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Unpublished Photo, il peso del mondo in quattrocento visioni

La giuria ne ha scelte e premiate quattro: specchio del nostro tempo, sono in mostra al Musec di Lugano fino al 16 aprile 2023

‘Negative impact of an open landfill’, Quan Nguyen Ho, primo classificato
(Quan Nguyen Ho)
20 ottobre 2022
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«Poetica, stile, pertinenza». La giuria di ‘Unpublished Photo’ presieduta dal fotografo tedesco Hans Georg Berger ne ha tenuto conto quando si è trattato di scegliere i quattro premiati dell’edizione 2022. ‘Unpublished Photo’ è un progetto fotografico nato nel 2018 a Milano e rilanciato dal Musec di Lugano a partire dal 2020, mantenendo la regola di base, ovvero l’età dei partecipanti, sotto i 36 anni, e la provenienza, il mondo intero.

Gli scatti dei vincitori di quest’anno sono esposti a Villa Malpensata, negli spazi del museo luganese. Lo saranno fino al 16 aprile 2023, e al termine dell’esposizione entreranno a far parte delle collezioni di Musec, un modo per intercettare le tendenze internazionali della giovane fotografia d’arte e, insieme, l’intenzione di costituire una collezione di fotografia contemporanea che vada ad affiancare quella d’esotismo già presente.

Quattrocento le proposte giunte agli organizzatori, quattrocento portfolio provenienti da più di un centinaio di Paesi; una prima scrematura per scendere a una ventina di potenziali vincitori, ulteriormente ridotti da una giuria internazionale riunitasi a Venezia, dove la mostra poi si sposterà; ai quattro prescelti, un riconoscimento in denaro e la pubblicazione di una monografia a cura di Artphilein Editions di Lugano, da attribuirsi non necessariamente al vincitore.

‘Si fa fatica a tirar fuori amore e bellezza’

‘Unpublished Photo’, con un campione così ampio di esperienze, è ogni anno una sintesi dell’umore generale che va molto oltre lo stato dell’arte. Quest’anno in particolare: «Si fa fatica a tirar fuori amore e bellezza», dice Francesco Paolo Campione, direttore del Musec e membro di giuria. Quanto passato sotto gli occhi della commissione giudicante è stato «un vero e proprio bagno di sangue». Temi portanti dei portfolio, «desolazione, paura, tristezza, angoscia, quel filo conduttore della fotografia contemporanea a tutte le latitudini. L’80-85% di quanto abbiamo potuto vedere è guerra, morte, è l’evidente incapacità di ritrovarsi in spazi diversi da questi. Sembrano scomparsi gli orizzonti della nostra civiltà contemporanea». Nel pieno rispetto di quanto pervenuto, la giuria non ha aggiunto zucchero laddove non ve n’era, premiando Quan Nguyen Ho per il suo ‘Life garbage’. Classe 1986, ingegnere edile che vive e lavora ad Hanoi, il fotografo vietnamita ha ritratto alcune discariche a cielo aperto della capitale, fonte di sostentamento per esseri umani e animali, immersi tra i rifiuti ed esposti ai roghi tossici, intenti a riciclare il riciclabile, da rivendere – gli umani – per sopravvivere. «Qualche anno fa – commenta Campione a margine dell’incontro di presentazione della mostra – scatti come questi si sarebbero chiamati ‘provocatori’. Oggi lo sono ancora, ma lo sconcerto si sta drammaticamente trasformando in quotidianità». Nel confrontare i vincitori delle ultime due edizioni, entrambi vietnamiti, Campione apre il catalogo del 2021 e si sofferma sulle nebbie, presenza costante della fotografia asiatica, e su come quella presente nelle immagini del vincitore di quest’anno non sia un fenomeno atmosferico...


Dipak Ray
‘Labyrinth’, Dipak Ray

Per restare in tema di denuncia, di più lieve portata, saltiamo al terzo classificato per dire di ‘The yellow revolution’, il bianco e nero del malgascio Tolojanahary Ranaivosoa (sintetizzato dagli organizzatori in ‘Tolo’, classe 1987) che ha una sola concessione al colore: il giallo delle taniche per l’acqua, elemento simbolo della precarietà della vita ad Antananarivo, capitale del Madagascar, dove le popolazioni povere non hanno accesso a fonti idriche non contaminate. Elemento simbolo, le taniche (o ‘galloni’), del divario tra ceti sociali. L’isolamento cromatico, per inciso, è valso a ‘Tolo’ la suddetta monografia.

Risalendo. ‘Frame within frame’ (Cornice nella cornice) è il titolo del portfolio del secondo classificato. Le fotografie di Dipak Ray, indiano, insegnante in una scuola governativa di Calcutta, incorniciate paiono quadri. Anch’egli classe 1986, tra il 2019 e il 2020 ha posizionato cornici di legno lungo il Kangsabati, fiume del Bengala alimentato da acqua piovana; la silhouette che si muove attorno a esse è quella del fratello; il riflesso dei due elementi nell’acqua, tra nebbie qui indiane, completa la sospensione generale e alleggerisce, pur nell’isolamento complessivo e nel ‘silenzio’ di fondo, il peso del mondo. C’è un quarto premio, attribuito alla moscovita Olga Dimitrienko, anch’essa nata nel 1986. Appassionatasi alla fotografia da studentessa, scopre un giorno l’Italia e Genova: in ‘Artigiani e artisti genovesi’, titolo del portfolio, di quella città Dimitrienko cattura in un bianco e nero senza tempo l’essenza delle due categorie. Ne cattura ‘l’anima’, per estendere il concetto. «In giorni in cui un Paese viola i confini di un altro, la giuria si è chiesta se premiarla», conclude Campione. «E si è ricordata di essere prima di tutto una giuria di fotografia, arte che può anche essere occasione di fratellanza» (www.musec.ch).


Tolojanahary Ranaivosoa
‘Standpipe’, Tolojanahary Ranaivosoa

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