La Corte delle Assise criminali ha inflitto all'uomo una pena sospesa e un trattamento stazionario per il centinaio di episodi di violenza sessuale
«Loro non hanno prove contro di me». «Quello che dicono non è vero». A processo di fronte alla Corte delle Assise criminali di Lugano un 35enne cittadino svizzero, si è difeso affermando di «essere al centro di un complotto». Tuttavia, l’uomo è stato condannato per aver compiuto ripetuti atti sessuali con fanciulli e ripetuta coazione sessuale con le sue due sorellastre. In particolare, tra il 2006 e il 2008 ha palpeggiato la parente acquisita quando lei aveva tra gli 8 e i 10 anni. Questi gesti li ha ripetuti tra il 2016 e il 2018 con l’altra sorellastra che all’epoca aveva tra i 7 e i 9 anni. Oltre a questo, l’imputato, durante dei litigi con la moglie, ha commesso i reati di sequestro di persona, ripetuta coazione, minaccia e vie di fatto. Quest’ultimi episodi non sono stati negati dall’uomo che ha problemi psichici, con conseguente disabilità intellettuale, e che beneficia di una rendita del 100% dell’Assicurazione d’invalidità da quando è maggiorenne. L’atto d’accusa firmato dal procuratore Pablo Fäh è stato confermato dal presidente della Corte Marco Villa che ha inflitto all’uomo tre anni di carcere sospesi con la condizionale e un trattamento sanitario in una struttura chiusa.
Da quanto emerso in aula il 35enne veniva incaricato dalla matrigna e da suo padre di prendersi cura delle sorelle: avrebbe dovuto raccontare loro una storia e coccolarle prima di metterle a letto. E proprio in quei frangenti, per un totale di una cinquantina di episodi per bambina, il 35enne le baciava sulla bocca, le toccava le parti intime e si abbassava i pantaloni compiendo strusciamenti mentre era con loro. Inizialmente, le bambine non hanno detto nulla perché venivano minacciate dal 35enne che si era così garantito il loro silenzio. Solo pochi mesi prima dell’arresto dell’uomo, la più giovane aveva raccontato i fatti ai genitori, che non le avevano creduto, mandandola invece dallo psicologo. Quest’ultimo, accortosi della situazione, ha detto ai genitori che bisognava sporgere denuncia. Proprio durante gli interrogatori anche la sorella maggiore ha esposto gli abusi subiti, nonostante affermasse che non era sua intenzione denunciare in quanto non voleva ricordare l’accaduto.
Il 35enne, come emerge dal referto medico, ha una mentalità infantile e non è in grado di valutare i suoi gesti e in aula ha negato le accuse: «Quando le vedevo nude provavo eccitazione, ma mi allontanavo e mi masturbavo in balcone. Non mi spiego perché provavo questo nei loro confronti, ma davanti a loro mi trattenevo e non ho mai fatto nulla. È un complotto nei miei confronti». Il giudice ha però fatto notare che queste parole sono in contraddizione con quanto il 35enne ha affermato negli interrogatori precedenti: «Quando sono venuto in polizia ero agitato e non avevo capito bene di cosa ero accusato. Solo oggi l’ho capito». A questo punto Villa ha continuato a incalzare l’uomo chiedendogli come mai le due sorelle hanno sostenuto di aver subito questi episodi: «La loro madre non mi vuole da quando ho litigato con mio padre. È stata lei che ha spinto le ragazze a dire questo».
I comportamenti di violenza sono poi continuati anche nei confronti dell’attuale moglie. Tra il 2022 e il 2023, durante sei litigate l’ha rinchiusa nel bagno; le ha sequestrato più volte il telefono; le ha nascosto le chiavi per non farla uscire di casa; la minacciava di ritirarle i documenti e di rispedirla nel suo Paese d’origine e le dava spintoni e sberle. «Era lei che mi faceva arrabbiare e quando divento nervoso perdo il controllo, urlo e dico queste minacce. Questa rabbia è riconducibile alla violenza che ho subito da mio padre, quando ero piccolo diceva che ero scemo e pazzo». A confermare questo suo comportamento irascibile, che incuteva timore anche alle sorelline, c’è anche una perizia psichiatrica nella quale si specifica che l’imputato perde il controllo in occasione di situazioni stressanti e che c’è un forte rischio di recidiva.
I problemi cognitivi del 35enne sono stati rilevanti anche per il pp, che ha smentito l’ultima versione del 35enne: «Le sue sono dichiarazioni poco coerenti, altalenanti e cozzano con quelle affidabili e senza una traccia di esagerazione delle due sorellastre». A questo si aggiunge anche la sua irascibilità «dimostrata anche in alcuni precedenti verbali durante i quali ha alzato la voce e dato dei pugni contro il muro». Per il pp la colpa del 35enne «è da considerarsi grave, ma attenuata dal fatto che sono stati solo dei toccamenti. Si è comportato per puro egoismo con una bambina che le era stata affidata». Il pp, ha dunque proposto una pena di 3 anni e 3 mesi di carcere e una misura terapeutica, suggerendo una struttura come la Fondazione il Gabbiano.
Le due ragazze in aula erano rappresentate da Letizia Vezzoni: «L’imputato ha approfittato delle sorellastre in un momento intimo come la messa a letto. Non sono stati atti invasivi, ma hanno comunque provocato segni indelebili. La più piccola ancora oggi è molto timida, soffre d’insonnia e non vuole avere contatti con i maschi. Inoltre, lo psichiatra che l’ha seguita ha notato che soffre di disturbi della personalità dovuti a questi abusi». Questo malessere psichico lo prova anche la sorella maggiore: «Nei suoi confronti è invece emerso un forte turbamento e ancora oggi nega l’esistenza del suo fratellastro». Vezzoni ha ricordato che le sue patrocinate «sono cresciute in un contesto difficile: la più grande quando diceva ai suoi genitori dei baci le veniva risposto di “non esagerare”, mentre la più piccola era stata addirittura raggiunta a scuola dalla madre che l’ha redarguita dicendole di “non dire bugie”». L’avvocata ha dunque chiesto 25mila franchi di risarcimento per le due sorelle, più il divieto al 35enne di avere contatti con loro e di mantenere una distanza di 500 metri nei loro confronti.
L’avvocato del 35enne, Giorgia Maffei, non ha messo in discussione le dichiarazioni delle due vittime, ma ha sottolineato i disturbi psichici del suo assistito. «Non ha mai realizzato la gravità dei suoi gesti. Non dispone degli strumenti mentali per capire dove sono i confini di cosa sia giusto e sbagliato». Per Maffei, «i reati sono stati compiuti per l’immaturità e va tenuto conto del suo passato e dell’abbandono del padre. Se i genitori avessero reagito con maggiore tempestività e fossero intervenuti subito per risolvere i suoi disturbi forse non saremmo qui». Maffei ha proposto una pena sospesa e il trattamento stazionario. Villa ha accolto la proposta: «Crediamo alle due sorellastre che potevano enfatizzare i fatti, ma non lo hanno fatto raccontando la verità». La colpa dell’uomo è stata valutata «estremamente grave per gli atti sessuali», mentre i reati nei confronti della moglie sono stati considerati «di grado medio anche se sono state un ennesima dimostrazione che non sa trattenere i suoi impulsi». Oltre alla pena sopracitata, nei confronti del 35enne il giudice ha ordinato l’interdizione di compiere attività con i minorenni, il divieto di contattare le sorellastre e mantenere 500 metri di distanza da loro per cinque anni.