Commento

L'effetto Greta Gysin c'è stato eccome

Ora inizia la contesa per gli Stati, competizione più aperta che mai con ben quattro contendenti

21 ottobre 2019
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L’effetto Greta c’è stato davvero, dirompente, non solo nelle piazze e nei sondaggi, ma pure alle urne, provocando un’avanzata senza precedenti dei Verdi (anche a scapito del Pss) e, nell’area borghese, dei Verdi liberali. Avanzata che a Berna ha già acceso la miccia del dibattito attorno all’attuale formula magica. Nel mirino dei vincitori, che già rivendicano un seggio tutto verde in governo, una delle due poltronissime liberali. Il guanto della sfida è stato lanciato dalla presidente ecologista, subito appoggiata dai vertici socialisti. Si vedrà. A conti fatti molto dell’esito della partita per i posti nella stanza dei bottoni dipenderà da come al rinnovo del governo voteranno le forze di centro dell’Assemblea federale. Più precisamente il Ppd, in alcuni cantoni alleato del Plr di Cassis, e i Verdi liberali.

L’onda lunga della difesa dell’ambiente si è fatta sentire anche sul piano cantonale portando la Greta ticinese dritta a Berna con un risultato eccellente. Segno che, anche al Sud delle Alpi, la voglia di una nuova politica ambientale ha fatto breccia grazie a volti più credibili rispetto a prima (era Savoia) e a politici capaci di tessere alleanze.

Altro insegnamento, guardando poi agli sconfitti, è che si premia l’originale e non le copie dell’ultima ora. In tal senso, la svolta verde del Plr di Petra Gössi (che è pure fra i perdenti) fatta nel corso dell’estate non è stata sufficiente, né tantomeno creduta autentica. Anzi, può aver fatto più male che bene. Come più male che bene sembra aver fatto al partito di Bixio Caprara l’alleanza pragmatica col Ppd, visto il successo di Filippo Lombardi nella prima tornata per gli Stati e il risultato particolarmente insoddisfacente di Giovanni Merlini. L’alleanza – che ha salvato un seggio nel Ppd – non doveva servire anche a sostenere sul fronte Plr proprio Giovanni Merlini agli Stati? Segno che una parte dei liberali non si è recata alle urne (insoddisfatta dell’accordo Dadò-Caprara?) e che dal Ppd è arrivato meno di quanto si credeva.

Fra i grandi sconfitti c’è poi la Lega che nel 2019 ha già subito una scoppola alle cantonali (perdendo 4 deputati) e ora ne registra una seconda (doppia) nella corsa verso Berna. Lascia sul campo Roberta Pantani (deputata uscente!), permettendo a Greta Gysin di segnare un gol sulla sinistra verde-rossa, mentre il candidato leghista agli Stati Battista Ghiggia si è dimostrato essere poco più di un petardo bagnato. Visto il suo comportamento nell’assunzione di segretarie frontaliere non poteva essere altrimenti, tant’è che è stato stra-favorito Marco Chiesa, più coerente quando parla di preferenza indigena. Comunque sia, per la Lega dei colonnelli, partito di maggioranza relativa, si pone grosso un problema: oltre a quello della credibilità, anche quello del saper individuare i temi che stanno a cuore al suo elettorato (quello classico dei bilaterali non era fra le preoccupazioni numero uno di questa campagna). Anche inascoltato in seno al movimento il monito di qualche settimana fa di Bignasca jr: questa Lega non sarebbe piaciuta al Nano! Già, ecco la conferma... E in conclusione una domanda che resta senza risposta: chi comanda davvero in via Monte Boglia?

Ora inizia la fase della contesa per gli Stati: la competizione è più che aperta con ben quattro contendenti appartenenti alle tre alleanze/congiunzioni: al centro la coppia Lombardi-Merlini e sulle ali l’Udc Marco Chiesa e la socialista Marina Carobbio. La sfida è apertissima. Oltre che sui temi, si giocherà sui sostegni. In tal senso legittimo chiedersi: i Ppd verranno davvero in aiuto a Giovanni Merlini? E poi: i leghisti avranno voglia di recarsi alle urne per regalare voti all’Udc, partito che sorride mentre loro si leccano le ferite?

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