balcani

Sale la tensione in Kosovo, la Nato invia rinforzi

Mosca accusa l'Occidente dopo gli scontri tra manifestanti serbi e militari della Kfor

Alcuni dei militari colpiti dai manifestanti
(Keystone)
30 maggio 2023
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Nel nord del Kosovo, dove anche oggi sono proseguite le proteste della popolazione serba contro i nuovi sindaci di etnia albanese, la Nato invia rinforzi perché resta altissima la tensione interetnica all'indomani dei violenti scontri di Zvecan tra dimostranti serbi locali da una parte e polizia kosovara e truppe Kfor dall'altra. Una giornata, quella di lunedì, di disordini e autentica guerriglia che ha visto il ferimento di una trentina di soldati della forza Nato, 14 italiani e 19 ungheresi.

Ferite di varia entità hanno riportato anche una cinquantina di manifestanti serbi. Le condizioni dei militari sono in progressivo miglioramento e nessuno è grave. In Kosovo si è subito recato il generale Francesco Paolo Figliuolo, a capo del Comando operativo di vertice interforze, per portare il saluto e gli auguri di pronta guarigione del ministro della Difesa Guido Crosetto.

La manifestazione

Le proteste dei serbi, che costituiscono la maggioranza della popolazione nel nord del Kosovo, hanno preso il via dopo le cerimonie di insediamento dei nuovi sindaci - tre di etnia albanese e uno di etnia bosniaca - nei quattro Comuni del nord a maggioranza serba. Sindaci eletti nel voto locale del 23 aprile scorso, boicottato in massa dai serbi e che ha fatto registrare per questo un'affluenza bassissima, di poco sopra il 3%. Cosa questa che ha indotto i serbi locali, appoggiati da Belgrado, a ritenere illegittimi i nuovi sindaci, che in rappresentanza del 2% delle popolazioni andrebbero a governare città i cui abitanti sono al 98% serbi. L'unico dei nuovi sindaci a non essere di etnia albanese è quello di Mitrovica nord, la cui popolazione lo ha accettato. Per questo lì non si registrano proteste.


Bandiera serba a Zvecan, teatro delle violenze

Italia preoccupata

La giornata di oggi, con nuove e ulteriori condanne delle violenze, è trascorsa in larga parte tra incontri, dichiarazioni e appelli preoccupati della comunità internazionale diretti a smorzare i toni e scongiurare un'ulteriore escalation della tensione e contrapposizione fra Belgrado e Pristina. In prima linea l'Italia, con i ministri degli Esteri Antonio Tajani e della Difesa Crosetto, allarmati per il pericoloso focolaio di instabilità pronto a esplodere alle porte del nostro Paese. Tajani ha riferito di aver parlato nelle ultime ore sia con il presidente serbo Vucic che con il premier kosovaro Kurti, esortandoli alla calma e alla rinuncia della violenza. "Spero che abbiano ascoltato. Entrambi mi hanno dato grandi disponibilità", ha detto il titolare della Farnesina, per il quale sarebbe opportuno rinviare l'inizio dell'attività dei nuovi sindaci contestati dai serbi. Crosetto da parte sua è rimasto a lungo in contatto con i colleghi dei Paesi contributori alla missione Kfor con l'obiettivo di esercitare pressione sulle autorità di Serbia e Kosovo al fine di allentare le tensioni e favorire la ripresa del dialogo.


Gli scontri con i serbi

Voci sul Gruppo Wagner in arrivo

Fortemente preoccupata anche la Nato, che dopo i disordini di ieri e il ferimento di decine di propri militari ha annunciato un aumento delle forze dislocate in Kosovo attingendo alla Riserva Operativa (Orf) per i Balcani occidentali. Il segretario generale Jens Stoltenberg da parte sua ha duramente condannato gli attacchi "inaccettabili" ai militari Kfor. Ma da Mosca, storica alleata di Belgrado e sostenitrice della causa serba, la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova ha accusato proprio la forza Nato in Kosovo di essere responsabile dell'escalation di tensione. I militari della Kfor, ha detto, hanno agito in modo "non professionale", provocando "una violenza non necessaria" e "una escalation" della situazione. E mentre sono giunte notizie di un possibile arrivo in Kosovo di uomini del gruppo paramilitare russo Wagner, un accorato appello all'allentamento delle tensioni, alla cessazione delle violenze e al senso di responsabilità è giunto dall'Alto rappresentante Ue Josep Borrell. "In Europa c‘è stata e c’è già abbastanza violenza, non ci possiamo permettere un altro conflitto", ha detto il capo della diplomazia europea.

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