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Vent’anni di Vad Vuc, tutto in una notte (anzi due)

O anche tre: domani, mercoledì 24 novembre alle 20 all’Auditorio Stelio Moro, la band presenta (dal vivo) il doppio disco dal vivo. A colloquio col Mago.

Alla Rsi per MusicaViva
23 novembre 2021
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Un concerto per presentarne un altro dal quale è tratto un disco. Se i Vad Vuc (con o senza ‘The’ va bene lo stesso) incidessero anche il concerto di domani alle 20 all’Auditorio Stelio Molo, si creerebbe un curioso effetto ‘infinito’ di dischi di concerti che presentano concerti. Ma l’occasione di Lugano-Besso, attesissima e già popolatissima (si può tentare la fortuna su www.rsi.ch/eventi), basta e avanza all’eccezionalità, ovvero festeggiare i vent’anni di carriera già festeggiati il 25 e 26 settembre 2020 a Bellinzona davanti al pubblico mascherato nel mezzo di due ondate pandemiche e con quanti più possibili componenti ed ex componenti della band ticinese sul palco a celebrare canzoni (molte), incisioni (12, i dischi ufficiali), concerti (quasi 400) e tutto quanto di umanamente cantabile e condivisibile.

Tutto questo per dire che ‘The Vad Vuc 2000-2020’ è il doppio album nei negozi dal 26 novembre, anche in quelli impalpabili (o ‘store digitali’), cronaca di tutto quanto è accaduto “nel caldo abbraccio del Teatro Sociale di Bellinzona, una cornice suggestiva di arte e storia”, dichiara la band collettivamente. “Il sunto di vent’anni di carriera senza favoritismi”, dichiara invece Fabio Martino detto Mago, tutto per noi una volta messa a dormire la piccola Anita.

Mago: di quali favoritismi stiamo parlando?

Abitualmente i Vad Vuc hanno una grande attività live, grande anche nel senso di pubblico, e soprattutto estiva, perché di spazi invernali il Ticino non è certo generoso. E l’estate è fatta di open air, di piazze, in cui la gente è meno propensa all’ascolto e più alla festa, alla danza, all’aggregazione, momenti più solari e ‘sorridenti’. Non sempre però, o non necessariamente, dalla solarità nascono grandi canzoni, e nei live estivi la composizione di una scaletta strizza più l’occhio a pezzi che abbiano ‘tiro’. I momenti lenti, quindi, non possono che essere un paio. Pur essendo entrato dieci anni dopo la fondazione della band, però, conosco bene i brani di spessore presenti in molti dischi, brani che magari non hanno il bpm della solarità, più difficili da portare dal vivo, e ho sempre combattuto la battaglia di portarli sul palco.

Detto in modo ‘solare’, ai Vad Vuc l’hai fatta sporca per la grande occasione...

Sì, e Cerno mi ha subito inviato a fare una chiacchierata con Gianfranco Helbling. Premetto che l’idea di un tour teatrale per i Vad Vuc è difficile, a meno che non si decida di concepire uno spettacolo appositamente per il teatro. Ma in questi termini, quando la macchina si è messa in moto, tutta la band è stata entusiasta di mettersi in gioco, anche perché si trattava di qualcosa di diverso. Abbiamo coinvolto Simone Savogin, campione di poetry slam, un collante in rima tra i vari momenti dello spettacolo, e poi abbiamo voluto con noi al Sociale tutti gli altri Vad Vuc che negli anni hanno fatto parte della band.

... per poi occuparti di mixare quanto registrato in quelle due notti...

Sì. Cerno ha chiesto alla Rsi se fosse intenzionata a ‘volerci bene’ come negli anni precedenti, e la Rsi ci ha fornito un supporto per registrare entrambe le serate, consegnandomi poi il materiale che è finito nel mio studio per essere sistemato.

Un anno dopo: quale sensazione hai provato riascoltando le registrazioni?

Ho trovato molto interessanti i brani riarrangiati per l’occasione, dentro una scaletta di 24 pezzi, 2 ore e 20 di spettacolo, segno che non ci siamo risparmiati. Un quinto dei pezzi non erano stati praticamente mai suonati live e la sfida era quella, portarli finalmente di fronte alla gente. Riascoltando, credo che un fan dei Vad Vuc, ma soprattutto chi non era a Bellinzona, ci troverà qualcosa di nuovo, altri colori. Cose come ‘Dumà ’n ciao’, ‘Chat Noir’, una versione di ‘Caro dottore’ completamente rivisitata, mai fatta prima e mai fatta dopo, e quella di ‘Addormentato in stazione’, omaggiata quattro anni fa a chi aderì al crowdfunding di ‘Disco orario’. Visto anche il testo importante, ci è sembrato il caso di portarla in giro, grazie a una versione più ‘solare’, come dicevo prima, pur nel rispetto dell’importanza di quanto vi si canta.

I due concerti di Bellinzona arrivavano nel mezzo di due ondate pandemiche, giusto il tempo di celebrare i vent’anni e poi di nuovo in lockdown: senza scomodare il Divino, quale congiunzione astrale ve l’ha permesso?

Più che di congiunzione astrale parlerei di botta di fortuna (edulcorato, ndr). In verità, non siamo così sprovveduti. Quelle due date erano in cartellone per marzo 2020, prima che una conferenza stampa della Confederazione ci facesse cadere la classica pietra sulla testa. Un paio di telefonate e si è deciso di rimandare il concerto a data da destinarsi, e con esso altre 14 date estive in festival belli e importanti. Lì è arrivata la visione di Cerno di registare ‘Vadavialcovid’. Poi, nell’arco di qualche settimana, ci siamo sentiti nuovamente con Gianfranco, che ci ha proposto di riaprire la stagione del teatro. Prima che si chiudesse ancora. In effetti, pianificazione a parte, qualcuno o qualcosa deve averci messo del suo...

Per ‘MusicaViva’ la Rsi annuncia “uno showcase tutto speciale e con molte sorprese”. Non per farci gli affari della Rsi e nemmeno i vostri, ma un po’ sì: sapete già di che si tratta?

Solo che alle 20, per noi e per i presenti, ci sarà una proiezione. Altro non so, se non che sarà, ci dicono, qualcosa di molto emozionante

Ok, lo sai e non ce lo vuoi dire. Mettiamola così: quando venne Davide Van De Sfroos, la Rsi gli fece trovare Mauro Corona in collegamento dalle sue montagne. Voi chi vorreste in collegamento?

Fammi pensare... Dunque: se potessimo salutare Shane MacGowan dei Pogues sarebbe una manna caduta dal cielo, anche se non è certo che riusciremmo a capire cosa ci direbbe, perché probabilmente sarebbe ‘allegrissimo’... (www.vadvuc.ch).


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