Commento

Mai sottovalutare le piazze!

Dalla crisi dei partiti storici a quella della Lega dei ticinesi: il ruolo giocato dalla piazza e dalla democrazia diretta

24 ottobre 2019
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Quanti spunti le federali! Per esempio la crisi della Lega e il disagio del Plr. 25 anni fa fu la Lega a sfidare i due partitoni, Ppd prima Plr poi, con la mobilitazione delle piazze e l’uso di nuovi linguaggi. Ricordate la carovana della libertà, o il presidentissimo a processo vestito da Di Pietro? Oggi sono i Verdi a stupire, riempiendo le piazze e rintuzzando la Lega. Tanto che alcuni eredi del Nano, frastornati, vorrebbero tornare alle origini, far uso degli strumenti della democrazia diretta. Diritti all’origine del successo del movimento. Ricordate? Anche il no ai caschi blu! Già, ma allora le truppe erano spronate da un anarchico, tale Giuliano Bignasca (irripetibile), che gli eredi continuano a menzionare (quasi a invocare). Va anche detto che ai suoi albori la Lega non aveva due ministri e poteva ‘urlarsi’ fuori. Ora il giocattolo politico mostra i suoi limiti nello stare sia fuori dal Palazzo (poco) e (molto) in governo. I colonnelli non si sono accorti che, proprio attorno alla Foca delle Orsoline e non solo, l’aria è cambiata e che sui temi del no all’Europa, cari ai Quadri domenicali, se ne stanno imponendo altri. Quando la Lega crebbe, complice anche il vento insubrico, era successa la stessa cosa: i partiti storici non avevano captato. Ora anche la Lega è entrata nel club. E adesso? Davanti all’iceberg verde, i Plr stanno facendo di tutto per attirare i voti mancanti nei centri (Bellinzona e Locarno) al competente Giovanni Merlini, sperando che il patto col Ppd funzioni secondo accordo. Anche i dirigenti leghisti incrociano le dita. La base seguirà l’Udc Marco Chiesa? Bella domanda. Vero è che lui fa parte di quella partitocrazia tanto avversata dai Bignasca. Per anni hanno detto che la Lega non prende ordini né da Berna né da Zurigo e nessuno ha dimenticato le parole di Attilio Bignasca quando definì Chiesa di cagnolino della signora Martullo Blocher. Traduciamo: il candidato, anche quale vicepresidente nazionale dell’Udc, non risponde agli interessi del Ticino, o alle idee di via Monte Boglia, ma a quelli della Bahnhofstrasse. E ciò potrebbe spingere alcuni leghisti a non sprecare il voto per il ballottaggio. Anche perché, se eletto, potrebbe bloccare per anni il seggio al Senato, impedendo ad esempio a Gobbi di accedervi. Per non parlare di un possibile ritorno in Ticino quale candidato al governo. E poi… E poi nei fatti c’è il tema che ha favorito l’asse rosso verde e che sarà difficile da banalizzare nell’immediato (=ballottaggio): quello del clima. È l’elemento imponderabile caduto dal cielo che ha mosso le piazze, il deus ex machina di queste elezioni. Anche negli anni Novanta con la Lega, qualcuno sperava che la novità piazzaiola fosse passeggera. Non lo è stata. Ora, di fronte all’onda verde, vecchi politici si sono affrettati a teorizzare il medesimo declino. Davvero? I cambiamenti climatici sono lì da vedere, anche solo coi ghiacciai che si sciolgono. Negarli? Oltre che pericoloso, è anche impossibile. E sempre i vecchi politici già si siedono in riva al fiume puntando il dito contro le future ecotasse, certi che il popolo volterà presto le spalle al nuovo. In verità non hanno capito cosa sta capitando. Anche perché quelle tasse – se è vero quanto si dice – potranno essere ridate sotto forma di aiuti al ceto medio, o devoluti ad altri compiti pro collettività. Insomma, mai sottovalutare le piazze! Se la Lega lo ha fatto, sbeffeggiando chi si preoccupa del nostro mondo, è perché gli anni sono passati anche per lei. Ora è seduta sul velluto delle poltrone dentro il palazzo. Tanto che qualcuno ha già usato un nuovo termine: la Lega democratica. Come per dire che la Lega originale ha forse esaurito la funzione storica. Non uno qualsiasi: il sindaco di Lugano Marco Borradori alla Rsi. Frase passata un po’ inosservata, che merita di passare sotto la lente. Eccome se merita!

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