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La via vallesana verso il fotovoltaico alpino messa a dura prova

Domenica votazione cantonale sul decreto che attua l’offensiva solare voluta dal Parlamento federale. Gli argomenti di favorevoli e contrari

Pannelli solari posati sui ripari valangari a Bellwald, nell’Alto Vallese
(Keystone)
6 settembre 2023
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Sul fotovoltaico alpino gli abitanti di cinque comuni grigionesi sono stati i primi in Svizzera a dire la loro. In alcuni casi con maggioranze risicate. Come a Poschiavo, dove a fine agosto la popolazione ha dato luce verde – con 585 voti contro 506 – alla concessione di un diritto di superficie a favore di BerninaSolar Ag per la realizzazione di un parco solare a oltre 2’200 metri di altitudine nella regione del Passo del Bernina.

Pochi invero se ne sono accorti oltre i confini cantonali. Gli occhi di molti invece sono puntati da tempo sul Vallese. Qui domenica si vota su un controverso decreto volto ad accelerare le procedure di autorizzazione di grandi impianti fotovoltaici ad alta quota. L’acceso dibattito di queste settimane ne è la riprova: in gioco, in questa consultazione test, c’è più di una semplice questione procedurale. I parchi solari alpini sollevano in effetti interrogativi di fondo riguardo alla politica energetica e climatica, nonché alla protezione della natura e del paesaggio.

Il fattore tempo

Il governo vallesano non ha perso tempo. Già lo scorso inverno ha definito una procedura speciale per l’approvazione (cantonale) di parchi fotovoltaici alpini che rientrano nell’‘offensiva solare’ (federale). Due le modifiche principali rispetto all’iter ordinario: sarà il Consiglio di Stato responsabile per il rilascio di permessi di costruzione al di fuori delle zone edificabili, non più la commissione edilizia cantonale; e l’effetto sospensivo in caso di ricorso verrà abrogato. Il decreto si è però scontrato con una viva opposizione. In febbraio il Gran Consiglio lo ha approvato con 87 voti a favore e 41 contro. Ma Verdi, Pro Natura e altre sette organizzazioni hanno lanciato un referendum, sostenuto anche dall’Udc del Vallese romando. In tre mesi hanno raccolto circa 6mila firme, il doppio di quelle necessarie. Domenica si vota. E “sarà tirata”, pronostica il ‘Walliser Bote’. Se prevarrà il ‘no’, per i progetti vallesani sarà complicato rispettare la scadenza dettata da Berna.

Il fattore tempo è cruciale. Il ‘Solarexpress’ prevede contributi fino al 60% dei costi d’investimento. Ma gli impianti devono essere allacciati alla rete entro la fine del 2025. E una volta raggiunti i 2 terawattora di produzione complessiva per i progetti autorizzati, scatta lo stop: nessun altro parco solare verrà autorizzato, perlomeno sulla base della legge attuale. Questa si limita a stabilire criteri d’ordine generale. Ad esempio: gli impianti devono essere di interesse nazionale (ossia produrre più di 10 gigawattora all’anno, la maggior parte in inverno); non possono inoltre essere realizzati all’interno di paludi e paesaggi palustri o in biotopi di importanza nazionale. Responsabili per il rilascio dell’autorizzazione sono i Cantoni, ai quali basta ottenere il consenso del Comune e del proprietario del terreno. A meno che altri non si mettano di traverso. Come in Vallese.

Cantoni (e Comuni) in concorrenza

Centro, Plr, Udc dell’Alto Vallese e socialisti dell’Alto Vallese invitano a votare ‘sì’. “Il decreto – sottolineano – permetterà di concretizzare l’impulso federale semplificando le procedure amministrative”. Soprattutto, a lungo termine permetterà di “garantire l’approvvigionamento energetico della Svizzera e di ridurre la sua dipendenza dall’estero”. Senza questo decreto, i progetti vallesani “non potranno rispettare le scadenze fissate dalla Confederazione per la concessione dei sussidi”. E così saranno “gli altri cantoni alpini a poter beneficiare del sostegno federale di 3,4 miliardi di franchi per il loro sviluppo solare”.

I referendisti denunciano per contro “una corsa alle sovvenzioni” e un decreto “squilibrato”. Il testo non contiene alcun criterio suscettibile di stabilire la priorità dei progetti sulla base della sostenibilità, della fattibilità tecnica, della redditività economica o della vicinanza alle infrastrutture, dice a Keystone-Ats Jérémy Savioz di Pro Natura. Inoltre mette i comuni l’uno contro l’altro, dato che la corsa alla manna federale si svolge secondo il principio del ‘primo arrivato, primo servito’.

La via bernese e quella vallesana

«Lo scopo di questa votazione non è quello di discutere i progetti già annunciati e nemmeno i meriti degli impianti solari alpini», ribatte Vincent Riesen, direttore della Camera di commercio e dell’industria vallesana. Il decreto riguarda solo l’accelerazione delle procedure: gli oppositori stanno giocando «al prolungamento in Vallese di una partita che è già stata giocata nel Parlamento federale, dove si è svolto il dibattito che ha dato vita al Solarexpress». Nell’opuscolo di voto, il Consiglio di Stato afferma di non avere più margine di manovra per inserire nel decreto criteri che favoriscano “i progetti più rilevanti e limitino i pregiudizi al paesaggio”.

Eppure il canton Berna ha scelto un’altra via, protesta il comitato referendario. Il cantone limitrofo organizza tavole rotonde con la partecipazione di tutti gli attori interessati, ambientalisti compresi. Obiettivo: «Avere una visione d’assieme della situazione», e in particolare «garantire che, a lungo termine, non vengano presentati troppi progetti e, soprattutto, che i migliori abbiano la meglio», dichiara a Keystone-Ats un portavoce del Dipartimento cantonale dell’economia, dell’energia e dell’ambiente.

Un simile approccio è tanto più importante se si considera che centinaia di ettari di pascoli alpini potrebbero essere sacrificati da enormi parchi solari, insiste il comitato del ‘no’. Gli ecologisti non si oppongono all’offensiva solare in sé, che giudicano “necessaria”, ma questa non deve andare a scapito di spazi alpini in buona parte incontaminati. Da qui lo slogan della loro campagna: ‘Sui tetti, non nella natura!’ Il solare alpino non è in contrapposizione all’installazione di pannelli solari sui tetti, ma questa avanza troppo lentamente, replica Vincent Riesen. Il decreto non permette di «fare tutto e il contrario di tutto». E dato che ogni progetto deve essere approvato dal Comune – tramite votazione – e dal proprietario del terreno, «non ci saranno progetti là dove la popolazione locale non ne vuole sapere».

Il Consiglio federale si aspetta circa 200 progetti. In Vallese ne sono stati annunciati otto: tre sono già stati approvati dalla popolazione locale, altri cinque sono allo studio. Gli ambiziosi progetti di Grengiols e della Vispertal nel frattempo sono stati fortemente ridimensionati. Tra i motivi principali: un’insufficiente connessione alla rete elettrica.

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