Il confronto tra adulto e giovane passa anche attraverso la sperimentazione del limite e delle possibilità di crescita intorno a esso

Chi di noi non si è ancora trovato in una situazione in cui, a contatto (diretto o indiretto) con un bambino o un giovane – e magari senza pensarci troppo – ha usato il sì e il no come formula riassuntiva e risolutiva per prendere posizione davanti a una richiesta da questi formulata? Credo che ognuno di noi ne abbia fatto esperienza. In famiglia, soprattutto – forse – quando si tratta di proteggere il proprio pargolo da eventuali pericoli (oggettivamente reali o esistenti solo nella forma di una lecita, o inutile preoccupazione); ma anche nei Consigli comunali, dove le richieste dei giovani (magari di avere uno spazio proprio) non trovano sempre (forse: quasi mai) un terreno fertile su cui germogliare; ma anche nella scuola o nel mondo del lavoro eccetera. Dietro a un sì o un no, però, c’è ben più di quanto si possa immaginare, specialmente se questi avverbi vengono studiati sotto il profilo pedagogico-educativo. Proviamo a tracciare qualche spunto di riflessione.
Sappiamo che i bambini, e i giovani in generale, amano confrontarsi con il concetto di limite. I sì e i no che noi adulti formuliamo al loro indirizzo, molto frequentemente rappresentano una sorta di reazione a uno spunto che la vita ha offerto loro ed è stato da loro stessi raccolto per esserci anche consegnato (magari indirettamente e senza proferir parola). I sì e i no, anche in educazione, devono quindi essere intesi come una risposta al desiderio di conoscere, di provare, e di trasformare un evento in una esperienza. Essi rappresentano quindi la risposta a un impulso o a un desiderio, ma anche a un bisogno (appunto: dai bambini e dai giovani, comunicatoci) di poter andare al di là di un limite che loro necessitano di valicare e che vorrebbero in un modo o nell’altro far proprio, superandolo (anche se questo può facilmente nascondersi dentro al piacere che il bambino – e il giovane – vuole provare, ad esempio, nel salire un muretto o nello stare fuori fino a tarda sera). Qui entra in gioco, quindi, la volontà da parte del bambino o del giovane di procedere oltre all’insieme di esperienze fino a quel momento maturate; preda, quasi, di un là da scandagliare, sondare e con cui cimentarsi e confrontarsi. Un là che, in educazione, rappresenta una tappa irrinunciabile per una crescita sana, sia sul piano psicologico che su quello fisico. Quando questo succede – quando un bambino o un giovane ci sollecita al punto tale da dover rispondere con un sì o con un no – per noi adulti entra in gioco quella che gli antichi chiamavano la compiutezza dell’essere (non dimentichiamo che, per questi, la perfezione era data dal limitato e dal finito). Ma con Parmenide le cose si complicano un po’, poiché entra in gioco il tema del divenire, poiché il concetto di esser limitato non sta a significare – diciamo – il non potersi trasformare, ma esprime l’immagine di una evoluzione: un’evoluzione dentro a un limite. Il bambino e il giovane fanno propria, fino in fondo, questa necessità, poiché nelle loro fasi evolutive nutrono una chiara consapevolezza dei limiti che si pongono alla loro esperienza che deve potersi configurare in termini di cambiamento e di crescita.
depositphotosIl limite prende forma e apre nuove stradeEcco allora che i sì e i no acquisiscono un nuovo significato: non solo un ammettere o un negare l’accesso a una realtà che il bambino o il giovane ci segnalano come importante per la loro esperienza di crescita, ma anche un assumere la responsabilità di immaginare, ma anche di conoscere (o di adoperarsi per conoscere) i nuovi significati della vita a cui – attraverso le loro richieste – i bambini e i giovani anelano, così come anche a divenire consapevoli del fatto che acconsentire o porre un limite al loro bisogno di esperienza porta con sé la necessità, da parte di noi adulti, di comprendere che tutto ciò apre o chiude a un’altra ulteriore realtà. I sì e i no assurgono quindi al valore di limite proprio perché non rappresentano (e in educazione: non possono rappresentare) dei confini. Detto in altri termini, l’adulto confrontato con una richiesta proveniente da un bambino o un giovane non è semplicemente chiamato ad acconsentire o a negare il suo diritto di potervi o non potervi accedere (appunto: esprimendosi unicamente con un sì o con un no), ma viene coinvolto in prima persona, con tutta la sua responsabilità, a eseguire un’operazione positiva, che è quella del limitare la richiesta pervenutagli da parte di un bambino o di un giovane. Ora, il concetto di limite (che prende forma sia nel sì che nel no pronunciati da parte degli adulti in risposta di una richiesta) rappresenta un’operazione positiva poiché esso conferisce determinatezza alla richiesta formulata. Porre un limite a un bambino e a un giovane, implica cioè – per l’adulto – lo stabilire una relazione stretta tra la richiesta e la possibile risposta sotto forma di sì o di no, il che è cosa ben diversa dallo stabilire un confine, ad esempio, al di là del quale non si può andare. I sì e i no in educazione offrono quindi molte possibilità – al di là della forma che questi possono assumere nelle espressioni verbali –, cioè: più di un’occasione d’oro: per i bambini e i giovani, come detto, di cimentarsi con l’ignoto desiderato, ma – forse soprattutto – per gli adulti, i quali sono chiamati a definire dei limiti di esperienza per i propri bambini (e giovani) facendo prima di tutto i conti con sé stessi; con le proprie certezze ma anche con le proprie insicurezze, così come con le proprie ambizioni e con il proprio vissuto. Potremmo anche dire: il confine separa; il limite unisce.
depositphotosEducare significa anche fare i conti con sé stessiIn questo modo scopriamo allora che i sì e i no in educazione, oltre che a essere utilissimi per i bambini e per i giovani, rappresentano uno strumento (un’occasione) ghiotta per noi adulti per fare i conti con noi stessi, quindi per scoprire le nostre qualità in quanto genitori o, comunque, di adulti che si occupano direttamente o indirettamente di bambini e di giovani. I sì e i no ci chiamano in causa, direttamente, anche se in modo inusuale, poiché non si tratta di acconsentire o meno a una richiesta, ma di scoprire in quale modo si è pronti o meno a dare una risposta a una richiesta, la quale scaturisce dai bisogni che i bambini e i giovani nutrono, e che ci manifestano in differenti maniere.
Per riassumere, i sì e i no in educazione, vanno ben al di là di quanto possano rappresentare in una situazione specifica. Essi non devono rappresentare un confine, bensì un limite (oltre il confine dimora lo sconosciuto; al di là del limite si presenta l’occasione da scrutare e sperimentare), poiché la nozione di limite porta con sé l’occasione di trasformarsi e di crescere. I sì e i no, in educazione, possono rappresentare quindi qualcosa che unisce il mondo dell’adulto a quello del bambino (o del giovane), richiamando l’adulto all’esercizio di una ben precisa responsabilità, che è quella di apprendere a conoscersi meglio, per meglio aver cura del pargolo di cui è chiamato a occuparsi.
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