Commento

L'ignobile video della ‘lapidazione’, tolleranza zero

Comportamenti inqualificabili che chiamano in causa sottufficiali che hanno la responsabilità della condotta di un gruppo!

18 ottobre 2018
|

Il caso di vessazioni e punizioni corporali ai danni di un milite ticinese, avvenuto alla scuola reclute di Emmen (reso noto martedì sera al Quotidiano/Rsi), è di quelli gravi. Il video della ‘lapidazione’ col tiro di sassi e noci e della sua messa in scena non ha bisogno di commenti: ignobile.
Fenomeni di questo tipo – cioè di odiosa prevaricazione, abbinata ad abuso di tecnologia per far circolare la ripresa della punizione inflitta alla vittima – accadono anche nella società fuori dalla caserma e ovviamente l’esercito non è immune alle derive. L’episodio è dunque solo una conferma dell’osmosi esistente: la divisa non è una barriera.

In questa vicenda ciò che però maggiormente sciocca è che l’accaduto non coinvolga soltanto due o più reclute, fatto che sarebbe già di per sé grave, ma chiama in causa sottufficiali che hanno responsabilità nella condotta di un gruppo e che hanno spinto i commilitoni ad assumere comportamenti inqualificabili.

Che nei ranghi di chi è chiamato a servire il Paese si annidino teste bacate, capaci di indurre altre persone a loro sottoposte a commettere atti degradanti e violenti, è insidioso. Fra l’altro l’esercito in questi anni si sta lamentando per la propria diminuita attrattività, rispetto a chi decide di mettersi a disposizione per il servizio civile (sempre più gettonato). Un’alternativa che sta creando a livello di truppa e di quadri una crescente crisi di ‘vocazioni’, tendenza che casi simili non contribuiscono certo a invertire. Nessuno ha voglia di vedersi trasformato in zimbello o vittima, a maggior ragione mentre serve un’istituzione dello Stato.

Nella squallida vicenda va dato atto ai vertici grigioverdi di non aver perso tempo. Nel senso che, mentre il Quotidiano rendeva noti i fatti, la giustizia militare era già al lavoro grazie ai filmati per verificare se vi siano o meno azioni punibili penalmente.

Inoltre, i vertici hanno subito preso posizione, anche pubblicamente, ribadendo chiaro e forte di non tollerare alcuna punizione corporale. Qualcuno dirà (e sottoscriviamo): ma ci mancherebbe altro! È vero: un comunicato che afferma la tolleranza zero può sembrare scontato, ma è anche vero che il capo dell’esercito per affrontare di petto l’accaduto si renderà di persona in visita alla scuola reclute di Emmen. Una scelta profilata e giusta che servirà a dare risalto al fattaccio, mettendo tutti i puntini sulle i della parola ‘idiozia’ e cercando di ricavarne anche qualcosa di positivo. La certezza che chi sgarra non la farà franca.

Oltre alle sanzioni – che ci auguriamo esemplari – se da qualche altra parte dovessero esserci stati casi analoghi, o se in futuro dovessero accadere di nuovo, è bene che vengano resi noti senza indugio. La massima trasparenza non può che fare bene, innanzitutto alle vittime (che invitiamo a uscire allo scoperto, perché non sono certo loro a doversi vergognare), ma anche all’istituzione. Gli ordini si rispettano, le porcherie e i soprusi si denunciano. Niente omertà. Ribadiamo anche questo.

Alla gravità dei fatti commessi si aggiunge infine anche l’aspetto – non secondario – che gli autori siano svizzero-tedeschi e la vittima ticinese. Il caso è il secondo in un anno. Non sappiamo se e quanto possa aver influenzato il fatto di appartenere alla minoranza italofona per essere presi di mira, ma sarà interessante esaminare da vicino la questione per accertare quanto quest’aspetto abbia pesato e adottare le misure necessarie affinché ciò non si ripeta più.

Leggi anche:
Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE