Arte

Vincenzo Vela: 200 anni dopo è sempre 'Poesia del reale'

Con Gianna A. Mina in 'visita guidata' alla monografica che si apre domenica 25 ottobre, aperta sino al 5 dicembre 2021.

Nel riquadro, Gianna A. Mina, curatrice della mostra e direttrice del Museo Vincenzo Vela di Ligornetto
24 ottobre 2020
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È dal 1992 – cent’anni dopo la donazione di Villa Vela alla Confederazione da parte di Spartaco Vela, figlio di Vincenzo (da cui lo 'Spartaco') – che la storica dell'arte Gianna A. Mina dirige il Museo Vincenzo Vela di Ligornetto. A duecento anni dalla nascita dell'artista chiediamo a lei, in quanto curatrice, di parlarci di ‘Vincenzo Vela (1820-1891). Poesia del reale’, monografica che si apre domenica 25 ottobre per durare sino al 5 dicembre 2021. Un’estensione di quanto già esposto al piano terra e che attraverso dodici sezioni vuole approfondire, di Vela, il dualismo artista innovativo - uomo calato nel proprio tempo. «Vorremmo proporre una lettura della rivoluzione portata dallo stile di Vela, che irrompe all’inizio degli anni Quaranta dell’Ottocento a Milano, quando già il neoclassicismo si stava sfinendo di forze», spiega la direttrice. «Vorremo spiegare perché riteniamo che questo scultore sia degno di approfondimento a duecento anni dalla sua nascita, facendo comprendere, mi auguro, come il suo realismo è sì un’adesione e un atto di fede nei confronti dell’atto reale, ma senza mai scadere nella pura descrizione. L’elemento lirico, l’interpretazione creativa, è elemento fondamentale. Ecco perché ‘Poesia del reale’».

Le prime sale del museo sono dedicate all’illustrazione del processo creativo dell’artista, basato sin dall’inizio sull’utilizzo del calco dal vero. Qui unito a un’altra peculiarità: «Oltre ai calchi di porzioni di corpo, sono esposti anche i suoi disegni, aspetto forse meno noto. Vela viene descritto dai coetanei come un fenomeno, perché disegna come un pittore e non come uno scultore». Il Vela che «continua a ‘dipingere’ mentre fa scultura» e il Vela «che modella», quello delle due crete non cotte in mostra per la prima volta: «È una rarissima fortuna osservare un’opera nel suo stadio iniziale come il medaglione dei coniugi Camozzi, che ci mostra l’assoluto pittoricismo, parte della rivoluzione scultorea che ben conosciamo».

Memoria fotografica

Insieme al processo creativo, a fianco della «virilità» del piano terra, due sale speciali al primo piano sono dedicate ad alcuni monumenti funebri. «Soprattutto angeli, visto che nel momento in cui è chiamato a realizzare opere funerarie, Vela cerca di evitare il dato cristiano. Si tratta di figure angeliche che sono ancora una volta l'occasione di rappresentare sì, qualcosa di non reale, ma non legato a un filone religioso». Una sala centrale è dedicata ai ritratti d’infanzia, «di un verismo senza sentimentalismi, mai stucchevole, mantenendo la distanza critica di chi rappresenta, cosa che lo rende ancor più moderno».

E poi c’è la collezione fotografica. Le oltre mille fotografie a disposizione sono una delle più antiche collezioni in Ticino e, in generale, tra quelle in possesso della Confederazione: «Quello della fotografia è una vera sorpresa. Ci viene consentito di entrare all’interno dello studio molto approfondito che Vela esegue di questa realtà che tanto apprezza quando gli è dato di realizzare, per esempio, monumenti equestri». Due i casi emblematici: il monumento a Brunswick e il monumento al Correggio, presenti in una ventina di scatti ciascuno. La fotografia, in generale, è utilizzata da Vela non solo come supporto per la creazione ma pure in chiave di ‘marketing’: «Lo scatto da più angolazioni di un monumento, soprattutto se in fase di bozzetto, è una sorta di tridimensionalità impensabile fino all’avvento della fotografia, strategica in ottica di committenza, per definire, ad esempio, il posizionamento di una determinata opera in un contesto non abituale. Vela va oltre la realizzazione, immaginandola nel contesto cittadino, in un parco, all’interno di un edificio. Ovunque».

La ‘Poesia del reale’ è uno spingersi oltre la scia appena lasciata dal ‘Carteggio’, la pubblicazione curata da Giorgio Zanchetti, professore di storia dell’arte contemporanea alla Statale di Milano che lo scorso 12 ottobre ci aveva illustrato il Vela epistolare, gli oltre mille documenti andati a comporre il più dettagliato ‘dietro le quinte’ dell'artista. La ‘Poesia del reale’, oltre a scendere nel processo creativo, soddisfa la necessità di una visione più approfondita: «Dopo l’enorme successo, Vincenzo Vela, a causa del suo esporsi in prima persona, del suo schierarsi, anche in modo radicale, anticlericale – spiega la direttrice – ha patito una critica molto negativa e per questo si è rischiato di perdere di vista il suo grande contributo alla storia della rappresentazione». Nel linguaggio monumentale, per esempio: «Vela, tramite l'opera, riesce a veicolare nel contesto democratico, repubblicano svizzero, piuttosto restio al suo utilizzo, una comunicazione nuova, che oggi definiremmo 'politica'». E ancora: «Vela rifiuta, come bene sottolineato da Zanchetti, il peplo romano per vestire Cavour, lo vuole nell’abbigliamento dell’epoca, è per lui impensabile un’astrazione classicheggiante per ritrarre un coetaneo. Anche questo aspetto fa di lui un innovatore».

Oltre la ricorrenza

I duecento anni dalla nascita dell’artista proseguono, idealmente, anche nel 2021. «Abbiamo in previsione lo studio della biblioteca di famiglia, che ci darà una visione ancora più completa. Un quadro di questo tipo, così esaustivo, è davvero difficile da poter avere quando si parla di uno scultore. E la cosa si deve all’idea di Vela, molto moderna, di tenere tutto, gessi, fotografie». L'anno nuovo produrrà, in particolare, una ‘Miscellanea’ in cui convergerà l’invito esteso a studiosi e studiose che negli ultimi 25 anni hanno dedicato il loro sapere allo scultore, per offrire una nuova, ulteriore lettura. È in arrivo anche un libro di poesie dedicategli da scrittori e scrittrici della Svizzera italiana. «Modi di rendere omaggio che mi auguro possano essere interessanti e soprattutto non celebrativi», conclude Mina. «Ciò che m’interessa è l’eco di Vela oggi, cosa sentiamo arrivare alle nostre orecchie dopo duecento anni» (www.museo-vela.ch).

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