Svizzera

La biodiversità fa passi indietro in Parlamento

Destinare il 3,5% delle superfici coltivabili alla sua promozione? Il Consiglio degli Stati vuole abolire l’obbligo

Il Parlamento aveva già rinviato due volte l’abolizione dell’obbligo
(Keystone)

L'obbligo di destinare il 3,5% delle superfici coltivabili alla promozione della biodiversità va soppresso. È quanto chiede una mozione adottata oggi dal Consiglio degli Stati per 25 voti a 16. Tale misura, già rinviata due volte, avrebbe dovuto essere introdotta quest'anno.

L'agricoltura contribuisce già in modo significativo alla biodiversità, ha affermato Esther Friedli (UDC/SG) a nome della commissione. La biodiversità non richiede ulteriori aree per la sua promozione, ma un miglioramento della qualità delle superfici esistenti, ha precisato la "senatrice" sangallese. Inoltre, questa nuova misura indebolirebbe la produzione agricola e il tasso di autosufficienza.

Per Tiana Moser (Verdi liberali/ZH), invece, questo provvedimento rappresenta un investimento per il futuro, poiché la biodiversità è essenziale per preservare la produzione agricola a lungo termine. Se venisse abolita, la sicurezza alimentare ne risulterebbe indebolita, ha messo in guardia la zurighese.

A nome dei Verdi, Céline Vara (NE) ha aggiunto che l'abbandono di questa misura mina la credibilità delle Camere federali, giacché la misura fa parte del pacchetto di ordinanze attinenti alla revisione della legge sui pesticidi in agricoltura adottata dal Parlamento nel 2021. Oltre a ciò, ha sottolineato l'ecologista neocastellana, molte aziende agricole – nonché i Cantoni – hanno già pianificato o attuato questa misura.

La mozione è stata combattuta anche dal consigliere federale Guy Parmelin, secondo cui l'atto parlamentare ha almeno un vantaggio: fa chiarezza in vista delle decisioni future. In effetti, in considerazione della guerra in Ucraina e dei timori per gli approvvigionamenti, l'obbligo di destinare il 3,5% dei terreni coltivabili alle aree che promuovono la biodiversità era stato rinviato al 2024, e poi di nuovo al 2025 in seguito a una richiesta del Parlamento. A un certo punto, insomma, bisogna prendere una decisione definitiva, ha spiegato il "ministro" dell'agricoltura.

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