Luganese

Uccise la nonna a Caslano, nipote condannato a 18 anni

La Corte delle assise criminali ha inflitto al giovane 24enne una pena superiore a quella richiesta ieri dalla procuratrice pubblica Margherita Lanzillo.

Il giudice Marco Villa (Ti-Press)
12 dicembre 2019
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Verrà collocato in una struttura chiusa per un trattamento stazionario il 24enne che nella notte del 6 luglio 2018 uccise sua nonna colpendola sedici volte con un martello di mezzo chilo. Marco Villa, presidente della Corte delle assise criminali, ha inflitto al giovane una pena superiore a quella richiesta ieri dalla procuratrice pubblica Margherita Lanzillo: 18 anni di reclusione. Corte che ha riconosciuto il movente della vendetta e ha considerato il delitto come assassinio.

Nella commisurazione della pena ha influito anche l'esito della perizia psichiatrica sul 24enne che, malgrado il deficit mentale, ha optato per una scemata responsabilità soltanto lieve. Il giovane ha voluto dare una lezione alla nonna che si è rifiutata di dargli il denaro per comperare la cocaina. Il giudice Villa ha parlato di un atto figlio di un «egoismo basso e becero. Per una richiesta di 200 franchi». Eppure, l'anziana, dopo il trasferimento a Caslano del nipote, lo trattava come un figlio e lui l’ha ripagata con morte violenta, di notte, in casa propria, con sedici colpi sferrati con estrema rabbia e disprezzo. Una morte sopraggiunta nell’arco di diversi minuti.

La Corte ha pure riconosciuto la premeditazione del delitto che si è formata strada facendo, nel percorso da casa sua verso quella della nonna. È durante il percorso che cresce la sua rabbia. E quando è arrivato al domicilio di sua nonna, lui ha voluto metterla alla prova. Purtroppo la vittima ha risposto in modo 'sbagliato'. Il giudice Villa ha inoltre parlato di una volontà diretta di appiccare l’incendio successivo alla casa e di un grado di recidiva molto alto per la droga e medio per atti violenti. La Corte ha perciò escluso il collocamento in una struttura protetta per giovani adulti.

Riconosciuta dalla Corte anche la scemata imputabilità (solo relativa al ritardo mentale e al consumo di stupefacenti) del 24enne e ha tenuto conto della giovane età, dell'assunzione di alcol al momento del dramma, del difficile vissuto, della confessione e della collaborazione per i reati maggiori. La Corte ha considerato pure la durata del carcere preventivo sofferto in un regime duro e lontano dalla sua regione di origine. Sull'altro piatto della bilancia, c'è però il concorso di reati: incendio intenzionale, turbamento pace dei defunti e infrazione alla legge federale sugli stupefacenti.

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