Commento

Il risparmio tradito

Tassi negativi e rendimenti prossimi allo zero stanno ipotecando il futuro previdenziale di una generazione di giovani lavoratori

Il risparmio è ormai una virtù difficile da praticare (Ti-Press)
31 agosto 2019
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Un decennio o quasi di tassi d’interesse negativi sta lasciando il segno, soprattutto sulla previdenza per la vecchiaia dei più giovani. In pratica, stando a quanto pubblicato negli scorsi giorni da comparis.ch, chi ha oggi trent’anni rischia di perdere al momento del pensionamento fino a un terzo del suo capitale di cassa pensioni rispetto alle promesse di soli dieci anni fa. E con un capitale più basso anche le rendite saranno più piccole. Insomma, c’è una generazione di giovani lavoratori che potrebbe diventare – restando così le cose ancora a lungo – una futura generazione di pensionati più poveri rispetto a coloro che già oggi si trovano in meritata quiescenza. Se a questo uniamo le riforme prossime venture dell’Avs, ovviamente in senso restrittivo, il quadro non migliora affatto. Un fatto è certo: i nonni di domani staranno peggio di quelli di oggi.

La stampella su cui potranno appoggiarsi sarà quella del risparmio individuale, sempre se nel frattempo saranno riusciti a mettere da parte qualche franco e malattie e accidenti vari, che nella vita possono sempre capitare (come cantava Guccini), non avranno eroso anche questo ipotetico gruzzoletto visto che siamo nella situazione che qualunque piano di risparmio (collettivo o individuale) dovrà scontare per forza di cose l’attuale politica monetaria espansiva delle banche centrali, basata su tassi negativi o prossimi allo zero ancora a lungo.

La prima conseguenza è la fuga dei risparmiatori classici dal rendimento fisso (pochi, maledetti e subito) garantito fino a pochi anni fa dalle obbligazioni. Non parliamo dei conti risparmio che ‘pagano’ lo 0,01-0,5% l’anno e solo per importi inferiori ai 100mila franchi. Sopra questa soglia, il rendimento non copre quasi più le spese di gestione o è addirittura negativo. Attualmente, infatti, a livello globale oltre 1300 miliardi di dollari di titoli obbligazionari rendono meno di zero. Altre centinaia di miliardi di obbligazioni decennali hanno un rendimento pari o inferiore al tasso d’inflazione. Tutto trama affinché anche il più oculato e prudente risparmiatore che nulla o poco sa di azioni e strumenti finanziari vari sia spinto verso le acque agitate del mercato azionario. Pensionati, operai e impiegati tutti appassionatamente sull’ottovolante finanziario quotidiano e uniti dalla paura di perdere quel poco che hanno faticosamente messo da parte e sottratto al consumo. Perché il risparmio non è altro che consumo differito.

La soluzione suggerita dagli esperti di comparis.ch e fatta propria anche da una parte del mondo politico (il consigliere nazionale Erich Ettlin del Ppd) è proprio quella di compensare il minore rendimento futuro dei primi due pilastri previdenziali (Avs e cassa pensioni) con quote di capitale più elevate destinate alla previdenza integrativa 3a (di fatto fondi d’investimento azionari) e incentivate dal punto di vista fiscale: la collettività rinuncia a entrate tributarie oggi, per avere pensionati meno poveri domani. Un do ut des plausibile se si immagina una vita lavorativa regolare e redditi crescenti. Cosa che non è più così da tempo e men che meno per i giovani che entrano nel mondo del lavoro sempre più tardi, in modo intermittente e a salari stagnanti nella migliore delle ipotesi. Privarsi di ulteriore consumo durante la vita lavorativa per avere più soldi da anziani somiglia più a un atto di fede che a una certezza.
È un futuro per nulla roseo, quello visto dagli occhi di un trentenne, ma pure di un quarantenne, di oggi. Anche nella placida e previdente Svizzera.

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