento funerario per Gaetano Donizetti che si trova a Bergamo, del quale è stato raccolto un interessante scambio di lettere con i committenti tra Torino e Costantinopoli, essendo uno dei fratelli di Donizetti maestro di musica dell’esercito ottomano. Lo stesso vale per quella straordinaria macchina allegorica, storica, decorativa che è il monumento al duca di Brunsvik per la città di Ginevra, poi non realizzato, del quale esiste un carteggio sterminato forse per la causa legale che ne scaturisce con i committenti. Tutte lettere, immagino, conservate per farle valere davanti a un tribunale arbitrale. La ricchezza della corrispondenza ci permette di seguire, a volte giorno per giorno, anche le modalità di queste commissioni, non sempre sono così chiare e note.

Oltre 400 corrispondenti, soprattutto italiani e ticinesi. Dupré, Monteverde, Della Vedova tra gli artisti; Tommaseo e Manzoni tra i letterati; Carlo Cattaneo, Quintino Sella, Cavour tra politici e statisti. Quanto il ‘Carteggio’ può considerarsi definitivo nella conoscenza di Vincenzo Vela?

L’opera è certamente importante, ma spero anche che questa mia ricerca possa avere anche un’altra funzione, quella di stimolare l’apertura di altri archivi. Di norma, quando si danno alla luce fatiche così monumentali, capita che il giorno dopo la chiusura della pubblicazione in tipografia qualcuno chiami per dirti: “Che peccato, io avevo due lettere…” (ride, ndr). In realtà, grazie al Museo Vela e al Cantone abbiamo cominciato anni e anni fa la nostra ricerca, annunciando che l’opera era in corso di preparazione. 

Vela è stato uomo dai forti ideali politici, per i quali combatté anche non in senso lato. Ideali che viaggiano paralleli alla produzione artistica che spesso, di quegli ideali, è espressione. La sua ricerca l’avrà portata in campi non solo strettamente artistici.

Sì, ma con una premessa. Ci tengo a dire come lo storico d’arte, in quanto tale, debba occuparsi essenzialmente d’arte. Però, addentrarsi nel Vela artista, è vero, porta con sé il doversi confrontare con il momento storico, essendo egli calato nella vita politica in ogni momento della sua esistenza. Anche in Ticino, dove fu eletto in gran Consiglio. In questo senso, Vela è stato un uomo del suo tempo a 360 gradi, condividendo soprattutto le passioni politiche risorgimentali prima e poi la passione repubblicana e l’interesse per le classi sociali più umili, negli ultimi decenni del secolo. Vela è a Roma nel 1847 quando l’Italia si raduna inizialmente intorno a Pio IX come possibile rappresentante di una futura unità o indipendenza; partecipa nelle file dei liberali alla guerra del Sonderbund, conosce il generale Dufour del quale realizzerà poi un celebre ritratto, partecipa alla liberazione di Como durante la guerra d’insurrezione del marzo del 1848 in Lombardia, fa tutta la guerra d’indipendenza italiana fino all’estate del 1848, quando gli austriaci ritornano a Milano. E nel 1852 è addirittura espulso dalla Lombardia dal governo austriaco a causa dei contenuti politici dello Spartaco, riparando prima a Ligornetto, poi a Torino. Nel caso di Vincenzo Vela, quindi, parlerei di coerenza, a tal punto da sacrificare una folgorante carriera sulla scena milanese, assieme a Parigi la scena più importante al mondo per la scultura romantica. In qualche modo, la sua espulsione dalla Lombardia sarà anche la sua fortuna perché Torino, che non al tempo non era esattamente una grande piazza per le arti, era però la culla del Risorgimento.

In questa messe d’informazioni, e tenendo conto del fatto che ‘Carteggi’ non è certamente un romanzo, c’è un passaggio che consiglierebbe al lettore?

Parlare di estratti, di ‘zone’ è difficile essendo i documenti articolati in ordine cronologico e non tematico, una sequenza cronologica il più possibile day by day, quindi più fili che s’intrecciano in un’unica trama. Le cose più divertenti che hanno stupito chi commenta, ma che mi auguro stupiranno anche il lettore, sono certe lettere più spontanee, meno formali o d’affari, nelle quali Vela si lascia andare con alcuni dei suoi amici, che spesso sono personaggi illustri come Giulio Carcano, per esempio, su considerazioni più terra terra. Quando parla della necessità di farsi pagare le opere che realizza, per esempio...

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