La direttrice di Unicef: ’Donatori tradizionali in difficoltà’. Ma aumentano i bambini indigenti, 7 milioni in più faranno la fame. Crisi anche in Svizzera
Il conto del Covid è salatissimo: chi era già povero rischia privazioni che non si vedevano da decenni e nei Paesi benestanti peggiora il benessere dei bambini. Sempre più minori non avranno un’infanzia degna di questo nome.
Anche prima della pandemia, in Svizzera tanto per citare un dato, un bimbo su 5 rischiava di scivolare nella povertà. A Sud del mondo sopravvivono a stento. Giorno dopo giorno, per colpa di guerre, povertà, malattie, si continuano a violare i diritti fondamentali dei più piccoli, si muore di fame o di malattie evitabili prima dei 5 anni, si è costretti a lavorare fin da piccoli, senza cure di base, senza protezione, senza scuola dopo l'isolamento. Ora la crisi socio-economica, senza precedenti, innescata dal Covid sta azzerando anni di progressi nella lotta alla povertà infantile. Il risultato: un enorme balzo indietro. I dati di Unicef sono agghiaccianti: senza azioni immediate, il numero di bambini in povertà potrebbe aumentare del 15% (ossia 87 milioni in più), raggiungendo i 672 milioni entro la fine dell’anno. “Un’emergenza senza precedenti”, commenta Bettina Junker direttrice del Comitato Svizzera e Liechtenstein per l’Unicef. Vediamo perché.
Bettina Junker direttrice del Comitato Svizzera e Liechtenstein per l’Unicef (keystone)
Dal 2014 il numero dei poveri aumenta di anno in anno. Più di 144.000 bambini sono colpiti dalla povertà in Svizzera. Cosa nascondono queste cifre?
Un recente studio del Centro di Ricerca di Unicef sul benessere dell’infanzia tra 41 paesi ha evidenziato che in Svizzera un bambino su dieci è povero, uno su 5 è a rischio precarietà; significa vivere in una famiglia che potrebbe scivolare nell’ indigenza. Sono cifre allarmanti per un Paese ricco come la Svizzera. Le conseguenze della povertà sono devastanti, parliamo ad esempio di svantaggi materiali, di esclusione sociale, di ridotte chance di avere un’educazione. Chi viene dalla povertà parte svantaggiato e può risentirne per l’intera vita. Insicurezza materiale, paura di non farcela, sono fattori di stress anche per i più piccoli. Dobbiamo trovare il modo di correggere questa tendenza in Svizzera.
La parte più fragile della società sono le famiglie monoparentali, chi ha poca istruzione, gli immigrati, le famiglie di rifugiati. I loro figli non parlano la lingua locale, un handicap che va colmato fin da piccoli per dare a tutti le medesime possibilità di riuscita scolastica. È fondamentale per il nostro lavoro raccogliere dati sul benessere dei bambini in Svizzera. Avere una fotografia ci aiuta ad analizzare i problemi e a capire come intervenire.
Un aspetto critico, che mi ha colpito assai nello studio Unicef , riguarda l’educazione in Svizzera: un adolescente su 3 non sa leggere bene e zoppica in matematica. È un risultato preoccupante che deve essere studiato a fondo, c’è sicuramente margine per migliorare. Ad esempio nell’educazione precoce dei bambini: qui è importante che tutti abbiano le stesse possibilità di successo, in modo che siano stimolati nei primi tre anni di vita (quando il cervello si sta sviluppando) e vengano sostenuti, quando è necessario, nel loro sviluppo motorio, linguistico, sociale e cognitivo. In Svizzera possiamo e dobbiamo fare meglio.
Slovenia, Svizzera e Nuova Zelanda sono i paesi che dovrebbero soffrire meno delle conseguenze del Covid, che sono catastrofiche invece nei Paesi a basso reddito.
