Calcio

Team Ticino, il filo è rosso (blu)

Massimo Immersi, responsabile tecnico del Team Ticino, spiega come è nato il 'Fil rouge swiss', metodo di formazione messo a punto da Mauro Giussani

Massimo Immersi e Mauro Giussani (Ti-Press/Putzu)
18 ottobre 2018
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Il calcio sarà pure uno degli sport più vecchi, ma ciò non significa che nel corso dei decenni non abbia conosciuto modifiche e, a volte, vere e proprie rivoluzioni nelle regole e nella tattica. Evoluzione che di pari passo ha toccato l’aspetto formativo del gioco più bello del mondo, con nuove metodologie di allenamento tanto innovative da soppiantare (o affiancare) verità fino a quel momento considerate inattaccabili. Per chi ha i capelli per lo meno brizzolati, il “fil rouge” rimane ineluttabilmente legato a Giochi senza frontiere e alle indimenticabili telecronache di Ezio Guidi. Da cinque anni a questa parte, però, il termine ha trovato una sua collocazione anche nel panorama calcistico cantonale. Il Fil rouge swiss, infatti, è un metodo di formazione calcistica messo a punto da Mauro Giussani, in collaborazione con Massimo Immersi e Alessandro Mangiarratti, nell’ambito del Team Ticino e che verrà presentato a tutti gli allenatori interessati l’11 novembre e il 2 dicembre al Centro sportivo di Tenero (informazioni e iscrizione gratuita a segretariato@teamticino.ch). Un metodo la cui genesi è riconducibile, come ci spiega Massimo Immersi, responsabile tecnico del Team Ticino, a una semplice constatazione... «Negli anni ci si è resi conto di come molti allenatori si concentrassero su un frequente cambio di esercizi per allenare, in fondo, sempre lo stesso concetto. Con un considerevole dispendio di energie e troppi tempi morti per i ragazzi, costretti a concentrasi sul funzionamento dell’esercizio più che sul suo contenuto. L’idea del Fil rouge swiss è di semplificare le cose, associando una fase di gioco a un esercizio specifico, senza doverlo cambiare tutte le volte. Poi, è possibile apportare leggere modifiche per adattarlo alle proprie esigenze, ma il ragazzo sarà comunque in chiaro sullo svolgimento del compito e sul risultato che si vuole ottenere, in quanto partirà da un’idea e da movimenti già immagazzinati. I concetti sui quali si basa il Fil rouge swiss sono quattro: possesso palla, recupero palla, transizioni e occupazione degli spazi». In parole povere, l’essenza stessa del calcio. Non c’è il pericolo, con un’eccessiva ripetitività del lavoro, di annoiare i ragazzi? «No, perché ogni esercizio propone quattro sottovarianti (micro, mini, base e maxi). Inoltre, è possibile arricchire i movimenti con l’inserimento di regole, progressioni o recessioni. L’importante è che vengano mantenute invariate richieste, struttura e obiettivi. Svolgiamo 200 allenamenti all’anno e posso dire di non aver mai trovato un ragazzo annoiato». A conti fatti, l’obiettivo è di vedere trasportati in partita i movimenti appresi in allenamento... «La risposta dei ragazzi è positiva e i risultati pure. Da cinque anni stiamo lavorando con questo sistema, nel 2016 abbiamo introdotto l’evoluzione 2.0 e adesso stiamo implementando lo specifico difensivo e lo specifico offensivo. I concetti che cerchiamo di far passare in allenamento poi li rivediamo in campo durante le partite e non c’è nulla di più gratificante».

