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'Salviamo Rete Due', storia di una petizione

Viaggia verso le novemila firme l'iniziativa di Graziano Terrani, un 'ex' che ha raccolto la preoccupazione dei lavoratori Rsi e del pubblico

Petizione aperta su: https://act.campax.org/p/salviamo-la-rete2 (foto: Ti-Press)
11 dicembre 2020
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Graziano Terrani ha lavorato per tanti anni alla televisione della Svizzera italiana. È pur sempre un giornalista, anche se è in pensione da nove anni, e con la Rsi ha ancora un legame: «Li chiamerei amici, più che ex colleghi, e lavorano tanto a Rete Due quanto alla Rsi in generale». Terrani è il primo firmatario della petizione ‘Salviamo la Rete Due della Radiotelevisione Svizzera italiana (Rsi)’, per provare a salvare – usiamo parole di Orazio Martinetti, su laRegione di ieri – “il gioiello di famiglia”.

Lampadina

Come nasce la petizione? «Raccogliendo negli ultimi tempi le molte voci d’allarme sul momento vissuto dalla cultura all’interno di questo cantone – spiega Terrani – dai nostri amici di Rete Due mi è arrivata la fotocopia del vostro articolo – ‘Non abbandoniamo Rete Due’, cfr. laRegione dello scorso 5 dicembre – che mi confermava l’allarme. Ho chiesto a una di queste persone se ci potesse essere un modo per far sentire la loro voce, e quella degli ascoltatori. Ma non mi hanno saputo indicare come. Si dà il caso che leggendo e-mail che mi arrivano regolarmente da chi si occupa della difesa dei diritti umani, campagne alle quali partecipo e altre volte no, mi si è accesa la lampadina». E la lampadina si chiama www.act.campax.org, portale sul quale Terrani apre la sua pagina previa dichiarazione d’intenti alla Ong che vi sta dietro. La risposta sono il via libera e un «bon courage!». Contro le aspettative di tutti, le poche decine di firme sono diventate in poche ore quasi un migliaio: «È stato in quel momento che ho pensato che il tema stesse toccando gli animi delle persone».

Le firme viaggiano ora verso quota novemila, sfatando l’idea – se mai qualcuno l’avesse avuta – che gli indignati per la mutazione della Rete Due siano solo un manipolo di appassionati, per dirla col Morricone, della musica assoluta: «Mi hanno chiamato in molti, di estrazione diversa. C'è un nome importante dell'avvocatura che inizia la sua giornata con il ‘Bionda Aurora’ e fino alla sera è solo Rete Due, perché Rete Tre è un posto per rockettari e la Rete Uno, informazione a parte, è solo giochi, quiz e gatti. Chiaramente una visione un po’ riduttiva, ma ci siamo trovati concordi sull'importanza che Rete Due approfondisce, con persone di un livello giornalistico elevatissimo, ricercatori e ricercatrici, studiosi. Il dissenso di Orazio Martinetti, Michele Dell’Ambrogio, Carlo Piccardi, che sono intellettuali, è importantissimo, ma il malumore è assolutamente trasversale».

Occhio agli indici

L'e-mail che il primo firmatario ha inviato alla stampa si conclude con un invito circostanziato, ivi riportato testualmente: “Chiediamo dunque alla Direzione generale SSR-SRG-RSI di pensare, una volta tanto, anche alle minoranze che, agli indici di ascolto, prediligono gli indici di gradimento”. Che, detto a voce, corrisponde a: «Da sempre, per tutto il tempo che ho lavorato per i vari direttori che sono passati sopra la mia testa, e se ancora hanno ancora la memoria o se sono ancora vivi possono confermare, mi sono sempre battuto per gli indici di gradimento e non per gli indici d’ascolto. Perché i numeri, in certi momenti, possono anche valere, e ci mancherebbe. Però, se non si è certi che una rete, un programma o una trasmissione piacciono o non piacciono, e se non piacciono perché, non si può dire di avere il polso del Paese. Ma siamo, d’altra parte, in un Paese in cui l’ignoranza è decisamente trasversale, e l’andamento politico la dice in modo abbastanza chiaro».

Nel constatare un generale silenzio da parte di alcuni media – «Il Corriere del Ticino non ha speso una sola riga sulla faccenda nonostante io abbia fornito tutto il materiale, se non ospitare online un sunto delle parole di Maurizio Canetta in difesa di quello che si guardano bene dal chiamare ‘smantellamento’, e che io chiamo anche 'svuotamento'» – Terrani si riserva, di concerto con quelli di act.campax, di dare ulteriore seguito alla raccolta di firme: «Vorremmo consegnare alla direzione generale il pacchetto intero delle firme che stiamo raccogliendo, perché il nostro dev’essere anche un segnale fisico che testimonia l’esistenza di una protesta, della paura che venga svuotata una rete radiofonica, e cito Piccardi nell’intervento di ieri sul vostro giornale, che spesso si è collocata al di sopra degli ascolti e del gradimento delle due consorelle svizzero francese e svizzero tedesca».

Rischio

Prima che ad alzare la voce fossero gli intellettuali, e subito dopo l’editoriale di questa testata, l’unica voce ad alzarsi è stata quella dell’ex dipendente del servizio pubblico Terrani, nel silenzio dell’attuale personale. A rischio del posto e, si dice, a rischio di ritorsioni: «Dico, e l’ho anche scritto, che è da tempo che giornalisti all’interno di Rete Due sono stati spostati a Rete Uno. Lascio immaginare a lei cosa può succedere se qualcuno dovesse rifiutarsi. La Rsi ha già iniziato a spostare personale e, come scrive Piccardi, è preoccupante che nessuno abbia saputo nulla di quel che stava succedendo. Né una conferenza stampa, né un comunicato. Si tratta pur sempre di una testata nazionale. Si decide di fare un discorso al risparmio così, senza dire nulla a nessuno?».

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