Economia

L'Europa sotto pressione tra dazi e deprezzamento del dollaro

La BCE potrebbe anticipare il taglio dei tassi per contrastare le sfide economiche

20 agosto 2025
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L'Ue rischia un doppio dazio, con il deprezzamento del dollaro che si somma alle nuove aliquote tariffarie imposte da Trump. E così potrebbe dover correre ai ripari anticipando il prossimo taglio dei tassi.<\/p>

E' lo scenario con cui la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde arriva a Jackson Hole, delineato oggi in un intervento a Ginevra. L'economia europea che frena, ora che i dazi di Trump entrano a regime e dopo un inizio di 2025 a forte crescita, da una parte. E dall'altra parte la Fed che pare ormai pronta a una nuova stagione di tagli dei tassi d'interesse. Che potrebbe preludere a un'ulteriore caduta del dollaro equivalente a un dazio aggiuntivo sull'export europeo.<\/p>

Sono fattori che possono mettere spalle al muro la Bce. Passata la pausa estiva, le parole della presidente Christine Lagarde risvegliano gli operatori che si aspettavano fino a ieri un prossimo taglio in tempi comodi dopo la sequenza di otto riduzioni in un anno che ha dimezzato al 2% i tassi ufficiali. Ora le probabilità indicano al 50% circa un taglio entro dicembre. Le aliquote concordate fra Bruxelles e Washington, fra il 12 e il 16% - ha spiegato Lagarde all'International Business Council del Forum economico mondiale - non si discostano molto dallo scenario di base che la Bce aveva immaginato nelle sue previsioni di giugno e sono lontane dallo scenario peggiore. Ma sono comunque un peggioramento e andranno "messe in conto nelle nuove proiezioni di settembre che guideranno le nostre decisioni nei prossimi mesi". Non solo: resta elevata incertezza sui dazi per la farmaceutica e i semiconduttori. Un'implicita apertura a una discesa dei tassi Bce sotto il 2%, quindi in assetto 'espansivo' per l'economia dall'attuale livello neutrale, nonostante un'inflazione oggi confermata esattamente al target del 2% a luglio.<\/p>

L'economia europea guidata dall'export - ha spiegato Lagarde - aveva segnato una crescita solida, dello 0,6% nel primo trimestre, grazie alla corsa degli importatori a fare scorte prima che scattassero i rincari annunciato da Trump a inizio aprile col 'Liberation Day'. Ora, dopo un secondo trimestre frenato a 0,1%, "questo effetto si sta invertendo", come raccontano i dati di Eurostat con un calo dell'export Ue verso gli Usa pari a -10% a giugno. Restano elementi di tenuta, ossia consumi e investimenti e un mercato del lavoro "robusto". L'Europa inoltre, con gli Usa che restano partner ma guardano al protezionismo, "dovrebbe rafforzare i suoi legami commerciali con altre giurisdizioni, facendo leva sulla forza della sua forte economia orientata all'export".<\/p>

Fin qui la versione in chiaro. Quello che la presidente della Bce non può dire è che le mosse della Fed - da cui il mercato si attende un taglio a settembre e un altro entro fine anno - sia pure già prezzate dai mercati, rischiano di trascinare in un ulteriore ribasso il dollaro. L'euro a un soffio da 1,17 dollari è in rialzo del 13% da inizio anno. I problemi di bilancio Usa, che oggi fanno temere scenari futuri di 'dominio fiscale' con una Fed che potrebbe dover appoggiare il Tesoro tenendo a bada il costo del debito, rischiano di fare il resto e avvicinare quota 1,20 secondo alcuni operatori. Un'ulteriore dazio per gli esportatori europei, che renderebbe i prodotti italiani o tedeschi ancora più costosi negli Usa. La Bce ufficialmente non guarda ai cambi. Ma potrebbe doverne tener conto, e Jackson Hole sarà per Lagarde l'occasione per fare il punto sulle intenzioni di Washington.<\/p>