L’amministrazione Trump: agenda globalista e ideologica per lo sviluppo internazionale in contrasto con la nostra politica estera ‘America First’

Gli Stati Uniti si ritirano un’altra volta dall’Unesco. Lo fanno citando una “agenda globalista e ideologica per lo sviluppo internazionale in contrasto con la nostra politica estera ‘America First’”. Pertanto, un coinvolgimento continuativo nell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura “non è nell’interesse nazionale degli Stati Uniti”, si legge in una nota del Dipartimento di Stato. Il ritiro sarà effettivo al 31 dicembre 2026.
La portavoce Tammy Bruce ha definito la decisione di ammettere lo ‘Stato di Palestina’ come Stato membro “altamente problematica, contraria alla politica statunitense”, nonché capace di contribuire “alla proliferazione della retorica anti-israeliana all’interno dell’organizzazione”. Ma non è solo questo. “L’Unesco – prosegue la nota del Dipartimento di Stato – si impegna a promuovere cause sociali e culturali divisive e mantiene un’attenzione sproporzionata sugli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite”.
“Profondo rammarico” è stato espresso dalla direttrice generale dell’Unesco, Audrey Azoulay. Tuttavia, ha aggiunto, “per quanto deplorevole possa essere, questo annuncio era previsto e l’Unesco si stava preparando”.
Washington aveva già lasciato l’agenzia specializzata dell’Onu durante il primo mandato di Donald Trump, alla fine del 2018, per poi rientrarvi nel giugno 2023. Poco dopo il suo ritorno alla Casa Bianca, lo scorso febbraio Trump ha firmato un ordine esecutivo che formalizza la fine del coinvolgimento degli Stati Uniti in diversi organismi delle Nazioni Unite.
Secondo uno stretto consigliere del presidente, questo decreto aveva anche lo scopo di “riesaminare il coinvolgimento americano nell’Unesco”, a causa del suo “pregiudizio antiamericano”. L’esame è stato svolto sotto la conduzione del segretario di Stato Marco Rubio, in coordinamento con l’ambasciatore americano ad interim presso le Nazioni Unite, Dorothy Shea.