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Alberto Giacometti tra le righe del tempo

Il ritratto intimo di un maestro dell'arte moderna nel nuovo libro edito da Casagrande. Il Lac ne ha ospitata la presentazione

Edito da Casagrande
18 febbraio 2024
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Alberto Giacometti, una delle figure più iconiche del XX secolo, è stato raccontato tanto, ma mai in modo così intimo. Con Casimiro Di Crescenzo, il curatore del progetto, e Tobia Bezzola, direttore del Museo d’Arte della Svizzera italiana (Masi), il Lac di Lugano ha ospitato la presentazione de ‘Il tempo passa troppo presto: Lettere alla famiglia’ (Edizioni Casagrande, 2024), una pubblicazione della Alberto Giacometti Stiftung di Zurigo. Un volume che svela, per la prima volta nella loro versione originale italiana, le lettere private dell'artista alla sua famiglia, spedite tra il 1916 e il 1964, usate come mappa da Di Crescenzo per guidarci missiva dopo missiva nelle profondità dell’anima e nei pensieri più intimi del colosso dell’arte moderna.

Il testamento epistolare si apre con la necessità di scrivere le prime parole, inviate alla famiglia una volta lasciata la Val Bregaglia per avviarsi agli studi presso il collegio di Schiers. Come sottolinea Di Crescenzo, anche la madre di Giacometti ammette in una lettera che forse è stato prematuro accettare di intraprendere questa nuova fase così presto, rivelando una famiglia unita e progressista. “La famiglia Giacometti ha sempre garantito un sostegno finanziario a tutti i suoi figli”, precisa il curatore, “e non solo ad Alberto, il quale ha mostrato una vocazione per l'arte”.

Dal collegio di Schiers agli atelier parigini, ogni riga scritta dell’artista è una storia singolare raccontata non tramite le opere, come ci si aspetterebbe, ma attraverso i legami personali, come quelli con i fratelli Diego, suo assistente a Parigi, e Bruno. Nonostante le tensioni che potrebbero esserci in una famiglia di artisti, Di Crescenzo testimonia quanto l'affetto fosse il linguaggio attraverso il quale i Giacometti riuscivano a convivere con le loro diversità. “Si volevano bene. Alberto ha sempre difeso Diego, e Diego non era sottomesso ad Alberto, contrariamente a quanto si possa pensare”, ha sottolineato, confutando anche ogni sospetto di discordia tra il padre Giovanni, anch'egli artista, e l'arte di Alberto, così diversa dalla sua. “Nel libro di James Lord, ‘Un Ritratto di Giacometti’, si afferma che Giovanni non amasse le sculture di Alberto. Ma questo è totalmente errato: il padre ha sempre spiegato come Alberto seguisse lo spirito del tempo, proponendosi attraverso forme diverse”.

Con la scomparsa di Giovanni, si raggiunge un'altra tappa cruciale nella vita di Giacometti, un periodo segnato da profonda tristezza e dal successivo distaccamento dal surrealismo. “Nel 1937, anche la sorella morì di parto”, rivela Di Crescenzo, condividendo il dettaglio di una lettera macchiata dalle presunte lacrime, descrivendo il dolore condiviso dalla famiglia attraverso le parole impresse su un foglio. Dal suo vissuto, Giacometti sviluppa una sensibilità radicale verso l'equilibrio tra vita e morte, che diventa la colonna portante della sua arte, portandolo ad allontanarsi dall'eclettico mondo surrealista per esplorare la vulnerabilità dell'umanità dell’esistenzialismo. Raccontava, soprattutto alla madre, una storia di successi e fallimenti tramite lettere, preferendo il telefono per i fratelli: le amicizie artistiche, la speranza di riconciliarsi con l'artista Breton e l'influenza dell'educazione protestante che ha plasmato la sua visione del mondo, una volta raggiunto il successo.

“Nell'educazione della valle, c'è questa forte impronta protestante”, riflette Di Crescenzo paragonando l’atteggiamento di Giacometti a quello di artisti più estrosi, come Picasso. “Essere legittimato attraverso il proprio lavoro era una fonte di orgoglio e Alberto era contento di aver più denaro, ma non ha mai pensato di cambiare”. Si sorride osservando come l’educazione ricevuta nell’infanzia fosse ancora un segno vivido nell’artista ormai adulto, portando con sé nel cuore quel pezzo di famiglia che era stata e che, con la morte della madre, sembra un po’ svanire. La sua corrispondenza epistolare di Giacometti perde gradualmente vigore, come una conversazione intima che si avvia verso una conclusione definitiva.

Di Crescenzo usa le lettere di Giacometti come uno scalpello per intagliare il ritratto inedito di un artista enigmatico che ha segnato l'arte moderna. Con gesti, schizzi e parole, il tempo è riuscito a fermarlo per un’ora, permettendo così di cogliere l'essenza eterna di questo straordinario artista.

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