‘Dopo il k.o. col Friborgo, la squadra non ha più mostrato carattere e grinta: decisione inevitabile’.Via pure il General Manager Hnat Domenichelli
Lunedì 13 gennaio. Quello degli scossoni in casa Lugano. Forti, ma inevitabili. Oltre che preannunciati. Col club che alla luce dell’ultimo deludente weekend ha deciso di voltare pagina, con la guida tecnica della prima squadra e con la direzione sportiva. Via Luca Gianinazzi, e con lui il tandem di assistenti sulla panchina della prima squadra Cantoni e Kaskinen, e, anche fine della collaborazione con Hnat Domenichelli, che in seno alla società bianconera ricopriva la carica di General Manager e dunque pure di direttore sportivo. «È una scelta dolorosa, che ci fa male e che rattrista anche sul piano umano», tiene a sottolineare la presidente dell’Hc Lugano Vicky Mantegazza in apertura dell’incontro con i media indetto proprio per annunciare le importanti decisioni maturate nella ‘seduta di crisi’ del Consiglio d’amministrazione all’indomani dello scivolone di sabato in casa dell’Ajoie. «D’altro canto era anche una scelta inevitabile vista la piega degli eventi». In più di un’occasione, in passato, dopo un passaggio a vuoto, prolungato o no, qualche impulso la squadra l’aveva mostrato. E questo aveva perlomeno alimentato la speranza di poter uscire dalle acque sempre più agitate. Le cose si sono però complicate, e non di poco, in questo mese di gennaio, con la squadra bianconera che dopo l’incoraggiante ripresa nel nuovo anno con il successo a Berna, ha inanellato altre tre sconfitte consecutive (nell’ordine: Friborgo, Losanna e Ajoie), quelle di troppo per Luca Gianinazzi (e con lui Hnat Domenichelli, oltre ai citati Cantoni e Kaskinen). «Più volte durante la stagione ci è sembrato di aver trovato la forza per riemergere, ma invece, alla realtà dei fatti, così non è stato: dopo la sconfitta con il Friborgo (domenica 5 gennaio, sfida conclusa con il Gottéron uscito vittorioso alla Cornèr Arena con il punteggio di 1-5, ndr), in un modo peraltro difficile da capire, la squadra non ha più mostrato quella grinta e quel carattere che sono necessari nello sport. La situazione è dunque precipitata fino al punto di non ritorno, quello che ha reso inevitabile questo passo».
Fin qui i fatti e la serie di circostanze che hanno portato alla decisione partorita dal Consiglio d’amministrazione e riassunte da Vicky Mantegazza. Che poi, a ogni buon conto, torna sulla decisione presa nell’ottobre del 2022 di affidare a lui, allora allenatore degli Juniores Élite bianconeri, le redini della prima squadra, dopo aver dato il benservito a Chris McSorley, altro progetto prematuramente (e malamente) naufragato anzitempo in riva al Ceresio. «Quando la scelta era caduta su di lui, tutto il club credeva che Gianinazzi potesse essere davvero la persona giusta per guidare la squadra per diversi anni. E l’ha fermamente creduto fino alla fine: Luca è una persona competente, seria e preparata; un grande lavoratore. Ma la squadra, purtroppo, in queste settimane e mesi è entrata in un buco nero, e a questo punto una decisione, pure forte, si è resa necessaria. Per il profondo legame tra Luca e la società, come pure per quell’idea che ci aveva spronati ad andare in quella direzione più di due anni fa, di percorrere una strada diversa dal solito affidando a lui la panchina è un finale amaro, un finale che avremmo volentieri voluto fare a meno di scrivere».
Mentre nella sala stampa i vertici bianconeri danno voce alle decisioni partorite dalla seduta di crisi del giorno prima, in attesa di una fumata bianca alla voce allenatore («Idealmente in tempo per poter dirigere la squadra la prossima partita, venerdì col Davos», tiene a precisare il Ceo Marco Werder), sul ghiaccio della Cornèr Arena i giocatori si stanno allenando, quasi come fosse un giorno ‘normale’. Fatta eccezione per il fatto che a dirigere i lavori è quell’Antti Törmänen chiamato a inizio dicembre a fare da ‘pompiere’ in qualità di mental coach dei bianconeri.
