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Diritti e libertà limitate dal virus? La democrazia è viva!

C’è chi chiede di andarci a riprendere le nostre libertà limitate. E che fare col vaccino e l’App?

20 maggio 2020
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‘Si è accettato di tutto – anche troppo – con la giustificazione che ne andasse della nostra salute. Ora basta, riprendiamoci libertà e diritti!’. Smorzatasi l’emergenza pandemica, ecco il pensiero arcicritico verso l’operato delle autorità diffuso in alcuni gruppi di cittadini – esponenti perlopiù dell’estrema sinistra/destra – scesi in piazza in alcune città svizzere. Ad accomunare tali frange dalle contrapposte visioni, è la volontà di manifestare contro lo Stato che ha imposto misure eccezionali riducendo il nostro spazio di vita. Sono volate anche espressioni pesanti quali ‘Gesundheitsfascismus’ (il fascismo della salute), come a voler affermare che lo Stato – considerato, negli ambienti citati, da sempre oppressore e controllore – stia approfittando dell’emergenza sanitaria, esagerando gli allarmi per arrogarsi più potere a scapito delle nostre libertà. C’è persino chi – come la figlia (anziana) di Friedrich Dürrenmatt, pure lei fra i dimostranti – si è stupita pubblicamente per la chiusura temporanea delle scuole anche se voluta per salvare delle vite e per la sospensione della democrazia. La donna, col suo deambulatore, lei stessa nelle categorie a rischio, è diventata una sorta di simbolo-contro.

Quante limitazioni!

A dire il vero, di limitazioni ce ne sono state molte e non si può negare la loro natura eccezionale: nel potersi muovere, riunire, fare la spesa se over 65 (anche se si è trattato di un invito) o votare. Anche ai giornalisti è stato reso più difficoltoso lavorare, con una prassi restrittiva durante le conferenze stampa a Bellinzona, rispetto a quella più vicina alla normalità adottata a Berna. Diritti ridotti e ora in parte riattivati. In ogni caso, adesso, altri capitoli si stanno aprendo quanto a equilibrio da trovare fra difesa della salute collettiva e libertà individuali.

Ora è la volta del vaccino e dell'App

Eccone due: il possibile obbligo di vaccinarsi (lo accetteranno tutti?) e l’App per tracciare i contatti. Proprio sull’applicazione (‘made’ al Poli) si sono già scontrati fronti opposti, coi dubbi sulla vera protezione di cui godranno i dati raccolti. Dubbi a loro volta nutriti dai sospetti nei confronti dei Big tech Usa, già onnipotenti e dopo la crisi Covid-19 ancora più forti e capillarmente presenti nelle nostre vite. Il dibattito è solo all’inizio. La contestazione emergente (estrema) dice che la popolazione è disposta a rinunciare in momenti di grave crisi ai propri diritti/libertà per salvaguardare la propria salute, ma che, passata la fase acuta, non dobbiamo più accettare supinamente la loro riduzione.

Prossimo banco di prova in autunno

Il prossimo banco di prova rischia quindi di essere l’autunno con la famigerata possibile seconda ondata. Ci auguriamo che chi ci governa capisca che non può più consentire alleggerimenti sul fronte sanitario in nome del risparmio e che sappia ben spiegare ciò che deciderà di fare. Ma anche su altri fronti caldi occorrerà un cambio di passo: per esempio quello dei mercati finanziari, della globalizzazione, dell’inquinamento, dell’esigenza del recupero di una dimensione più locale e rispettosa della natura. Quanto ai contestatari, diciamo che la miglior risposta di una democrazia sana è proprio che possano dire la loro apertamente e il Paese discuta. Qui è possibile farlo, ma non ovunque. Avete presente la Cina e la sua piazza?

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