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Le sfide che la scuola deve cogliere

Non va taciuto che in alcune sedi la didattica a distanza non è stata impeccabile, e il lassismo di alcuni docenti lo hanno pagato allievi e famiglie

Ti-Press
18 giugno 2020
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Perché la responsabilità individuale richiesta alla popolazione possa poggiare su una fiducia reciproca che porti, appunto, il cittadino a vedere un senso nel proprio sforzo è imprescindibile che le istituzioni - lo Stato in senso lato, la scuola nel caso concreto - compiano un passo verso il cittadino stesso. Chiedere senza offrire è pericoloso. E ciò che deve essere offerto è il senso di sicurezza, in tutte le sue accezioni.

Per questo motivo si accoglie con favore l’intenzione del Decs di far riprendere la scuola in presenza, con il nuovo anno scolastico che vedrà il via il 31 agosto. Ancor più lascia tirare un sospiro di sollievo l’assicurazione giunta sempre dal Decs che per i docenti saranno previste formazioni particolari, sul piano didattico e su quello digitale, cosicché se si dovesse nuovamente tornare a una modalità d’insegnamento ibrida - in presenza e a casa - si possa evitare di ripetere quanto non ha funzionato. Analizzare i punti dolenti di queste settimane è utile a tutti. Anche nell’interesse dei moltissimi docenti che si sono sforzati con creatività e inventiva di rendere più coinvolgente e didatticamente denso il periodo a casa degli allievi. Un lavoro, questo, messo un po’ in ombra da quei docenti che hanno sottovalutato il loro compito di accompagnamento dei giovani nella fase a distanza e ibrida. Perché non va taciuto che in alcune sedi l’organizzazione non è stata fatta con tutti i crismi, portando alcuni insegnanti a un certo lassismo pagato dagli allievi. Con una grave conseguenza, cioè creare disparità nell’apprendimento e alimentando disuguaglianze. Laddove la famiglia ha potuto sopperire, essendo in casa e fornendo tutti i mezzi anche tecnologici, è andata bene. In contesti più complicati invece i ragazzi rischiano di essere lasciati troppo soli a fronteggiare momenti, psicologicamente e non solo, difficili.

Ebbene, compito della scuola in questa estate di consultazioni e di analisi di possibili scenari futuri è quello sì di lavorare a pieno ritmo per farsi trovare pronta nel caso in cui la pandemia riprendesse forza. Ma correggendo tutto quello che non ha funzionato. Capendo, anche a livello di sede e non solo di direttiva dall’alto, come evitare che ci siano differenze tra ‘stili’, chiamiamoli così, d’insegnamento e soprattutto agire affinché le famiglie non abbiano più la percezione che i loro figli non siano abbastanza seguiti. Ascoltando non solo i graditi plausi, ma le critiche che se ben interpretate potranno fare solo il bene degli allievi e di tutta l’istituzione scuola. Facendo quel passo, con orecchio teso e disponibile, verso la cittadinanza di cui si diceva prima. Esattamente come fatto con il progetto ‘Più duale plus’ in difesa dei posti di apprendistato. Sostegno economico alle aziende formatrici e più flessibilità amministrativa aiuteranno a superare certe reticenze nell’offrire contratti, figlie della paura del momento. Importante sarà anche l’anno base, in particolare per quei settori particolarmente colpiti come ristorazione e albergheria che permetterà l’inserimento in azienda a partire dal secondo anno di apprendistato.

Questa pandemia, con le relative chiusure decise dalla politica per fronteggiarla, a livello globale accrescerà le disuguaglianze. Formare i giovani è il primo passo per garantire loro un futuro, per fornirgli le competenze ma anche gli elementi per vivere e combattere appieno le sfide che ci aspettano. È tendere una mano alle famiglie preoccupate.

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