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L’indispensabile inutilità di Silvano Repetto

Domani su Rsi La2 ‘Artista a modo mio’, autoritratto intimo e surreale, poetico e ironico di chi vive d’arte in un mondo che finge di non averne bisogno

Animale in via di estinzione. Domani, domenica 7 aprile, alle 22.50 all’interno di ‘Sguardi’
6 aprile 2024
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Scorrono i titoli di testa, nelle orecchie il richiamo della foresta e ronzii di mosche, negli occhi un transitare di animali fermi, molto fermi, e dallo sguardo fisso; c’è scritto “un film di Silvano Repetto” e sai che tutto può accadere; anche che parta l’Aria sulla Quarta corda di Bach e l’effetto ‘Quark’, definitivamente, si compia. Voce fuori campo: “Anche l’uomo è una specie animale, il primate più diffuso sul pianeta. È una creatura estremamente sociale, vive in gruppo e favorisce l’interazione con i propri simili, per assicurarsi il benessere tramite l’assistenza reciproca. A volte, però, l’uomo decide di fare l’artista, e accettare lo stato di sopravvivenza come condizione di normalità. Merita di essere studiato, per provare a capirne i suoi bizzarri comportamenti”.

Nella grande teca del Museo cantonale di storia naturale di Lugano, un carrello verso destra svela una dopo l’altra alcune specie estintesi da un secolo almeno; verso la fine, ecco il Repetto imbalsamato, collocatosi tra un orso e un volatile nella prima delle ‘Performance inutili’ per le quali lo amiamo. Il coup de théâtre, a metà tra il documentarista e il Vianello di ‘Tante scuse’, apre ‘Artista a modo mio’, autoritratto di un artista e performer di fama internazionale al quale – recitano le note di regia – “non frega niente del denaro anche se non gli dispiacerebbe arricchirsi”.

I 50 minuti di ‘Artista a modo mio’, in onda domani su Rsi La2 alle 22.50 all’interno del format ‘Sguardi’, sono sbalzi d’umore che vanno dall’effetto nostalgia degli anni giovanili fiorentini (“Di Silvano mi ricordo la valigetta di legno, pensavo che le sue idee le estraesse da lì”, racconta Elisabetta Pieri Venturi, docente di Architettura) a quello che riguarda Gian Paolo Minelli, l’altra metà di un sodalizio artistico. Di buon umore è lo sbalzo che porta a Wanda e Ubaldo, i genitori di Repetto, protagonisti inconsapevoli di un momento comico e tenero al tempo stesso, intervistati alla maniera di ‘Prendi i soldi e scappa’, mamma e papà a dannarsi per quel figlio che – come il criminale da strapazzo Virgil, prodotto dal genio di Woody Allen – non mette la testa a posto.

A pensarci bene, da anni Repetto si prende rispettosamente gioco dell’arte contemporanea come Allen sbeffeggiava dall’interno gli psicanalisti e la high society, restando da essi idolatrato. In quest’alternanza tra il serio e il mai troppo faceto, tra una Performance inutile e l’altra, ecco che per Repetto si muovono l’omologo Frank Dutschke, Stefano Vassere in nome e per conto delle Biblioteche cantonali a parlare del Repetto editore (“Uno di quegli editori idealisti che si lanciano in imprese editoriali destinate al fallimento finanziario, che però sono molto lodevoli per questo”); ecco Aoi Huber-Kono, co-fondatrice con Repetto e Caroline Holdener del m.a.x. museo di Chiasso, ecco Alberto Nessi, per il quale Repetto è come i poeti: “Sa bene che la poesia è inutile, ma continua a farla, perché l’inutilità è l’unica cosa utile al mondo”. Ecco, infine, il critico d’arte Guglielmo Gigliotti in un pezzo da consumato attore di teatro.

Animale in via di estinzione

Raggiungiamo l’artista Repetto al telefono, mentre è di ritorno da Peccia. «Ero lì perché sto realizzando una delle sculture invisibili più grandi al mondo». Presto avrà una mostra importante a Milano, visibile. Né noi né il pubblico del Teatro di Mendrisio, dove lo scorso 28 marzo ‘Artista a modo mio’ è stato proiettato in anteprima, possono saperne di più. «Il fatto è che tre giorni prima dell’apertura della mia mostra al Masi, sede Lac, Berset me l’ha chiusa. Qualcuno teme che se ne annuncio un’altra, scoppia la Terza guerra mondiale». Erano i giorni del Covid e le ‘Proiezioni inutili’ di Repetto furono la prima esposizione online nella storia del Masi: ne parla nel film il direttore Tobia Bezzola (14mila visualizzazioni, di sola andata).

Silvano Repetto, con riferimento alla teca di inizio film, e citando la tv: che belva si sente?

Preferirei definirmi un animale. Un animale in via di estinzione.

Noi che guardiamo il film, dove abbiamo sbagliato nella vita?

Avete sbagliato a sottovalutare un animale in via di estinzione. La contemporaneità sta distruggendo tutti i piccoli artisti che tentano di sopravvivere. Oggi devi avere un lavoro sicuro, una paga sicura. Io non ce l’ho, non l’ho mai avuta. Se domani dovesse scoppiare la guerra in Svizzera, per me poco cambia: dovrò comunque arrangiarmi per vendere qualcosa alla fine del mese, perché nessuno mi mantiene.

Siccome ne scriviamo nella pagina successiva: lei cosa ne pensa di Yoko Ono?

La stimo, la stimo molto, ma è tanto diversa da me, a partire dai tratti somatici. Non la conosco personalmente, ma conosco Aoi Huber-Kono, con la quale ho fondato il m.a.x. museo, che Yoko Ono la conosce bene. Potrei arrivare a Yoko in un attimo.

Se invece che socievole, autoironico e disponibile a rilasciare interviste lei se la fosse tirata, riempiendoci di citazioni e rimandi, oggi sarebbe più considerato?

Preferisco essere come sono, con tutti gli errori del caso. Non riuscirei mai a tirarmela, solo se inizio a parlare mi viene da ridere (è tutto vero, ndr). “Quand’è che sarai serio, finalmente?”, mi chiedeva sempre mio padre; “Mai!”, gli rispondevo io. Meglio essere come Bruno Munari, bambini per sempre. D’altra parte mio padre e mia madre si chiamano Ubaldo e Wanda, già alle elementari quando lo dicevo, tutti ridevano. ‘Ubaldo e Wanda’, sembra una coppia del circo: come si fa a non ridere? (ride, ndr).

Ha parlato di errori: uno che non rifarebbe?

Non ne ho, rifarei tutto dall’inizio.

Un errore che vorrebbe fare?

Sposarmi una terza volta, come Picasso.

Nel film, suo padre dice di lei: “Non era normale”. Il verbo al passato è perché confida nella sua popolarità postuma?

Sì, è un auspicio. Mio padre ancora confida nell’eventualità che qualcuno si accorga di me e mi dia un lavoro. Ho 55 anni, non mi manca molto alla pensione e lui, come è lecito, non ha smesso di sperare.

A proposito di successo postumo: lei ha già scelto il suo epitaffio?

Sì. È la numero diecimila. Chi passerà dalla mia tomba a Morbio Inferiore riderà, anche quando sarò morto. Un successo.

Sarà dunque una performance inutile?

Certo. La più inutile di tutte.


I genitori, Wanda e Ubaldo

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