«La volontà di andare avanti con lui era grande, al punto che a nessun altro allenatore è stata data una chance così grande di arrivare fino in fondo ai nostri piani come è stata data a lui. Moralmente e mettendogli a disposizione gli strumenti che potevamo, non da ultimo con l’arrivo del mentore Törmänen. Poi, chiaramente, l’abbiamo sostenuto in questo progetto sportivo fin dove potevamo… Abbiamo anche valutato se andare avanti con Luca se e comunque, fino in fondo. Arriva però quel momento che ti trovi davanti a un muro. Del resto, e non lo scopriamo oggi, Lugano non è certo la piazza più facile per gestire un club sportivo: appena i risultati non arrivano, il malcontento si fa largo un po’ a tutti i livelli e nei nostri ruoli abbiamo anche delle responsabilità, non da ultimo verso i tifosi. Una situazione analoga l’avevo del resto già vissuta in prima persona quando alla transenna c’era Patrick Fischer».
«Questo è un momento difficile, per noi, per i giocatori e non da ultimo per Luca, che era il primo a crederci, con tutto il suo cuore – le fa eco il Ceo Marco Werder –. Con più calma, chetate le emozioni, valuteremo il modo migliore per dimostrargli la nostra vicinanza come società e come sostenerlo umanamente. È un allenatore che ho visto crescere in seno alla nostra società, e dunque conoscevo le sue qualità. Al di là di tutto non credo che abbiamo sbagliato a dargli questa opportunità, anche perché in ventisette mesi o giù di lì alla guida della prima squadra ha dimostrato di avere le capacità di condurre il gruppo. Prova ne è che, tolto quest’anno, ha difficilmente superato le tre sconfitte consecutive, e ha sempre trovato il modo di far reagire la squadra.
Un finale amaro che si estende pure a Hnat Domenichelli, il cui viaggio in qualità di General Manager dei bianconeri, cominciato nell’estate del 2019, è pure esso arrivato al capolinea: «Il Lugano e Hnat Domenichelli, di comune accordo, hanno inoltre deciso di porre fine alla loro collaborazione professionale. Voglio peraltro ringraziare Hnat per il suo lavoro, che si è sviluppato in stagioni difficili, per la pandemia, per le ripercussioni finanziarie che la stessa ha comportato negli anni seguenti, per i cambiamenti importanti che ci sono stati in questi anni nel campionato svizzero e per una serie di infortuni pesanti e imprevedibili», osserva Vicky Mantegazza. La sua uscita di scena, al di là di tutto, non è ad ogni buon conto quella che si può definire un fulmine a ciel sereno. E qui, alla mente tornano le parole che a suo tempo lui stesso aveva pronunciato nell’introdurre il 32enne ormai ex tecnico dei bianconeri in qualità di allenatore della prima squadra: “Gianinazzi sarà il mio ultimo coach”. «Hnat non ha mai nascosto sin dall’inizio di legare il suo destino a quello di Gianinazzi. È quindi logico che la sua collaborazione con lui si chiuda qui. Sono comunque contenta che questa collaborazione si sia conclusa in modo sereno e amichevole. La ricerca di un nuovo direttore sportivo comincia da subito, e fintanto che non l’avremo trovato, Hnat ci darà una mano a livello amministrativo, garantendo un passaggio di consegne il più fluido possibile con la persona che rileverà il suo testimone». Quanto a Törmänen, «Antti ci ha dato la sua disponibilità per continuare ad aiutarci in questo momento delicato, e per questo mi preme ringraziarlo – sottolinea ancora la presidente –. La sua malattia, purtroppo, al momento non gli consente di fare l’allenatore o il direttore sportivo, ma la sua esperienza e la sua sensibilità, oltre che la sua competenza, sono state e saranno molto preziose per tutti noi».
