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‘Orme’, l'Arte di essere imperfetti

Si apre a Lugano il Festival internazionale di Arti inclusive della Svizzera italiana: a colloquio con il direttore artistico, Emanuel Rosenberg

Da mercoledì 24 a domenica 28 maggio (un estratto dal cartellone)
24 maggio 2023
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I prossimi cinque giorni, tra il Teatro Foce e il rinnovato Asilo Ciani, si susseguiranno una serie di incontri dedicati a performance urbane, spettacoli, proiezioni e laboratori. Il via a Orme – Festival internazionale di Arti inclusive della Svizzera italiana – verrà dato questa sera alle 17.30 con una parata cittadina che partirà da Piazza Luini (di fronte al Lac) e attraverserà tutto il centro di Lugano per poi dirigersi verso lo spettacolo presso lo Studio Foce: ‘Une tentative presque comme une autre’ del Théâtre National Wallonie-Bruxelles.

Per l’occasione abbiamo incontrato Emanuel Rosenberg, direttore artistico di Orme e di Teatro Danzabile.

Anche se non includeremo una sua fotografia all’articolo, le chiedo di presentarsi come se fosse di fronte al pubblico di Orme, dal momento che è diventato un rituale accessibile in diversi incontri (principalmente in presenza).

Mi chiamo Emanuel Rosenberg, sono un uomo bianco, al momento abile, di statura abbastanza nella media. Oggi sono vestito di scuro con una maglietta a righe bianca e blu, sono un po’ stropicciato, un po’ spettinato, con la faccia stanca, però contento e sorridente.

L’edizione di quest’anno è intitolata ‘Tutti Frutti, l’Arte di essere imperfetti’. Come mai questa scelta in controtendenza con la nostra società performativa e ossessionata dalla perfezione?

La scelta del sottotitolo ‘l’Arte di essere imperfetti’ è una provocazione: nessuno è perfetto, anzi la perfezione è quasi un ideale un po’ sterile, utopico e non interessante, mentre l’imperfezione è qualcosa di stimolante. Le persone con disabilità vengono disabilizzate dalla società abilista, ma dal mio punto di vista le persone con disabilità sono molto più abili, perché quotidianamente si devono confrontare con una società che li emargina.

A me piace ribaltare il punto di vista: la disabilità è molto più presente nella società e nelle persone apparentemente normodotate piuttosto che nelle persone con disabilità che sono invece abilissime nel cercare di lavorare, di vivere, di arrangiarsi all’interno di questa società discriminatoria che ha spesso un atteggiamento disabile, perché non è in grado di coinvolgere e di includere le persone diverse.

Il motto di Orme è: ‘Perché l’arte lascia il segno’. Quali sono i cambiamenti messi in atto finora?

Quando nel 2010 mi hanno proposto di prendere in mano la direzione artistica di Teatro Danzabile io ho posto due condizioni: la prima era la codirezione con Laura Coda Cantù, con la quale ci siamo divisi fino al 2021 la Compagnia per competenze: sia di formazione che per necessità fisiche, dal momento che lei è in sedia a rotelle. La seconda condizione era che i professionisti con disabilità venissero stipendiati, cosa che prima non avveniva. La scelta di codirigere è nata istintivamente. Solitamente l’atteggiamento che abbiamo nel nostro mondo abilista e paternalista è quello per cui la persona normodotata crea l’accessibilità per la persona disabile e questo sembra sufficiente, quando invece l’inclusione avviene a metà strada possono esserci delle proposte, ma sono anche le persone con disabilità che decidono di che cosa hanno bisogno. E qui nasce il tema dell’empowerment delle persone con disabilità.

Isabella Spirig, ad esempio, ha creato nel 2007 IntegrARt – una rete per Il Percento Culturale Migros che raggruppa diversi festival in tutta la Svizzera, tra cui anche Orme – con grande lotta e grande sforzo è riuscita a ottenere, come successora, Inga Laas. Il fatto che una persona con disabilità ricopra una posizione decisionale è un grande segnale. Per questo, il mio obiettivo per il 2025 sarà di avere di nuovo una codirezione in cui le persone con disabilità saranno molto più presenti anche nelle situazioni decisionali.

Negli ultimi anni – dal momento che le persone direttamente coinvolte stanno prendendo parola – si è molto riflettuto sul linguaggio. Il termine ‘inclusivo’ che utilizzate molto nella vostra comunicazione non risulta problematico secondo la visione prima esposta?

Lo è. Perché ogni volta che definiamo chi è la norma e chi è l’emarginato, perciò fuori da uno schema e che necessita quindi di essere incluso, integrato, coinvolto, si parte dal presupposto che ci sia una dominanza da parte di qualcuno su qualcun altro. Questo è un punto, un modo di vedere, che va completamente scardinato o rivisto. L’inclusione si applica, si progetta nell’insieme e non imponendo la propria volontà.

Per cambiare una modalità di pensiero non bisognerebbe quindi abbandonare il termine inclusivo?

No, la parola serve perché noi abbiamo bisogno dei nostri cassettini. I bambini con disabilità viaggiano sempre su un binario parallelo rispetto a quello che è la società normodotata e più tardi hai l’impatto con questa società, più tardi sarà difficile l’inclusione. Tantissime volte, insieme alla disabilità, che può essere una diversità cognitiva o fisica, avviene anche una emarginazione sociale. I ragazzi con disabilità riescono a essere integrati meglio se hanno alle spalle un genitore che lotta come un leone o una struttura che li sostiene; perciò, inclusione e integrazione servono anche come termini perché bisogna definire le cose che si fanno. Però l’ideale, in una visione più ampia, è che presto diventerà un termine obsoleto e che questa cosa avvenga in automatico.

Nell’attesa, torniamo a parlare di Orme. Cosa accadrà in questi giorni di festival?

Inizieremo con questa parata che non è nemmeno una rivendicazione, ma semplicemente un farsi vedere e un farsi sentire per dire: noi ci siamo e ci siamo attraverso qualcosa di propositivo che sono le performance, la musica, l’incontro. ‘Out of the comfort zone’, sarà lo slogan: penso che alla nostra società normativa farà bene avere delle sorprese inaspettate. Poi ci saranno numerosi eventi, grandi artisti, tanti spettacoli trasversali, performativi e indipendenti. Quest’anno abbiamo ideato anche il Frullato, un contenitore di tutti i progetti collaterali che riguardano il nostro agire: Radio Casvegno è uno di questi; si tratta di un progetto dell’Osc di Mendrisio che accompagnerà tutto il festival. Abbiamo iniziato a lavorare con loro mesi fa, proprio per lavorare a un ritmo sostenibile, perché anche il tema della decelerazione sarà al centro dell’edizione.

Inoltre, durante Orme, Pro infirmis farà una mappatura di tantissimi luoghi pubblici in Ticino per capire quanto sono accessibili e lo farà insieme a persone con disabilità. Noi crediamo che la creatività è spesso anche una grande innovatrice e che tutto ciò che si fa per le persone con disabilità – visibili o invisibili – è un arricchimento e una possibilità in più per tutti.

Segnaliamo il sito di Orme Festival per poter consultare il programma nel dettaglio: www.ormefestival.ch.

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