La BCE potrebbe anticipare il taglio dei tassi per contrastare le sfide economiche
L'Ue rischia un doppio dazio, con il deprezzamento del dollaro che si somma alle nuove aliquote tariffarie imposte da Trump. E così potrebbe dover correre ai ripari anticipando il prossimo taglio dei tassi.<\/p>
E' lo scenario con cui la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde arriva a Jackson Hole, delineato oggi in un intervento a Ginevra. L'economia europea che frena, ora che i dazi di Trump entrano a regime e dopo un inizio di 2025 a forte crescita, da una parte. E dall'altra parte la Fed che pare ormai pronta a una nuova stagione di tagli dei tassi d'interesse. Che potrebbe preludere a un'ulteriore caduta del dollaro equivalente a un dazio aggiuntivo sull'export europeo.<\/p>
Sono fattori che possono mettere spalle al muro la Bce. Passata la pausa estiva, le parole della presidente Christine Lagarde risvegliano gli operatori che si aspettavano fino a ieri un prossimo taglio in tempi comodi dopo la sequenza di otto riduzioni in un anno che ha dimezzato al 2% i tassi ufficiali. Ora le probabilità indicano al 50% circa un taglio entro dicembre. Le aliquote concordate fra Bruxelles e Washington, fra il 12 e il 16% - ha spiegato Lagarde all'International Business Council del Forum economico mondiale - non si discostano molto dallo scenario di base che la Bce aveva immaginato nelle sue previsioni di giugno e sono lontane dallo scenario peggiore. Ma sono comunque un peggioramento e andranno "messe in conto nelle nuove proiezioni di settembre che guideranno le nostre decisioni nei prossimi mesi". Non solo: resta elevata incertezza sui dazi per la farmaceutica e i semiconduttori. Un'implicita apertura a una discesa dei tassi Bce sotto il 2%, quindi in assetto 'espansivo' per l'economia dall'attuale livello neutrale, nonostante un'inflazione oggi confermata esattamente al target del 2% a luglio.<\/p>
L'economia europea guidata dall'export - ha spiegato Lagarde - aveva segnato una crescita solida, dello 0,6% nel primo trimestre, grazie alla corsa degli importatori a fare scorte prima che scattassero i rincari annunciato da Trump a inizio aprile col 'Liberation Day'. Ora, dopo un secondo trimestre frenato a 0,1%, "questo effetto si sta invertendo", come raccontano i dati di Eurostat con un calo dell'export Ue verso gli Usa pari a -10% a giugno. Restano elementi di tenuta, ossia consumi e investimenti e un mercato del lavoro "robusto". L'Europa inoltre, con gli Usa che restano partner ma guardano al protezionismo, "dovrebbe rafforzare i suoi legami commerciali con altre giurisdizioni, facendo leva sulla forza della sua forte economia orientata all'export".<\/p>
Fin qui la versione in chiaro. Quello che la presidente della Bce non può dire è che le mosse della Fed - da cui il mercato si attende un taglio a settembre e un altro entro fine anno - sia pure già prezzate dai mercati, rischiano di trascinare in un ulteriore ribasso il dollaro. L'euro a un soffio da 1,17 dollari è in rialzo del 13% da inizio anno. I problemi di bilancio Usa, che oggi fanno temere scenari futuri di 'dominio fiscale' con una Fed che potrebbe dover appoggiare il Tesoro tenendo a bada il costo del debito, rischiano di fare il resto e avvicinare quota 1,20 secondo alcuni operatori. Un'ulteriore dazio per gli esportatori europei, che renderebbe i prodotti italiani o tedeschi ancora più costosi negli Usa. La Bce ufficialmente non guarda ai cambi. Ma potrebbe doverne tener conto, e Jackson Hole sarà per Lagarde l'occasione per fare il punto sulle intenzioni di Washington.<\/p>