medio oriente

‘Evacuare il nord di Gaza’, Israele pronto all’invasione

Netanyahu in tv: ‘Questo è solo l’inizio’. In un video alcuni terroristi tengono in braccio bambini israeliani in ostaggio. Superate le 3’000 vittime

Disordini a Gaza City
(Keystone)

A un passo dall’operazione di terra a Gaza, Israele ha già messo gli scarponi nella Striscia con azioni di commando, appoggiate dal cielo con attacchi aerei su vasta scala, nel tentativo di localizzare gli oltre 150 ostaggi portati nell’enclave palestinese. È un’azione che avrebbe l’obiettivo di impedire le possibili uccisioni dei rapiti quando scatterà l’invasione della Striscia, definita ormai “imminente” da più fonti.

”Quel sabato maledetto – ha detto in serata il premier Netanyahu parlando alla nazione per la prima volta durante lo shabbat – resterà scolpito nella storia di Israele. Non lo dimenticheremo. Stiamo colpendo i nostri nemici con una forza senza precedenti. Hanno appena iniziato a pagare il prezzo, è solo l’inizio. Distruggeremo e sradicheremo Hamas”. “La sorte degli ostaggi – ha assicurato l’esercito – è una priorità assoluta. Abbiamo bisogno di informazioni attendibili, basate su nostre fonti”. Intanto Hamas mostra dei video in cui i combattenti tengono in braccio alcuni dei bambini israeliani presi in ostaggio.

L’incursione e la strategia

Quanto l’incursione dei commando sia servita a raccogliere prove sulla loro collocazione non si sa. La realtà sul campo è che l’ultimatum dato dall’esercito alla popolazione di Gaza nord di spostarsi verso sud ha accelerato tutto. Il messaggio dei militari è stato chiaro, con la richiesta di “evacuazione di tutti i civili di Gaza City dalle loro case per la loro sicurezza e lo spostamento nell’area a sud di Wadi Gaza”, un corso d’acqua nei pressi della città. “Sarà permesso di tornare a Gaza City solo quando verrà fatto un altro annuncio che lo consentirà”.


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Soldati israeliani a un posto di confine

La strategia è chiara: impedire ad Hamas di farsi scudo della popolazione civile ed entrare come prima mossa dal nord dell’enclave palestinese. Hamas – che nei giorni scorsi ha respinto ogni trattativa sui corridoi umanitari – ha reagito all’annuncio definendolo “propaganda“. Poi è passata all’azione cominciando a erigere posti di blocco e barriere per impedire agli abitanti di lasciare Gaza City.

La fuga

Nella parte nord della Striscia si è scatenato il caos, con migliaia di persone che si sono date alla fuga. La stessa Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, ha annunciato di aver spostato a sud molte delle sue strutture e chiesto che l’esercito non attacchi le scuole dove sono rifugiati i profughi. L’esercito ha ribattuto che “farà del suo meglio per non colpire località sensibili. Ma – ha avvertito – in passato Hamas ha sfruttato ospedali, scuole e moschee come scudi per difendere le sue infrastrutture”. Mentre il ministero dell’Interno di Gaza ha fatto sapere che “quattro bombe sono finite sugli sfollati e ci sono almeno 70 morti e 200 feriti”. In precedenza la stessa Hamas aveva annunciato che 13 ostaggi, inclusi alcuni stranieri (si parla di alcuni che hanno doppia cittadinanza), sono rimasti uccisi nei raid israeliani.

Poco prima che parlasse Netanyahu, l’aviazione dello Stato ebraico aveva annunciato di aver lanciato attacchi “su larga scala su obiettivi di Hamas nell’enclave palestinese“. L’obiettivo è ancora quello di disarticolare la ruota di comando di Hamas e delle altre fazioni, colpire le rampe di lancio dei razzi verso Israele e uccidere i vertici delle organizzazione terroristiche. I tiri su Israele, dopo una nottata abbastanza tranquilla, sono invece ripresi con forza nel primo pomeriggio, con decine di razzi diretti su Ashkelon e la zona sud e centrale del Paese, comprese Tel Aviv e l’aeroporto internazionale di Ben Gurion.