Il Ceo Marco Werder, nella sua riflessione, parte da più lontano: «Il mio compito è quello di implementare la strategia della società nel miglior modo possibile. In questo senso due anni fa c’era la ferma convinzione che la carta Gianinazzi, un talento cresciuto ‘in casa’, potesse davvero essere quella che ci avrebbe permesso di cambiare il modus operandi del Lugano (e non solo il suo) dell’ultimo ventennio. D’altro canto un cambiamento di mentalità come questo richiede tempo e pazienza, nonché molta più forza ed energia di quanto si possa credere. E di questo ci siamo resi conto, tutti insieme. Lo aveva del resto già detto Domenichelli stesso, al momento di puntare su Gianinazzi, sottolineando che quello sarebbe stato il suo ultimo allenatore. Non dimentichiamoci il finale della scorsa stagione, una stagione comunque chiusa in crescendo e soprattutto con un allenatore che stava plasmando in modo egregio la sua squadra. Non dimentichiamoci nemmeno che all’inizio di questa stagione, dopo le prime partite, praticamente tutti eravamo convinti ed entusiasti del modo di giocare della squadra. Le cose, però, nel mondo dello sport cambiano velocemente. Come siamo arrivati al punto in cui siamo ora? Nel dettaglio non ce lo sappiamo spiegare: sicuramente sarà una concomitanza di fattori che andremo ad analizzare a tempo debito. Ora però abbiamo l’importante compito di gestire il presente per ricostruire il futuro più a breve scadenza, il miglior futuro possibile per il nostro club». Il Ceo bianconero fa poi anche un po’ d’autocritica: «La mia riflessione personale, forse, è che come dirigenza, da inizio stagione, abbiamo voluto mettere l’accento in maniera eccessiva sulla forza del gruppo, spingendo parecchio in questa direzione. Forse troppo, col senno di poi, perché, ma parlo a titolo personale, ho quasi la sensazione che questo gruppo vada fin troppo d’accordo, e che dunque nessuno al suo interno abbia avuto il coraggio o la forza di essere anche critico, o duro. Perché è pure da questo genere di confronti che si cresce».
E adesso? Il futuro del Lugano è ora tutto da (ri)scrivere, e ora come ora presenta diverse incognite a cui solo il tempo darà le risposte tanto attese da una piazza fattasi (anche comprensibilmente) sempre più insofferente di fronte all’involuzione di gioco e ai risultati della prima squadra. Risposte che arriveranno forse già nelle prossime ore o giorni, per quel che concerne per la guida tecnica da qui al termine della stagione, e settimane, con particolare riferimento al ruolo di direttore sportivo del club. «Da ieri (domenica) stiamo lavorando per portare a Lugano un nuovo allenatore – illustra ancora la presidente –. Ora come ora non c’è ancora nulla di definito, ma quando le trattative in corso si saranno concluse, annunceremo il suo nome». Sulle varie tempistiche, è Marco Werder a entrare nel dettaglio: «Tendenzialmente ora come ora stiamo cercando un allenatore che possa dirigere la squadra da qui al termine della stagione, anche perché non avendo più un direttore sportivo, la nostra priorità assoluta è appunto quella di individuare la persona giusta a cui affidare quest’ultimo incarico. Spetterà poi a lui individuare l’allenatore giusto per il futuro. Procedendo per gradi, dunque, ora si tratta di trovare questo ‘traghettatore’, idealmente prima della prossima partita, in programma venerdì, e nel minor tempo possibile designare poi il nuovo direttore sportivo. Al quale competerà dunque la scelta (o la conferma?) dell’allenatore per ripartire dalla prossima stagione con il nuovo progetto».
Quanto è veritiera la strada che porta all’ex allenatore Stefan Hedlund, ipotesi circolata con insistenza già domenica sera? «Ci sono delle negoziazioni in corso con i profili che riteniamo siano i più idonei, ragion per cui per ora non mi esprimo su questo o quel candidato. Anche se la lista degli interessati è lunga».