Svizzera

Referendum congedo paternità, firme ottenute con l'inganno?

Il deputato Mathias Reynard (Ps) intende depositare un atto parlamentare per proibire la raccolta di sottoscrizioni remunerata

2,70 franchi a firma (Keystone)
5 febbraio 2020
|

«Vietare la raccolta di firme remunerata». Il consigliere nazionale vallesano Mathias Reynard (Ps) intende agire – depositando un atto parlamentare in questo senso – dopo che negli scorsi giorni sono nuovamente emersi casi di sottoscrizioni ottenute con l’inganno nell’ambito di un referendum, in questo caso contro il congedo paternità. Si tratta di «un attacco alla democrazia diretta veramente grave», dice il deputato socialista a ‘laRegione’.

Referendum riuscito contro il congedo parentale

Proprio ieri la Cancelleria federale ha indicato che il referendum lanciato dall’Udc contro le due settimane per neo papà è ufficialmente riuscito: delle 55’120 sottoscrizioni presentate lo scorso 23 gennaio, 54’489 (sulle 50mila necessarie) sono risultate valide. Come successo per la raccolta firme contro l’estensione della norma antirazzismo, anche in questo caso, fino a pochi giorni dal termine, il successo del referendum era in dubbio. Tuttavia, grazie a un ultimo colpo di coda, è riuscito e quindi i cittadini saranno chiamati alle urne.

A favore e non contro

Ma come vengono raccolte queste firme? La radiotelevisione romanda Rts ha recentemente dimostrato in un reportage, girato anche con telecamere nascoste, che, a Losanna, alcuni addetti alla raccolta firme, le raccoglievano ingannando i cittadini: alle persone in strada spiegavano che la sottoscrizione era a favore del congedo paternità e non contro. È vero che il cittadino dovrebbe sempre leggere quanto c’è scritto sul foglio di raccolta firme, tuttavia la Rts ha anche rivelato che in alcuni casi tale foglio veniva piegato, così da impedire alle persone di poter legger ciò che c’era scritto. 

Pagati per raccogliere

E ciò non è tutto: oltre a ingannare il cittadino – intenzionalmente o meno, ma non è questo il punto –, queste persone erano anche pagate. Erano assunte dalla società Incop attiva nella Svizzera romanda il cui obiettivo è “promuovere la democrazie diretta” e “sensibilizzare la popolazione alle votazioni”, si legge sul suo sito web. Il direttore della società, interpellato da Rts, ha negato qualsiasi responsabilità, definendoli degli errori e casi isolati. Resta il fatto che ci si può chiedere se nella nostra democrazia diretta sia opportuno che qualcuno venga pagato (2,70 franchi, in questo caso) per ogni firma raccolta. È chiaro che in questo modo una persona potrebbe essere spinta a convincere più persone possibile a firmare, anche con l’inganno.

Già successo per la votazione di domenica contro l'estensione della norma antirazzismo

Come detto, non è la prima volta che sorgono dubbi sui metodi usati per raccogliere firme: già nel caso del referendum contro l’estensione della norma antirazzismo all’orientamento sessuale (in votazione proprio domenica) Reynard – che è tra l’altro l’artefice di questa nuova legge – aveva denunciato pratiche ingannevoli. Lui stesso era infatti stato fermato in strada a Sion da una persona che gli aveva chiesto di firmare un testo per lottare contro l’omofobia. In realtà era proprio questo l’obiettivo della sua iniziativa, contro la quale era invece stato lanciato il referendum.

Ritirare la propria firma

Reynard l’anno scorso aveva quindi depositato un’interpellanza nella quale chiedeva al Consiglio federale se un cittadino non possa ritirare la propria firma per un referendum o un’iniziativa popolare, nel caso in cui sia stato ingannato. Stando al governo, “la legge federale non prevede” questa possibilità e “la Cancelleria federale non può dichiarare nulle le firme”. Oltre a ciò “il Consiglio federale non intende disciplinare a livello legislativo il ritiro delle firme”, si legge nella risposta. L’esecutivo ha però anche fatto notare che in passato vi erano già stati tentativi per cercare di evitare “manipolazioni, falsificazioni e firme apposte in maniera sconsiderata”. Tuttavia, sono tutti stati “ripetutamente respinti affinché i diritti popolari potessero essere esercitati nel modo più libero possibile”. Chiaramente, il consigliere nazionale vallesano è rimasto «molto deluso» dalla risposta del governo, ritenendola «un po’ leggera». Per questo motivo, ma anche in seguito alle nuove rivelazioni di Rts, il deputato socialisti ha deciso di insistere: prossimamente depositerà un atto parlamentare per chiedere «di vietare la raccolta di firme remunerata, come è già il caso nel Canton Ginevra».

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE