Bellinzonese

A Loderio in arrivo altri cumuli di inerti

Dopo la deponia AlpTransit, la frazione a nord di Biasca a partire dal 2022 dovrà convivere per diversi anni con un intenso via-vai di camion

1 ottobre 2018
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Avanza l’iter per la definizione e pianificazione delle nuove aree destinate ad accogliere in Ticino discariche per rifiuti edili non riciclabili. Un’esigenza sentita dalle autorità cantonali a fronte della costante produzione di inerti, del progressivo esaurimento delle discariche presenti e per evitare soluzioni improvvisate e abusi. Un tassello lo ha posato questa estate il Dipartimento del territorio che ha condiviso con le parti in causa la soluzione ipotizzata sin dal 2013 alla Buzza di Biasca, nella frazione di Loderio all’imbocco della Valle di Blenio, che già ospita le ‘piramidi’ cresciute col materiale di scavo AlpTransit. Il tutto nell’ambito della scheda V7 del Piano direttore cantonale dedicata alle discariche, posta in consultazione negli anni scorsi e sulla quale dovrà pronunciarsi il Gran Consiglio. La condivisione estiva non va nella direzione chiesta dalla petizione lanciata l’anno scorso dal gruppo “Loderio c’è” che aveva raccolto 1’740 firme chiedendo di evitare la creazione di una nuova deponia; ma quantomeno va incontro alle preoccupazioni espresse anche attraverso interpellanze al Municipio e al Consiglio di Stato. Ora il Cantone dovrà procedere con un Piano di utilizzazione cantonale e successivamente con una domanda di costruzione annunciata per il 2020. Si prevede che alla Buzza – dopo la cessazione della discarica di Gnosca che sta pian piano raggiungendo il tetto massimo previsto – arriveranno circa 1,3 milioni di metri cubi di materiale a partire dal 2022 e per una decina d’anni.

Le contromisure previste

Sin dagli anni 80, con l’avvio di un sito di lavorazione inerti, la popolazione di Loderio è costretta a convivere con consistenti viavai di camion, rumore e polvere. Ora però le autorità cantonali vogliono che ‘Discarica’ faccia rima con ‘sistemazione del comparto’. Il Dt nelle recenti comunicazioni parla infatti di “un buon progetto di riqualificazione, affinato e condiviso dai vari enti preposti” che richiamerebbe la conformazione originale del terreno. Ergo, alla Buzza i volumi non saranno massimizzati e risulteranno minori di quelli di Gnosca (dove il tetto massimo sarà di 1,8 milioni di metri cubi). Inoltre si cercherà di realizzare il miglior inserimento paesaggistico possibile.

A questo riguardo il Dipartimento del territorio si è chiesto come collegare meglio la nuova discarica alle ‘piramidi’ Alp­Transit, arrivando alla conclusione di non spingersi in altezza come fatto col materiale di scavo già stoccato. È stata preferita una soluzione a piani che si abbassano secondo geometrie e pendenze simili a quelle esistenti, ma con un rapporto volumetrico di due terzi. Si prevedono due gradoni per tre piani che a deponia conclusa sarebbero abbelliti – è un’ipotesi – con piantumazioni e un laghetto nei livelli superiori, nonché agricoltura e orti al primo livello.

Inoltre si rinuncia a realizzare in loco il centro per la lavorazione di inerti inizialmente previsto. E non da ultimo si pensa di coprire il sedime della ditta Otto&Scerri (la cui attività, proprio in questo ambito, dovrà cessare una volta raggiunto il quantitativo massimo) fin sotto lo stand di tiro, estendendosi dalla stradina che porta ai Pianoi fino alle ‘piramidi’ Alp­Transit. Infine, l’attuale strada ciclabile sarà prolungata fin verso alla stradina che porta ai Pianoi e sparirà altresì l’attuale altra discarica esistente proseguendo verso Malvaglia. Dal canto loro i Comuni di Biasca e Serravalle sono disposti a entrare in materia con l’obiettivo di contribuire a sistemare il comparto; neppure i Patriziati contestano il progetto, ma hanno chiesto di massimizzare la superficie agricola.

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