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La letteratura lombarda parla in dialetto

‘La letteratura milanese in dialetto’ (Roma, Salerno, 2022), due tomi poderosi di stampa recente, nutriti anche col ricco contributo di studiosi ticinesi

Nel riquadro, il primo tomo
(Depositphotos)
20 giugno 2023
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Oltre un secolo è passato da quando l’editore Colombi di Bellinzona (oggi Salvioni) pubblicò un’importante antologia di scritture dialettali lombarde, ricca di più di 200 nomi e testi, su 428 pagine stampate in ampio formato: Antologia meneghina di Ferdinando Fontana, 1900. Da allora – e sempre sulla scia luminosa degli studi del nostro grande Carlo Salvioni – numerose iniziative analoghe hanno visto la luce, avvalendosi spesso di importanti apporti nostrani. Ricordiamo almeno il volume Lombardia che, uscito a Brescia nel 1990, dà spazio sia agli autori in lingua sia ai dialettali; curato da Angelo Stella e Cesare Repossi e dal ticinese Fabio Pusterla, per la collana Letteratura delle regioni d’Italia. Storia e testi, include insieme ai milanesi (e a norma del titolo) autori bresciani, bergamaschi e pavesi. Piace richiamare qui anche il libro destinato alla scuola, di Gabriele Alberto Quadri, che, pur centrato sulla produzione dialettale nostrana estende il campionario alla contigua area italiana: Poeti dialettali del Cantone Ticino e della Lombardia, Bellinzona 2010.

Una scelta significativa

L’opera di cui vogliamo rendere qui entusiastico conto è La letteratura dialettale milanese (Roma, Salerno, 2022), diretta autorevolmente dalla professoressa Silvia Morgana e resasi disponibile da ultimo, entro due tomi foltissimi che propongono una scelta significativa degli scritti creativi prodotti nei secoli da poco meno di 90 autori (inclusi alcuni anonimi), sull’arco di 1’500 e più pagine. A realizzarla sono stati chiamati gli studiosi più autorevoli, attivi in questo campo specifico. La presentazione editoriale esplicita il senso e i caratteri dell’insieme: far “conoscere al lettore di oggi una delle più importanti tradizioni letterarie italiane in dialetto, che si è sviluppata a Milano in concorrenza e a fianco della letteratura in lingua; si rivolge a un pubblico ampio, attraverso traduzioni letterali dei testi, note introduttive, nota al testo, bibliografia essenziale specifica, note di commento a piè di pagina di tipo storico-culturale, letterario, linguistico”.

Il primo tomo illustra “lo sviluppo degli usi letterari del dialetto di Milano”, dalle origini fino alla esuberante fioritura sei-settecentesca, che fa da premessa e da sfondo alla grande poesia portiana. “Oltre ai nomi più noti e illustri (come Bonvesin da la Riva, Fabio Varese, Carlo Maria Maggi, Carlo Antonio Tanzi, Domenico Balestrieri, Giuseppe Parini), sono presentati autori e testi meno conosciuti, dalle origini alla fine del Settecento, valorizzati recentemente o scoperti e pubblicati qui per la prima volta”. Nelle pagine di questa prima porzione di testi spiccano, tra molti altri, i profili tracciati da due studiosi svizzeri: Pietro De Marchi e Renato Martinoni.

Professore all’Univesità di Zurigo – benemerito editore, tra altro, dell’edizione dell’intera produzione del nostro maggior poeta in lingua, Giorgio Orelli – De Marchi è autore della stampa integrale, in edizione critica e commentata, dell’opera in versi di Francesco Bellati (Poesie milanesi, All’Insegna del Pesce d’Oro, Milano, 1996), uno scrittore un po’ dimenticato – visse e operò tra 1749 e il 1819 – che meritava di essere rivisitato proprio col sussidio valorizzante di un commento puntuale delle sue rime, come quello prodotto dal curatore. Nell’antologia presente, De Marchi ha firmato anche il capitolo dedicato al genio di Giuseppe Parini che, in quanto poeta dialettale, tuttavia, è stato molto parco: quattro sonetti in tutto, più un breve testo in quinari, donde la motivata esemplificazione, da parte del curatore, con un paio di componimenti. Renato Martinoni, dell’Università di San Gallo, ha curato il capitolo Carl’Antonio Tanzi, settecentista ricordato dal Porta tra le personalità memorabili che hanno segnato la storia della poesia milanese: Varon, Magg, Balestrer, Tanz e Parin, cinqu omenoni proppi de spallera… Martinoni era ed è lo studioso meglio abilitato a parlarne di Tanzi, avendone curato tutta l’opera consegnata a due stampe: l’ultima, da Guanda (Rime milanesi, Milano-Parma 2016), nella prestigiosa collana della Fondazione Bembo, con ricco corredo di note. I versi riprodotti dal curatore, si estendono qui su una trentina abbondante di pagine, a rappresentare, anche per questa via l’importanza qualificata degli scritti di questo autore.

Fino a Fo e Jannacci

I capitoli elaborati da studiosi ticinesi si infittiscono nel secondo tomo che copre il periodo dall’Ottocento a oggi, cioè la produzione dell’“epoca di Carlo Porta, di Tommaso Grossi, di Giovanni Rajberti e la successiva tradizione milanese, offrendo molte novità e dando largo spazio al teatro milanese, con uno sguardo conclusivo sulla canzone d’autore novecentesca”: con bella apertura sulla modernità contemporanea, l’opera si chiude infatti suoi nomi di Giovani D’Anzi, Giorgio Strehler, Dario Fo ed Enzo Jannacci.

