La società di prenotazione alloggi applicava scorrettamente il ‘reverse change’, ovvero poneva l'Iva a carico dell'host anche quando ciò non era possibile
La nota società di prenotazione di alberghi e appartamenti Booking.com Bv, con sede in Olanda, ha versato al fisco italiano 94 milioni di euro, attraverso una procedura di adesione con l'Agenzia delle Entrate, chiudendo un contenzioso tributario per mancata presentazione della dichiarazione ai fini Iva per gli anni dal 2013 al 2021 ed evitando il sequestro. L'evasione era stata scoperta dalla guardia di finanza di Chiavari coordinata dalla procura di Genova.
Dall'inchiesta era emerso che Booking.com fatturava le prestazioni di intermediazione online rese in favore di tutti gli albergatori/affittacamere "inserzionisti" senza percepire la relativa Iva ed applicando per tutti i clienti italiani, indistintamente, il cosiddetto meccanismo del reverse-charge, in forza del quale l'Iva su ciascuna prestazione è dovuta non dal fornitore ma dal committente (in questo caso dall'albergatore o "affittacamere") ma solo se titolare della relativa partita.
L'indagine della Procura di Genova si è sviluppata anche grazie alla documentazione fornita dall'autorità giudiziaria olandese, dopo una riunione di coordinamento a ottobre 2022 nella sede di Eurojust. Booking sul piano tributario per l'anno 2022, conformemente a quanto richiesto dall'Agenzia, ha presentato la dichiarazione a fini Iva in Italia, per un'imposta pari ad oltre 19 milioni di euro. Ha inoltre adottato un modello organizzativo conforme all'impostazione del fisco italiano, in ragione del quale se il cliente albergatore non fornisce partita Iva o se fornisce alla società un numero di partita Iva non valido per l'Ue, Booking applicherà l'Iva al 22% sulla fattura e provvederà a compilare la dichiarazione e al relativo pagamento dell'imposta in Italia su tutte le transazioni con privati non titolari di partita Iva.