EDUCAZIONE

Educare al genere: una via per le pari opportunità?

Nelle scuole ticinesi, considerare la dimensione di genere nelle pratiche d’insegnamento è sempre più spesso un’esigenza anche del corpo docente

Le scelte formative e professionali sono ancora influenzate dagli stereotipi di genere
(depositphotos.com)
17 ottobre 2022
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Che cos’è il genere

Parlare di genere oggi può suscitare una certa confusione, innanzitutto perché spesso questo termine è usato quale sinonimo di sesso, termine che invece definisce semplicemente le differenze biologiche tra maschi e femmine. Il genere concerne piuttosto l’essere donna o uomo quale frutto di una costruzione sociale e culturale, storicamente determinata e quindi soggetta al cambiamento. L’identità di genere riguarda poi l’implicazione di appartenere a un sesso in termini di aspettative sociali, mentre i ruoli di genere stabiliscono come debbano sentirsi, agire, vestirsi, pensare e rapportarsi uomini e donne, con un impatto non trascurabile sulle scelte e sui comportamenti individuali.

Secondo gli stereotipi più comuni e accettati il ruolo delle donne dovrebbe essere remissivo, sensibile, emotivo, incline alla cura delle cose e delle persone e ai compiti tradizionalmente femminili come l’educazione e l’assistenza. Il ruolo degli uomini invece dovrebbe caratterizzarsi dall’essere forti, non esternare le emozioni, essere combattivi, dominanti, responsabili del denaro e sicuri di sé. Cliché che danneggiano entrambi i sessi e che producono disuguaglianze sociali, soprattutto nei confronti delle donne e di tutte le persone che non si identificano con il binarismo di genere.

Diventa quindi necessario che il corpo insegnante sia dotato degli strumenti adeguati per decostruire gli stereotipi di genere e fornire ad allieve e allievi la possibilità di crescere liberamente, nel rispetto di sé e delle differenze.

Il genere nell’insegnamento

Considerare la dimensione di genere nell’insegnamento costituisce pertanto un’occasione preziosa per promuovere le pari opportunità nella formazione, soprattutto modificando le pratiche didattiche, che ancora oggi sono declinate prevalentemente al maschile. La sottorappresentanza del femminile è un problema che concerne in particolare le allieve, le quali si ritrovano con pochi o nessun modello di identificazione. Tale assenza concorre poi a creare visioni stereotipate sul maschile e sul femminile, che hanno un impatto anche sui percorsi formativi e professionali delle ragazze e dei ragazzi.

Basta infatti consultare le statistiche relative ai tirocini o alle scelte di studio per notare che esistono ancora significative differenze di genere. Tutto quello che concerne le cosiddette STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) è preferito dagli uomini, mentre le donne sono maggioritarie nei lavori di cura e nell’ambito delle scienze umane. Non è un caso che in molti istituti di formazione, tra cui la SUPSI, siano promosse delle giornate di sensibilizzazione per favorire le carriere atipiche tra i e le giovani, ne è un esempio la Giornata Nuovo Futuro.


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La scuola può contribuire in maniera determinante alla promozione delle pari opportunità

Attenzione alla lingua

Un’educazione attenta alla dimensione di genere agisce su più livelli. Un aspetto trasversale che riguarda tutti gli ordini di scuola e tutte le materie è la lingua, che è il principale veicolo dei nostri pensieri. L’italiano è una lingua androcentrica, ovvero tende a usare il maschile con un’accezione universale; questo è un fattore simbolico da non banalizzare perché penalizza le bambine durante tutta la fase di apprendimento, costringendole a sforzi di identificazione e astrazione che i loro compagni non devono fare.

Inoltre, la lingua ci dice molto anche del valore che attribuiamo ai due sessi. Pensiamo semplicemente a quando diciamo a un bambino che è una "femminuccia", pur essendo un vezzeggiativo è utilizzato come un dispregiativo; mentre "maschiaccio", se attribuito a una bambina, non è utilizzato con lo stesso sprezzo, anzi, potrebbe addirittura essere un complimento.

Sarebbe dunque indispensabile evitare di trasmettere e alimentare quella visione che, come ricordava la linguista Alma Sabatini, "induce fatalmente a giudizi che sminuiscono, ridimensionano e, in definitiva, penalizzano" il ruolo delle donne. Essendo la società composta in pari misura da uomini e donne, un uso della lingua che tenga conto anche del femminile è un modo di rappresentare in maniera obiettiva ed equa la realtà.

Attenzione ai materiali e agli atteggiamenti

Al fine di realizzare pratiche didattiche attente al genere è indispensabile anche una riflessione sui materiali proposti in classe, che siano essi giochi, testi di narrativa o manuali. L’editoria scolastica dimostra un crescente interesse per l’educazione al genere e vi sono collane di libri pensate per educare alla de-costruzione dello stereotipo e alla valorizzazione delle differenze.

Infine, per tenere conto del genere nelle pratiche didattiche, è essenziale che ogni insegnante intraprenda una riflessione sulla propria soggettività, perché il genere concerne i valori, i condizionamenti culturali, le esperienze e le aspettative di ogni persona; tocca quindi la sfera individuale e identitaria di tutte e tutti. Nel contesto scolastico è pertanto fondamentale prestare attenzione anche agli aspetti relazionali e comunicativi legati al "curriculum nascosto", ossia a tutte quelle interazioni informali che possono concorrere a decostruire o rafforzare gli stereotipi di genere, magari attraverso interpretazioni semplicistiche che riducono a fattori biologici questioni ben più complesse.

Come docenti dovremmo quindi innanzitutto plasmare il nostro atteggiamento, per esempio sforzandoci di usare un linguaggio inclusivo, prestando attenzione allo spazio di parola e intervento che concediamo alle nostre allieve e ai nostri allievi, riflettendo sulle nostre personali aspettative legate all’identità e ai ruoli di genere.

Perché educare al genere

Una recente ricerca relativa al divario retributivo di genere in Svizzera, pubblicata alcune settimane fa, ha mostrato che a parità di competenze le donne nel corso della carriera professionale percepiscono il 43% in meno rispetto ai colleghi di sesso maschile. Di fronte a questi dati allarmanti è doveroso interrogarsi sul ruolo che può assumere la scuola per prevenire le disuguaglianze e perseguire quegli ideali paritari che sono iscritti da oltre quarant’anni nella nostra Costituzione.

Nella convinzione che l’educazione possa contribuire in maniera determinante alla promozione delle pari opportunità, chi scrive tiene da cinque anni, presso il Dipartimento formazione e apprendimento della SUPSI, un corso di educazione al genere per le studentesse e gli studenti del bachelor in insegnamento nella scuola dell’infanzia ed elementare. Il corso, proposto in forma opzionale, ha sempre raggiunto e superato il numero di iscrizioni necessarie alla sua attivazione, dimostrando così di rispondere a un’esigenza formativa sempre più sentita dal corpo insegnante.

*docente senior in didattica della storia e dell’educazione civica, referente servizio Gender e Diversity, Dipartimento formazione e apprendimento, SUPSI

Una rubrica a cura del Dfa, dipartimento formazione e apprendimento

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