Unicef è attiva in più di 150 paesi e regioni per migliorare le condizioni di vita dei bambini in modo sostenibile. Una recente analisi suggerisce che a seguito della pandemia il numero di bambini che vivono in famiglie colpite dalla povertà aumenterà del 15% fino a raggiungere un totale di 672 milioni di bambini entro la fine dell’anno. E che altri 6,7 milioni di bambini sotto i 5 anni soffriranno di malnutrizione acuta. L'80% proviene dall’Africa subsahariana e dall’Asia meridionale, più della metà di loro solo dall’Asia meridionale.
Nello Yemen, dove da 5 anni c’è una guerra civile, è in corso una delle peggiori crisi umanitarie della storia moderna. Le infrastrutture statali - come scuole, ospedali, depuratori - sono collassate. Due milioni di bambini sono gravemente malnutriti e lottano ogni giorno per sopravvivere. Blocchi aerei e navali ostacolano la fornitura di aiuti d’emergenza, ma Unicef è presente: inviamo dozzine di tonnellate di vaccini, rendiamo l’acqua potabile, installiamo infrastrutture sanitarie, i bambini denutriti ricevono alimenti terapeutici e vitamine, squadre mobili portano cibo, farmaci e articoli per l’igiene in zone di difficile accesso. È un conflitto dimenticato, ma noi ci siamo.
Ci restano 10 anni per azzerare la povertà estrema meridionale, per lottare contro le ineguaglianze, per rinforzare l’autonomia delle donne, per combattere i cambiamenti climatici.
L’attuazione delle misure non procede al ritmo sperato, vanno accelerati gli sforzi globali nel restante decennio di organizzazioni, individui, governi, aziende. Avremo successo solo se tutti faranno la loro parte!
Abbiamo dovuto annullare quasi tutti gli eventi pianificati per 2020 coi nostri donatori. Questo ci preoccupa visto che Unicef Svizzera e Liechtenstein vive di donazioni. Gli svizzeri sono stati molto solidali e generosi nelle emergenze (pandemia, esplosione a Beirut e incendio al campo rifugiati a Moria) dove abbiamo portato aiuti. L’altro volto della medaglia, sono i nostri donatori istituzionali (imprese e fondazioni) che vista l’incertezza economica sono molto prudenti. I prossimi mesi saranno decisivi.
Aiutiamo l’infanzia e difendiamo i diritti dei bambini, miglioriamo le loro condizioni di vita. I bambini sono l’avvenire dell’umanità. I minori di 18 anni rappresentano un terzo della popolazione mondiale. Sono attori chiave per il futuro. Investire su di loro è importante anche perché saranno la futura forza lavoro, i manager e consumatori di domani, i futuri genitori. L’Unicef è la più grande e professionale organizzazione per il benessere dell’infanzia e i diritti dei bambini.
Unicef lavora coi governi, organizza programmi nei settori della sanità, nutrizione, educazione, acqua, igiene e protezione dei bimbi. Serve professionalità e basi scientifiche per fare tutto ciò, quindi abbiamo costi fissi. Nessuna altra organizzazione è così diversificata, in caso di catastrofe siamo presenti ovunque e possiamo intervenire velocemente con partner. Lo Yemen è solo uno degli oltre 30 programmi che sosteniamo. Abbiamo anche costi amministrativi. Nel 2019 ammontavano al 7,4 per cento. Sono necessari per garantire professionalità.
Locarno sarà la prima città ticinese che dovrebbe presto ricevere il riconoscimento di «Comune amico dei bambini», significa che è «a misura di bambino» secondo tutta una serie di indicatori. L’attenzione verso i bambini si riflette nella protezione dei loro diritti, alla parità di trattamento e alla loro consultazione, verifichiamo quanto sono attuati nei settori dell’amministrazione, della scuola, salute, servizi di assistenza. È a livello comunale che si manifestano i maggiori effetti dei progetti volti a migliorare le condizioni di vita dell’infanzia. Prossimamente arriveremo a 50 comuni.
Due anni fa, proprio una scuola di Locarno, ha partecipato alla colletta la ‘Settimana delle stelle’ (dal 20 novembre a Natale) in favore di Unicef (quest’anno lo slogan è ‘Insieme contro Corona’) con un successo strepitoso. La rifaremo anche quest’anno.