Il piano in 28 punti messo sul tavolo di Kiev dagli Usa sembra mettere definitivamente fine alle ambizioni del presidente ucraino Volodymyr Zelensky di una "pace dignitosa". Ed é per questo che l'Europa proverà in tutti i modi a intervenire per modificare i passaggi più critici.
Tra questi l'ipotesi che Mosca venga reintegrata nell'economia globale, con il ritorno nel G8 e un accordo di cooperazione con gli Stati Uniti. Insomma, una riabilitazione totale per Vladimir Putin su cui pende una mandato di arresto della Corte penale internazionale (Cpi).
Non va meglio per quanto riguarda l'integrità territoriale ucraina. Le regioni di Kherson e Zaporizhzhia resterebbero congelate sulla linea di contatto, con un riconoscimento implicito dello status quo. La Crimea, occupata illegalmente da Mosca nel 2014, il Lugansk e il Donetsk verrebbero poi riconosciute come russe de facto, anche dagli Stati Uniti. Una scelta che fotograferebbe solo parzialmente la situazione attuale dal momento che, secondo le stime, Kiev controlla ancora circa il 12% del Donbass.
L'esercito di difesa dovrebbe così arretrare, lasciando quella parte di territorio come zona cuscinetto. Difficile spiegarlo alle centinaia di migliaia di persone morte o ferite per difendere quel territorio in questi quasi 4 anni di guerra. Come difficile sarebbe far accettare all'esercito una riduzione di un terzo degli effettivi, che nell'idea statunitense passerebbero da 900 mila a 600 mila. Un'opzione che preoccupa anche i leader dell'Unione europea e del G7, come fatto sapere dal G20 sudafricano.
A compensare queste perdite non bastano le garanzie di sicurezza che rischiano di creare, piuttosto, un paradosso: da un lato un patto di non aggressione Russia-Kiev-Ue e persino una risposta militare modellata sull'articolo 5 della Nato; dall'altro l'impegno costituzionale ucraino a non entrare nel Patto Atlantico, niente truppe Nato sul suo territorio e il blocco permanente all'adesione di Kiev da parte dell'Alleanza.
Sempre secondo il piano, i jet europei sarebbero schierati in Polonia per fare da "scudo", ma la cornice politica resterebbe fragile. E non tranquillizza l'ipotesi che il Cremlino stipuli per legge la sua politica di non aggressione. Ma non è solo la sicurezza a preoccupare. Nel piano c'è anche l'obbligo per l'Ucraina di andare a elezioni entro 100 giorni e un'amnistia totale per tutte le parti in conflitto: un'accelerazione che, nella lettura ucraina, rischia di cristallizzare un Paese indebolito.
La ricostruzione è l'altra colonna portante del progetto. La centrale di Zaporizhzhia, ora in mano al Cremlino ma teoricamente di proprietà di Kiev, sarà sotto la supervisione dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea). Ma l'elettricità sarà divisa al 50% tra Mosca e Kiev.
Previsto, però, un pacchetto per la ricostruzione, tra cui l'istituzione di un Fondo di sviluppo e uno speciale programma della Banca Mondiale. Da valutare, invece, il discorso beni di Mosca. Cento miliardi di dollari di asset russi congelati verrebbero investiti in Ucraina attraverso progetti guidati dagli Usa, che riceverebbero il 50% dei benefici. L'Europa aggiungerebbe altri 100 miliardi, mentre i fondi russi rimanenti confluirebbero in un veicolo finanziario congiunto Usa-Russia. Una leva economica enorme, ma che lega il futuro di Kiev alle priorità di Washington e ai nuovi equilibri con Mosca.