Luca Danzi, professore di filologia e letteratura italiana all’Università Statale di Milano è uno specialista della letteratura ottocentesca e, più particolarmente, di Alessandro Manzoni. Qui, ha curato le sezioni dedicate a Francesco Cherubini e a Giovanni Ventura, due intellettuali di primo Ottocento di diversa indole e caratura. Il nome di Cherubini è indubbiamente quello di maggior spicco nella prospettiva presente, poiché a lui si deve tra l’altro la prima prova di condensazione dei pregi della tradizione poetica dialettale lombarda, entro una vasta antologia: dodici volumetti (oggi rarissimi) riuniti sotto l’etichetta Collezione delle migliori opere scritte in dialetto milanense, relizzata negli anni 1816-17. Danzi ha riprodotto diversi lemmi dal Vocabolario milanese-italiano di Cherubini (capolavoro lessicografico, consultato quotidianamente anche dall’autore dei Promessi sposi), riservando uno spazio specifico alle voci gergali repertoriate sotto zerga, sezione molto preziosa in quanto tesoro di parole che, senza traduzione, non potrebbero essere capite: ala vale infatti “braccio”, la fangosa “scarpa”, maldizenta “lingua salata”, smalto “burro”, e così via. Giovanni Ventura fu poeta di vaglia: il curatore gli riserva una ventina di pagine, con 8 poesie di cui alcune già testimoniati nell’Antologia meneghina.

Liliana Orlando ha operato entro la sezione “Autori e testi nel Novecento”. Ex insegnante al Liceo di Bellinzona, non ha mai tralasciato i propri interessi per la ricerca, fino a diventare un’autorevole specialista dell’opera di Carlo Emilio Gadda la cui prosa, si sa, prende linfa anche dal parlato tipicamente milanese, che affiora quasi in ogni sua pagina. Ma la studiosa è anche profonda conoscitrice della tradizione testuale delle poesie di Carlo Porta (Bibliografia delle edizioni portiane, Milano 1975); qui ha allegato un piccolo florilegio di testi di Emilio Guicciardi e di Cesare Mainardi legati, l’uno e l’altro, al celebre periodico “La Martinella di Milano”. Il primo ne è anzi stato il direttore dal 1947 fino alla morte, nel 1974. Come poeta, Guicciardi è un erede, pur mai autolegittimatosi come tale, di Delio Tessa: la curatrice gli riserva una decina di pagine. Il secondo nome è quello di ingegnere di professione, autore di diverse raccolte di versi, esemplate sinteticamente in due componimenti dal lessico rilevato, puntualmente annotati anch’essi dalla competentissima responsabile.

Attribuzioni

Aurelio Sargenti – secondo, in questo, solo a Felice Milani – ha consegnato il più alto numero di profili, a cominciare dal suo autore di elezione, Tommaso Grossi. Lo studioso, già direttore del Liceo Lugano 2, ha riservato al Grossi gran parte delle proprie energie di ricercatore, segnando un punto fermo per la conoscenza e l’apprezzamento dell’artista, nell’edizione di tutti i suoi versi dialettali (ora in versione aggiornata e accresciuta, Novara, Interlinea, 2008) e del foltissimo carteggio, in due tomi editi dalla Casa del Manzoni, Milano 2005. Da ultimo, ha aggiunto una nuova tessera al patrimonio testuale del Grossi, assegnandogli definitivamente le 26 sestine di uno Stramabotto di Meneghino Malalingua in occasione della laurea in legge del signor Peppino Viglezzi, ritenute finora di dubbia attribuzione: come dire che l’indagine filologica e documentaria su un autore non ha mai fine. Nell’antologia presente, la sezione Grossi si aggiudica, rispetto agli altri autori presentati da Sargenti, la porzione più consistente: oltre 80 pagine, corredate di ricco commento. A Luigi Rossari sono invece riservate, accanto a un sonetto, le strofe maggiormente rappresentative di quell’eccezionale sodalizio collettivo che fu la “Cameretta” portiana: In occasion del matrimoni del Sur Tomas Gross cont la Sura Giovannina Alfieri. A questi due autori di grande momento, sono poi inframmezzate, via via, le selezioni da opere di Carlo Gherardini, Giuseppe Bernardoni, Carlo Angiolini (riscoperto e studiato da Dante Isella), Arcangelo Manzolini, Antonio Picozzi e Vespasiano Bignami, tutte ottimamente curate da Sargenti, per un totale di 70 pagine almeno. Si aggiunga che né Carlo Gherardini, né Luigi Rossari rientravano nella prima edizione della storica antologia di Ferdinando Fontana.

La brillante letteratura dialettale milanese viene offerta oggi in un concentrato intensivo, aggiornato e decisivo ai fini di una conoscenza non superficiale dell’insieme: siamo lontani (anche volutamente) da un resoconto esaustivo, ma ci piace pensare che il migliaio abbondante di pagine qui evocate quasi soltanto in forma allusiva accompagneranno lungamente i lettori interessati: per la mole e per il peso non indifferente dei due tomi, trattasi di strumento adatto soprattutto alla consultazione e lettura in biblioteca, ma non esclude certo la degustazione domestica.

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