Le immagini dei quattro vincitori del contest fotografico, edizione 2023, in mostra al Musec dal 14 dicembre al 18 febbraio
L’anno scorso a vincere fu “un portfolio di monnezza” e oggi un colorito Paolo Campione, direttore del Museo delle Culture di Lugano (Musec), si rallegra per la presenza di altre e più rassicuranti visioni, venute a risollevarci dalla giustificata e non risolta ansia che nel 2022 dominò ‘Unpublished Photo’, contest fotografico la cui idea originaria si deve alla galleria milanese 29 Arts in Progress, promosso dal Musec e riservato a giovani artisti under 30. Per l’edizione appena conclusa, dal 14 dicembre al 18 febbraio a Villa Malpensata sono esposte 24 stampe fotografiche di grande formato, sei per ciascuno dei vincitori.
Per inciso, il “portfolio di monnezza” di cui sopra portava il titolo di ‘Life garbage’ ed era un piccolo, inquietante trattato di desolazione scritto ad Hanoi dal fotografo vietnamita Quan Nguen Ho, che con le immagini delle discariche a cielo aperto della capitale, fonte di sostentamento per uomini e animali, si era aggiudicato il primo premio nella precedente edizione.
Oltre duecento i fotografi partecipanti all’Unpublished Photo 2023, tutti tra i 18 e i 30 anni, tutti scattanti da 35 Paesi di tutto il mondo. Il concorso non prevede l’assegnazione di alcun tema, guadagnandosi così ogni anno una più generale gigantografia di come stanno le cose nel mondo.
“Possiamo premiare un russo? Sì, perché siamo un museo”, dice Campione. “Sì se anche lo scatto avesse connotazioni politiche, a meno che non sia un inno alla violenza”. E quindi ha vinto un russo, scelto dalla giuria internazionale presieduta dal fotografo italiano Roberto Polillo riunitasi a Venezia (all’Istituto veneto di Arte Scienze e Lettere, partner del progetto). Andrey Podlednev, classe 2004, concentra in ‘Living Legends’ le da lui tanto amate locomotive a vapore e relativi anonimi macchinisti e operai incontrati nei suoi viaggi su rotaia. Nulla di rivoluzionario, si dirà, se non che gli scatti paiono arrivare da fine Ottocento, tanto che qualcuno al Musec ha riassunto la sensazione nella felice espressione “sembra che dal treno scenda Anna Karenina e le offriamo un panino”. Così è, perché in alcuni episodi come ‘Arrival of the stream train’ (l’arrivo del treno a vapore) è solo il colore a dirci che nell’anno in cui la foto è stata scattata, Tolstoj era già morto.
Ha un che di romantico la storia del giovane fotografo russo, che inizia a sperimentare da bambino con apparecchi di fabbricazione sovietica e poi diventa una cosa sola con la Canon 2000 regalatagli dai genitori. Due anni fa, grazie a un amico, scopre i treni a vapore che ancora scorrono lungo le linee storiche del Paese, e arriviamo ai 2mila franchi di premio.
Più o meno a centro catalogo ci guardano gli occhi blu di Madeleine Brunnmeier, tedesca classe 1995, partita in giovane età dal disegno per arrivare alla fotografia digitale. Uscendo dal catalogo e tornando allo Spazio Maraini, che ospita i vincitori: per il suo ‘Progetto’ (Gestalten), Brunnmeier ha fotografato uomini e donne di ogni età (prevalentemente compagni di studi) con indosso l’intero loro guardaroba. È così che ‘Agata’ (che si suppone sia il vero nome della donna ritratta) diventa una specie di pennuto a metà tra un tacchino e uno struzzo, ‘Chris’ una versione in tessuto di Robocop ed ‘Helene’ diversamente statua.
Nelle figure di Brunnmeier, oltre a ‘estratti’ dell’umano sottostante, s’intravvedono il Carnevale, il folklore europeo, la scultura, il bricolage, le tavole anatomiche e una geniale semplicità di fondo che entusiasma. La fotografa tedesca ha vinto il secondo premio di ‘Unpublished Photo’ ma anche il Premio speciale assegnato dalla De Pietri Artphilein Foundation di Lugano: il riconoscimento è sotto forma di monografia in edizione bilingue; la motivazione sta nello “sposare la dimensione libro”, ma anche nella potenzialità di quegli scatti di “durare nel tempo”, dicono quelli di Artphilein Editions.
Madeleine Brunnmeier, ‘Agata’ (2020-2023)
A Villa Malpensata, poco più in là delle creature di Brunnmeier, il pubblico assisterà al confronto uomo-marionetta, entrambi nudi (anche la marionetta) di un altro russo, Aleksandr Lialiushkin. Il suo progetto prende il nome di ‘Breakdowns’, nel bianco e nero di due figure – una vivente e l’altra no – che riproducono l’uno la posa dell’altro: la caccia alla metafora è aperta.
Lialiushkin ha vinto il terzo premio, mentre W.VV.VV. – e qui la caccia è al vero nome di chi ha scelto l’anonimato – ha vinto il quarto. Nella cartella di ‘Psytopia’, l’artista e designer di realtà aumentata ha salvato notti e albe di Tokyo, Osaka, Hiroshima, Sapporo e altre città del Giappone, monumenti alla solitudine in tinte pastello che paiono tanto il prodotto di un’allucinazione quanto il lavoro di un colorista, per la fumettistica irrealtà di luci e tonalità. Per capacità seduttiva, la ‘Otaru Geisha’ di W.VV.VV., di spalle sotto la neve della città portuale a ovest di Sapporo, e anche la geisha senza neve di Kyoto, fanno il pari con il piumaggio di Agata. Ma questo è solo un parere.
W.VV.VV., ‘Kyoto Geisha’ (2019-2023)