30’000 visualizzazioni in tre giorni

Il Fil rouge swiss sta ottenendo grande riscontro anche al di fuori dei confini... «Di recente abbiamo postato un video che in tre giorni ha ottenuto 30’000 visualizzazioni. Stiamo avendo grande successo sui vari social media e la rivista italiana “Il nuovo calcio”, una sorta di bibbia del settore, ci ha dedicato per la seconda volta un ampio servizio. Il nostro metodo interessa, tant’è vero che stiamo portando avanti delle dimostrazioni anche all’estero e non sono pochi coloro che vengono a Tenero ad osservarci. Non vorrei però che passassimo per coloro che hanno rivoluzionato il calcio: questo è uno dei metodi possibili di formazione, lo abbiamo sviluppato noi e sta dimostrando di funzionare». L’approccio delle quattro squadre del Team Ticino al nuovo anno agonistico sta regalando soddisfazioni a Massimo Immersi, alla sua prima stagione da responsabile tecnico... «In particolare la U15 che partecipa al campionato nazionale si sta facendo notare. Attualmente occupa il secondo posto, una sorta di exploit alla luce delle dimensioni numeriche del nostro movimento». Qualche problema in più lo riscontra la U18, il vertice del progetto formativo del Team Ticino... «Difficoltà in parte prevedibili. Per noi quello della U18 rimane un campionato particolare. In primo luogo perché raggruppa due annate distinte, per cui il valore di una squadra dipende in maniera sensibile dal numero di ragazzi del primo anno in rapporto a quelli del secondo anno. E dipende pure da quanti, tra i più grandi, sono già partiti per altri lidi o fanno parte di una delle prime squadre ticinesi. Se ci basassimo unicamente sul bacino a nostra disposizione, dovremmo essere tra il penultimo e il terz’ultimo rango della classifica, mentre in media i risultati che otteniamo sono più che buoni. Certo, a volte ci sono annate che attraversano un momento difficile, ma si tratta di una situazione messa in conto a livello di preventivi. Chiaro, potremmo fare meglio, ma questa è un’affermazione applicabile a qualsiasi società e a qualsiasi squadra. Nel complesso, anche in una situazione non particolarmente facile possiamo comunque contare su due ragazzi inseriti nei quadri della Nazionale, mentre un terzo si allena in pianta stabile con la prima squadra del Lugano. Insomma, stiamo facendo quel che ci compete».

‘Il contenuto prima della forma per porre i ragazzi in una zona di comfort’

«Tutto ha avuto inizio 12 anni fa, quando l’Asf ha proposto metodologie di formazione unificate per tutta la Svizzera. Dalla sperimentazione, della quale il Team Ticino è stato tester, è nata la versione definitiva resa obbligatoria per i 13 partenariati, quella che è in seguito stata definita la “filosofia svizzera”, alla base dei successi nelle categorie giovanili, in primis il titolo mondiale U17 del 2009». Mauro Giussani, responsabile T3 e Footeco in seno al Team Ticino e ideatore del Fil rouge swiss, ricorda quale è stata la genesi del progetto... «Una volta implementata la filosofia, la federazione ha posto dei paletti all’interno dei quali rimanere, lasciando però libertà di applicare un sistema proprio, perché una metodologia è idonea solo se si adatta alla realtà nella quale viene proposta». E così è nato il Fil rouge swiss... «Nel 2012-13 abbiamo sottoposto il nostro metodo all’Asf che lo ha approvato e ne ha addirittura estrapolato degli aspetti da inserire nel suo concetto base. Tutto parte dalla constatazione che da quando esiste internet, gli allenatori vanno in rete per scegliere tra le migliaia di esercizi proposti, senza tenere in considerazione se il contenuto è adatto o no ai ragazzi da formare. In tal modo si trascorrevano giorni e giorni a cercare di far funzionare un esercizio per poi scoprire che non era formativo in quanto non adatto a quella categoria o a quel gruppo di ragazzi. Abbiamo dunque deciso di appoggiarci sui concetti sui quali lavora l’Asf (recupero palla, possesso palla, transizioni e movimento nello spazio) per creare quattro esercizi base che portano al loro interno aspetti tattici, tecnici, cognitivi e fisici. Per ogni esercizio abbiamo creato dei “mini” per esasperare l’aspetto tattico, dei “micro” per quanto riguarda la tecnica e dei “maxi” per il trasporto dei concetti all’interno di una partita vera e propria. Insomma, 16 esercizi ai quali va aggiunto il concetto di matrioska – vale a dire la possibilità di lavorare più aspetti in un solo esercizio – con l’ulteriore aggiunta di progressioni o recessioni a seconda delle esigenze. Ne esce un ventaglio amplissimo di possibilità all’interno di una base prestabilita e in conformità con i paletti posti dall’Asf. Questo toglie agli allenatori la necessità di inventarsi gli esercizi e ai giocatori l’alibi di non riuscire ad applicarli a causa della scarsa dimestichezza con quanto proposto. Anzi, li pone in una zona di comfort che permette loro di concentrarsi sull’aspetto formativo del lavoro più che sul suo funzionamento pratico. Questo sistema ha eliminato quelli che erano gli esercizi analitici, inserendo il tutto in forme ludiche, indispensabili per ottenere il meglio dai ragazzi».

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