Ticino

Salario minimo, ‘Proposte entro due settimane’

La Commissione della gestione ai gruppi: entro quattordici giorni proposte concrete, attuabili e sostenute da basi giuridiche

Ti-Press
22 maggio 2019
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Due settimane di tempo ai gruppi parlamentari per confezionare e sottoporre alla commissione del Gran Consiglio proposte concrete e praticabili. È quanto stabilito ieri dalla Gestione per cercare di sbloccare l’annoso dossier riguardante il salario minimo.

«Si vuole evitare di discutere di misure fumose e irrealizzabili», dice il capogruppo del Plr Alex Farinelli. «Non dobbiamo comunque pensare o illuderci di risolvere ogni disfunzione del mercato del lavoro con il salario minimo: se c’è ad esempio un problema di dumping, i contratti normali risultano più efficaci potendo differenziare i salari in base alla formazione o alla funzione. Così come dobbiamo fare attenzione a non introdurre sistemi manifestamente in contrasto con il diritto superiore». Ciò premesso, prosegue Farinelli, «è arrivato il momento di arrivarne a una, perché se si aspetta la soluzione perfetta non si farà niente. E allora come Plr siamo pronti ad andare in tempi brevi in Gran Consiglio e quindi ad assumerci le nostre responsabilità davanti alla popolazione. Secondo noi si potrebbe partire con una forchetta di 19/19,50 franchi all’ora e dopo tre, quattro anni valutarne l’impatto e stabilire se sia il livello giusto o se vada rivisto».

Ma di proposte concrete e praticabili, si parlava. Strade, insomma, giuridicamente percorribili. Ed è su queste che, in particolare, si concentra la richiesta della Gestione. «Vogliamo in tutti i modi arrivarne a una», risponde interpellato dalla ‘Regione’ Daniele Caverzasio, presidente della Commissione della gestione. «Vogliamo farlo con idee concrete e attuabili, per questo è stato chiesto ai gruppi di presentarsi tra due settimane con ipotesi pronte per essere valutare e sostenibili anche dal punto di vista giuridico».

Le opzioni da verificare

La prima è quella del Ppd, portata avanti dall’allora granconsigliere Raffaele De Rosa: creare un fondo perequativo con cui poter garantire a tutti un minimo di 20 franchi all’ora, ma con cui poter tenere anche conto del diverso costo della vita in Svizzera e Italia. Un’ipotesi «ancora in campo», ci conferma il capogruppo del Ppd Maurizio Agustoni. Che aggiunge: «Quello del fondo perequativo è un mezzo, possono essercene anche altri. L’obiettivo è arrivare a un salario davvero dignitoso e che non sia un incentivo ad assumere un frontaliere. Non vogliamo un trasferimento di ricchezza in Italia».

La seconda opzione è stata portata avanti dal leghista Michele Guerra «ed è attuale», rileva da noi raggiunto. «Attuale e che è legale, come in parte indicatoci dai giuristi del Gran Consiglio». Una proposta che vede «20 franchi all’ora, ma con misure d’accompagnamento come un bonus per le aziende locali che dimostrano di aver difficoltà ad applicare dall’oggi al domani un salario minimo di questa entità... purché abbiano una buona percentuale, da definire, di personale residente». Una proposta che può far breccia anche in casa socialista? «Dipende dalle misure di accompagnamento che proporranno, noi ribadiamo che in caso di intese una forchetta di 20/20,50 può andare bene», risponde il capogruppo del Ps Ivo Durisch. E i Verdi? Dopo aver lanciato – e vinto nel 2015 – l’iniziativa popolare ‘Salviamo il lavoro in Ticino’ la loro posizione è netta. Samantha Bourgoin, commissaria in Gestione per il movimento ambientalista, afferma: «Il nostro concetto di salario minimo è 21,50 franchi all’ora. Al di sotto è economia sussidiata, perché un residente non riesce a vivere con meno e deve far capo agli aiuti sociali».

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