I numeri

Il bilancio delle vittime, da entrambe le parti, continua inesorabilmente a crescere. In Israele si contano oltre 1’300 morti (257 i soldati) e 3.300 feriti. A Gaza, secondo il ministero della Sanità locale, si è arrivati ad almeno 1’800 vittime con 6.388 feriti. Anche in Cisgiordania ci sono stati 11 morti negli scontri con l’esercito israeliano durante la Giornata di rabbia proclamata da Hamas per il primo venerdì dell’operazione ‘Inondazione di Al Aqsa’. Sono 46 in totale i palestinesi uccisi nei Territori dall’inizio delle ostilità. Il fronte nord con il Libano – dove si teme il peggio – è stato un susseguirsi di razzi da parte di Hezbollah e risposte dell’artiglieria israeliana. Un cameraman libanese della Reuters è stato ucciso in un attacco israeliano e altri cinque reporter sono stati feriti.


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Trasporto di un ferito a Gaza City

Le ripercussioni

“L’Arabia Saudita sta congelando i piani sostenuti dagli Stati Uniti per normalizzare i legami con Israele”. Due fonti vicine alla corte di Riad hanno svelato alla Reuters quello che rappresenterebbe di certo un primo risultato per Hamas: un ripensamento – o quanto meno uno stand by – delle priorità del Regno in politica estera. Secondo quanto scrive Reuters il conflitto ha inoltre spinto Riad a impegnarsi con Teheran: il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman ha infatti ricevuto la sua prima telefonata dal presidente iraniano Ebrahim Raisi, mentre si cerca di scongiurare un’ondata di violenza in tutta la regione.

Morto uno svizzero

Un cittadino di nazionalità elvetica e israeliana quasi settantenne è stato ucciso dai “terroristi” di Hamas. “Purtroppo devo confermarlo”, ha detto a Ginevra il consigliere federale Ignazio Cassis.

Non si sa ancora molto delle circostanze del decesso. La morte dell’uomo è il risultato di uno “sfortunato incontro” con i terroristi. L’anziano si trovava in uno dei kibbutz presi di mira dagli islamisti. Il Dfae ha indicato che l’uomo viveva in Israele dal 2004. Per ragioni legate alla protezione della personalità non vengono forniti ulteriori dettagli.

Israele ospita una delle più grandi comunità svizzere all’estero. Anche nei Territori palestinesi ci sono cittadini con doppia nazionalità, tra cui alcuni che lavorano in progetti di sviluppo. Data la volatilità della situazione, “non sappiamo esattamente quanti siano”, ha detto il capo della diplomazia elvetica.


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Bandiera israeliana bruciata da musulmani in Pakistan

La diplomazia

Cassis ha precisato che “visto quanto sta accadendo” al momento non ci sono contatti con Hamas. Alla fine della scorsa settimana “il nostro personale in loco” ne ha avuto uno. Per quanto riguarda le questioni finanziarie, la task force istituita dalla Confederazione valuterà se sia necessario intervenire per evitare che il denaro di Hamas venga depositato in Svizzera. In merito all’aiuto umanitario, Berna ha già rivisto la sua assistenza nella regione, riducendo il numero di organizzazioni elvetiche attive. Dopo l’ultimatum di Israele all’Onu di evacuare il nord della Striscia di Gaza, il consigliere federale ha voluto ribadire con forza un messaggio alle autorità israeliane e ai palestinesi: “Rispetto del diritto internazionale umanitario, rispetto del diritto internazionale umanitario, rispetto del diritto internazionale umanitario”.

Swiss ferma gli aerei

La compagnia aerea Swiss ha infine deciso per il momento di non operare più alcun volo speciale di andata e ritorno Zurigo-Tel Aviv per rimpatriare cittadini svizzeri che si trovano in Israele: la situazione è troppo pericolosa. L’ultimo volo è atterrato ieri sera a Kloten. La sospensione si protrarrà almeno fino al 22 ottobre.

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