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‘Io non alzo bandiera bianca’. Ma è il momento di cambiare

Dopo l’ennesima prova deludente, senza emozioni e idee, a Lugano il cambio in panchina è inevitabile. E spunta il nome dello svedese Stefan Hedlund

Manca soltanto l’ufficialità
(Ti-Press)
12 gennaio 2025
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«Alzare bandiera bianca? Non mi passa nemmeno per la testa. Sono cresciuto a Lugano, il nostro motto è non mollare mai e questo non me lo toglierà nessuno». Sono queste le parole scelte da Luca Gianinazzi davanti alle telecamere della Rsi dopo la sconfitta di sabato a Porrentruy, che ha avvicinato ancor più i bianconeri all’ultimo posto in classifica. Affermazioni che mettono in evidenza la caparbietà del giovane allenatore nel non voler abbandonare la propria idea anche di fronte alle grandi avversità, e che potrebbero sicuramente giovargli in futuro. Tuttavia, quelle saranno probabilmente anche state le ultimissime parole del trentaduenne tecnico ticinese sulla panchina di un Hc Lugano costretto a cambiare rotta suo malgrado, per dare una scossa a tutto l’ambiente.

In una domenica di passione, con un susseguirsi di indiscrezioni iniziate dalla notizia della – inevitabile – riunione dei vertici della società per decidere il da farsi, sono cominciati a trapelare i nomi di alcuni candidati credibili alla successione di Gianinazzi, come quello del quarantanovenne svedese Stefan Hedlund, licenziato da Rapperswil a inizio dicembre, accostato alla panchina dell’Hc Lugano dalla Rsi nell’ambito della trasmissione ‘That’s Hockey’. Fosse davvero lui il nuovo coach – in questo caso, la comunicazione ufficiale da parte della società bianconera dovrebbe arrivare già nelle prossime ore –, il compito che l’attende non sarà facile, poiché le partite a disposizione per cambiare il trend non sono molte, con una situazione di classifica quasi compromessa, con i play-in distanti ormai sette punti. Sia come sia, per dare un senso al finale di stagione sarà necessario un drastico cambiamento sia sul piano del gioco sia su quello dell’attitudine, per una squadra che dovrà ritrovare non solo la giusta serenità ma anche quella cattiveria agonistica che aveva caratterizzato i bianconeri a inizio stagione.

Le due partite del weekend rispecchiano perfettamente la stagione vissuta fin qui da Carr e compagni, ai quali sembra mancare qualsiasi idea di gioco e la determinazione necessaria per raddrizzare una situazione divenuta insostenibile non soltanto per loro, bensì anche per i tifosi. Ciò vale a maggior ragione riguardo alla prestazione offerta sabato sera, in una partita, l’ennesima di questa stagione, dove nulla ha funzionato: dal reparto difensivo, al gioco offensivo, fino al livello di concentrazione. Basti pensare all’inutile penalità di partita rimediata da Sekac dopo appena otto minuti di gioco, che ha messo ancora più in difficoltà i compagni. Anche la gestione del momentaneo pareggio lascia perplessi: dopo appena trenta secondi dalla rete di Verboon, la difesa bianconera si è fatta trovare clamorosamente impreparata e disattenta, con i padroni di casa che hanno messo sotto pressione Schlegel, in quel frangente abbandonato dai propri compagni. Una situazione che riflette l’incapacità di saper gestire i momenti chiave delle partite, che sono costati troppe sconfitte. Poi, nel finale dell’incontro, l’ennesima penalità evitabile in zona offensiva e due contropiede malamente sprecati hanno sancito la sconfitta ticinese. Questi episodi sono emblematici e raccontano di una squadra mentalmente fragile, priva di convinzione e determinazione nel conseguire risultati. È per questo motivo che, a questo punto, un cambio in panchina s’impone. Anche se, essendo ormai a metà gennaio, è tutto fuorché garantito che chi arriverà dopo il ‘Giana’ in così poco tempo sarà in grado di invertire la rotta. S.P.