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La controrevolución di Cuba: l’isola apre al libero mercato

Quel che non riuscì per decenni agli Usa, riesce al coronavirus: la pandemia ha ridotto il turismo, costringendo il Paese a trovare altre soluzioni economiche

(Keystone)
9 febbraio 2021
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Quel che non riuscì agli Stati Uniti è riuscito al coronavirus. Cuba si arrende davanti alla più grande crisi economica dai tempi del crollo dell’Unione Sovietica e annuncia un’apertura ai privati senza precedenti, ponendo di fatto fine alla Rivoluzione, che era morta da un pezzo, senza però accorgersene. Cuba e lo scheletro spolpato della Revolución più romantica e romanzesca del Novecento erano andati avanti per puntiglio e per abitudine, in quel mix di orgoglio e indolenza che solo una dittatura tropicale può avere. Fidel Castro, morto nel 2016 e amato e riverito in pubblico fino all’ultimo, era sempre più criticato: alfiere di un Paese rimasto fuori dal tempo in uno scacchiere che andava in pezzi.

Le prime privatizzazioni avevano portato soldi e turismo, ma non per tutti, aumentando la distanza tra chi aveva e chi non aveva. Tra chi sopravviveva con il peso cubano e chi viveva con il peso convertibile (equiparato al dollaro), le due monete con cui l’isola certificava la sua schizofrenia, la tendenza sempre più sfrenata a una doppia velocità con una stessa destinazione: andare a schiantarsi.

La paura di un nuovo Período Especial

I cubani temono - come un uragano incombente - il ritorno di tempi duri come quelli del Período Especial, negli anni ´90. Una decade di restrizioni estreme frutto dell’effetto tenaglia provocato da una parte l’implosione dell’Urss, che lasciò di colpo Cuba senza il suo maggior finanziatore (Mosca sovvenzionava infrastrutture, comprava a prezzo gonfiato i prodotti locali come lo zucchero o esportava in stile baratto facilitato il petrolio), dall’altra l’inasprimento dell’embargo statunitense. Anni in cui aumentarono malnutrizione, malformazione, mortalità infantile e repressione. E in cui diminuì l’aspettativa di vita. Da lì si uscì grazie alle prime liberalizzazioni, in particolare nel settore turismo, e a nuove alleanze alternative, la più celebre fu quella con il Venezuela di Chávez.


Venditore di zucchero filato per le strade de L'Avana (Keystone)

La distensione dei rapporti diplomatici durante l’era Obama e il passaggio di poteri, prima a Raúl Castro e poi a Miguel Díaz-Canel, ha accelerato un processo inevitabile. L’anti-imperialismo - vero caposaldo della Rivoluzione mai davvero compiuta - resta, acuito anche dai passi indietro di Washington sotto l’amministrazione Trump, ma non c’era più tempo per una battaglia ideologica a oltranza. Soprattutto con l’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca, le cui idee non sono poi dissimili da quelle di Obama, di cui fu il vice. E così è arrivato - inevitabile - il semaforo verde alla liberalizzazione di oltre duemila attività economiche riconosciute ufficialmente (ed elencate in un registro chiamato Clasificador Nacional de Actividades Económicas), che vanno ad aggiungersi alle altre 127 professioni che già si erano aperte al libero mercato. Della lista compilata dal ministero del Lavoro cubano restano fuori solo 124 voci, perlopiù legate ad aree strategiche come media e telecomunicazioni, sanità e Difesa. Insomma, tutto quel che deve rimanere nelle mani dello Stato in uno Stato che si definisce socialista. Il resto è un ‘liberi tutti’ di difficile gestione, una terapia choc iniziata proprio con l’abolizione della doppia moneta, il primo gennaio scorso, e proseguita senza la presentazione ufficiale di un piano economico che - si spera - almeno qualcuno abbia chiaro negli uffici che contano.

Il vaccino in offerta ai turisti

Se la strategia è una navigazione a vista, potrebbe rivelarsi molto pericolosa per Cuba: il Pil dello scorso anno è crollato dell’11%, in larga parte a causa del forte calo di turisti dovuto alla pandemia. Ma da anni gli indicatori economici dell’isola hanno un saldo negativo: i razionamenti sono all’ordine del giorno, si resiste andando a far la spesa con la ‘libreta’ (la tessera annonaria che garantisce il sostentamento), ma le file fuori dagli empori sono diventate sempre più inquiete, a tal punto da chiedere - in alcuni casi - l’intervento della polizia. Ci sono stati accenni di rissa, nelle ultime settimane, per accaparrarsi anche un semplice pollo o una lingua di maiale. Insomma, il quadro non è dei più tranquillizzanti, a livello tanto economico quanto sociale. E quest’anno le cose potrebbero addirittura peggiorare se non si riesce a invertire la rotta: anche per questo, Cuba ha annunciato una specie di folle offerta che - in tempi di coronavirus - potrebbe avere un certo successo. In sintesi: chi sceglie di andare in vacanza sull'isola potrà chiedere di essere vaccinato contro il Covid. Se la fase tre della sperimentazione del vaccino locale dovesse procedere senza intoppi, presto Cuba potrebbe creare 100 milioni di dosi in un Paese con meno di 12 milioni di abitanti. Mare, vaccini e cuba libre rigorosamente all-inclusive. Business is business, ormai anche nella patria della Revolución.

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