Svizzera

Disoccupazione giovanile: metà rispetto all’Unione europea

Diminuita, però, la quota degli under 30 lavorativamente attivi nella popolazione elvetica

(Depositphotos)
8 febbraio 2022
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Il tasso di disoccupazione giovanile in Svizzera è quasi la metà di quello dell’Unione europea. Lo rivela lo studio ‘Le persone dai 15 ai 29 anni sul mercato del lavoro svizzero nel 2020’ pubblicato oggi dall’Ufficio federale di statistica (Ust), nel quale si evidenzia anche un forte calo degli under 30 nella popolazione attiva elvetica.

Nell’anno in rassegna, i disoccupati di un’età compresa tra 15 e 29 anni secondo la definizione dell’Ufficio internazionale del lavoro (Ilo) erano in Svizzera 74’400, pari al 6,9% della popolazione attiva di questa fascia di età. Per i giovani che seguivano una formazione il tasso era del 10,6%, del 5,9% per gli altri.

Il tasso di disoccupazione giovanile elvetico era sensibilmente inferiore a quello dell’Ue, che si attestava al 13,2%, indica l’Ust. Meglio della Svizzera facevano solo Cechia (5,3%) e Germania (6,1%). A fondo classifica si trovavano Italia (22,1%), Spagna (29,2%) e Grecia (29,8%).

Meno giovani tra la popolazione attiva

Lo studio dell’Ust ha anche constatato una diminuzione della quota di giovani tra la popolazione attiva generale, passata in trent’anni dal 29,9% al 22,0%. La causa principale è il passaggio della generazione del baby boom (persone nate tra il 1945 e il 1964) nelle fasce di età superiori. Altre spiegazioni possibili sono l’allungamento della durata della formazione e l’aumento della partecipazione delle donne di oltre 30 anni al mercato del lavoro.

Considerando solo i 15-29enni, il 75,4% era professionalmente attivo, indica ancora l’Ust precisando che gli apprendisti sono considerati persone attive. Tale dato è leggermente superiore a quello del 1991 (76,3%). Più in dettaglio, nel 2020 il tasso di attività dei giovani in formazione (tirocinanti esclusi) era del 42,9%, mentre quello dei giovani che non stavano seguendo alcuna formazione ammontava al 91,8%.

Tra i giovani professionalmente attivi, il 95,6% era salariato (soprattutto apprendisti), il 2,8% esercitava un’attività indipendente e l’1,6% lavorava nell’impresa di famiglia. Nel 2020, il 26,2% dei 15-29enni lavorava a tempo parziale (gli apprendisti sono considerati come lavoratori a tempo pieno). Il lavoro con un grado di occupazione ridotto era molto più diffuso tra le persone in formazione e le donne.

L’Ust evidenzia infine come nel 2020 il 6,3% delle persone tra i 15 e i 29 anni era una ‘Neet’, ovvero una persona che non ha una attività lavorativa e non segue alcuna formazione. Si tratta di una percentuale in calo rispetto al 2010, quando ammontava all’8,1%.

Senza considerare i ‘Neet’ in cerca di un impiego, i giovani inattivi rappresentavano il 3,4% delle persone della fascia d’età in questione. Si tratta della quota più bassa di tutti i Paesi dell’Ue/Aels, dove tale tasso variava dal 3,7% del Lussemburgo al 15,7% dell’Italia (media Ue: 8,6%).

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