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Legge terrorismo, il giurista Schweizer: ‘Sono disgustato’

Ha vigilato per anni sugli abusi dei servizi segreti. Secondo lui la legge in votazione il 13 giugno apre la porta ad arbitri senza precedenti

Il professor Schweizer ai tempi della ‘vigilanza’ sul Sic (Keystone)
2 giugno 2021
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«Sono inorridito». Il professor Rainer Schweizer osserva da una vita i conflitti tra libertà personale e poteri di polizia, e dopo aver setacciato il testo della nuova legge contro il terrorismo non usa mezzi termini: «Questa legge conferisce poteri esorbitanti ai servizi segreti e alla Fedpol, poteri di intervento preventivo svincolati dal controllo immediato di ogni altra autorità». Un’opinione particolarmente pesante, sapendo che il professore emerito di Diritto pubblico è stato dal 1993 al 2006 presidente della Commissione federale per la protezione dei dati. Trattando decine di ricorsi ha quindi visto coi suoi occhi errori e abusi del ‘Servizio delle attività informative’ (Sic), che ora teme possano moltiplicarsi.

Ricapitolando: la legge conferisce a queste autorità la possibilità di obbligare i sospetti terroristi a colloqui preventivi e/o periodici, di limitarne la libertà di movimento e viaggio e di espellerli se sono stranieri. Il tutto a partire dai 12 anni e senza l’autorizzazione di un giudice, necessaria solo per arresti domiciliari. Cosa potrebbe andare storto?

Intanto, parlo per esperienza: il lavoro di sorveglianza dei cittadini da parte del Sic è stato sempre molto discutibile, perfino prima che vi si aggiungesse l’intervento nella sfera digitale. Anche senza scomodare grandi scandali come quello delle schedature, ho dovuto riscontrare molte volte la raccolta di informazioni sbagliate o fasulle, gli scambi di dossier, un modo di procedere irrispettoso del diritto. Mi è capitato ad esempio di chinarmi due volte sullo stesso caso e vedermi presentati due faldoni completamente diversi, o di constatare l’osservazione di persone che non c’entravano assolutamente nulla col terrorismo: un avvocato ‘colpevole’ solo di avere difeso degli imputati delle Brigate Rosse era ancora schedato e sorvegliato dopo un quarto di secolo; i dati di una persona con immunità diplomatica sottratti illegalmente sono finiti nelle mani del Sic che li ha usati per anni, anche dopo che la procuratrice federale Carla Del Ponte ne aveva disposto la distruzione. È legittimo temere che a maggiori poteri corrisponderanno maggiori abusi.

Il terrorismo però si evita con la prevenzione. ‘Dopo’ è troppo tardi.

Ma già adesso la legge prevede che si possa indagare e intervenire preventivamente per fermare la preparazione di atti terroristici, dichiarando punibili anche la partecipazione a organizzazioni criminali, l’istigazione alla violenza e il finanziamento del terrorismo. Prova ne sia il fatto che solo nell’ultimo paio d’anni il Tribunale penale federale ha visto passare dalle aule di Bellinzona almeno una quindicina di casi di terrorismo, senza bisogno della nuova legge.

D’altronde già la legge sul Servizio d’informazione del 2017 ne aumentava le possibilità di sorveglianza.

Sì, però c’è una differenza: in quel caso dopo un’intercettazione o una prima schedatura l’inchiesta passava subito alla procura o al governo. Ora invece sono le autorità di polizia a potersi attivare autonomamente, domandando ad esempio al Sic l’impiego di apparecchi tecnici speciali di sorveglianza delle telecomunicazioni. E questo sebbene la Costituzione federale non consenta la creazione di organi di polizia con funzione preventiva ed esecutiva.

Per intervenire serviranno comunque “indizi concreti e attuali di una minaccia terroristica”.

Senza però dover chiedere a un’autorità esterna se e quali si possano davvero considerare tali. In più la legge – formulata in modo davvero pessimo – non fornisce un metro di giudizio per misurare tale minaccia, dato che la sua definizione di azioni terroristiche è del tutto vaga. Quali sarebbero mai i criteri per identificare “azioni tendenti a influenzare o a modificare l’ordinamento dello Stato”? Può essere di tutto, anche solo un ‘like’ sui social network, e questo aumenta ancora di più il rischio di abusi.

D’accordo, ma un colloquio o alcune limitazioni di mobilità temporanee per molti non sono la fine del mondo.

Ma se posso interrogare qualcuno e indurlo a fare dichiarazioni che potrebbero avere conseguenze penali prima ancora di un’azione di giustizia, sto di fatto negando i suoi diritti a essere ascoltato sugli ‘indizi’ o a rifiutarsi di testimoniare, con strascichi potenzialmente molto gravi. E questo ancor più se lo faccio sulla base di una definizione di terrorismo nella quale ricade tutto e niente. Da lì diventa facile avviare un procedimento penale per motivi del tutto vaghi, ad esempio in caso di presunta resistenza della persona interessata. Questo viola non solo la presunzione d’innocenza, ma anche il principio giuridico che esclude una punizione in assenza di una legge. È grottesco.

Chi si ritiene vittima di abusi potrà poi fare ricorso al Tribunale amministrativo federale.

Sì, ma la protezione giuridica prevista dall’articolo 24g della legge impedisce un processo equo e un ricorso immediato a un tribunale. Come se non bastasse, l’articolo 24f investe anche bambini a partire da 12 anni. Impensabile: c’è un ovvio conflitto con la protezione speciale dei bambini e degli adolescenti prevista dalla Costituzione all’Articolo 11. La stessa Costituzione impedisce anche la discriminazione degli stranieri, che invece con questa legge potranno essere incarcerati per sei mesi in via preventiva e in attesa di una decisione sull’eventuale espulsione. Insomma, con tutti questi ‘buchi’ nel testo possiamo aspettarci solo due cose: il rischio di numerosi abusi e un proliferare di pratiche che verranno contestate da individui e associazioni fino alla Corte dei diritti umani di Strasburgo.

Nel mezzo c’è la politica, che a Berna – pur con significative eccezioni – ha approvato la legge senza mugugnare troppo.

Questa legge è una rinuncia da parte della politica alle sue responsabilità. Si è scelto di demandare tutte le decisioni a qualcun altro, agli addetti ai lavori e ai servizi di sicurezza, incassando il dividendo di farsi vedere duri col terrorismo. Lo trovo assurdo e scandaloso.

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