Estero

Netanyahu risponde picche a Blinken sulla ‘pausa umanitaria’

‘Prima vengano liberati gli ostaggi’, ribadisce il premier. Il capo di Hezbollah tuona contro Israele.

Il Segretario di Stato americano (a sinistra) è tornato oggi a vedere il premier israeliano
(Keystone)
3 novembre 2023
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Tel Aviv/Beirut – "Passi concreti" per accelerare l'ingresso degli aiuti nella Striscia di Gaza e per evitare la strage quotidiana di civili palestinesi. Il messaggio che Antony Blinken consegna nelle mani di Benjamin Netanyahu è forte, e riflette le enormi preoccupazioni dell'amministrazione Biden: quelle legate ai rischi di un'escalation del conflitto in Medio Oriente e dell'ondata di antisemitismo in America e in Europa. Ma le parole del premier israeliano gelano la richiesta del segretario di Stato Usa di una "pausa umanitaria" immediata: "Non se ne parla. Nessun cessate il fuoco temporaneo senza prima il rilascio degli ostaggi in mano ad Hamas".

Non facile la missione di Blinken, sbarcato a Tel Aviv con un duplice obiettivo: rimarcare la ferma posizione degli Usa a fianco di Israele ("non sarà mai solo"), ma anche indurre il governo alleato ad una maggiore moderazione nel corso dell'azione militare su Gaza. L'offensiva israeliana, premette il segretario di Stato Usa, "è la cosa giusta e lecita da fare. E se Israele non lo facesse farebbe il gioco di Hamas e di altri gruppi terroristici". Ma, il monito del capo della diplomazia Usa, "bisogna fare di più per proteggere i civili palestinesi", perché - sottolinea coi giornalisti a margine della visita - il modo in cui Israele conduce la sua campagna militare "conta".

Doccia fredda

Conta eccome, anche sul futuro dei rapporti con gli alleati arabi che Blinken si appresta a vedere ad Amman, dove arriverà da Tel Aviv per incontrare i capi della diplomazia di Egitto, Anp, Arabia Saudita, Emirati Arabi e Qatar. Visibilmente scosso dopo aver visionato i video dell'orrore del 7 ottobre, il giorno del massacro di Hamas, Blinken ha promesso che gli Stati Uniti "faranno di tutto per evitare altri attacchi" e "sono determinati" a non aprire altri fronti di guerra (vedi l'Iran e gli Hezbollah in Libano alla finestra). Ha però ribadito la necessità di non trasformare la reazione in vendetta.

Netanyahu però lascia poco spazio alla speranza di una possibile frenata dell'offensiva su Gaza, condotta da cielo, terra e mare. "Le nostre forze stanno operando a piena potenza su tutti fronti" e "non demorderemo fino alla vittoria e finché non avremo ripristinato la sicurezza per i nostri cittadini", assicura il premier israeliano.

Stessa richiesta dall’Europa

Ma anche dall'Europa, finora più timida e defilata, arriva in maniera più pressante la richiesta di non esasperare oltremodo la situazione a Gaza: "C'è la necessità di proteggere i civili, di evitare vittime civili e di migliorare l'accesso umanitario", le parole dell'Alto rappresentante delle politica estera della Ue, Josep Borrell, nel corso di un colloquio telefonico col ministro degli Esteri israeliano, Eli Cohen.

Più esplicito il presidente francese Emmanuel Macron: "La lotta contro il terrorismo non significa attacco indiscriminato contro le popolazioni civili", tuona l'inquilino dell'Eliseo, che annuncia una "conferenza umanitaria" il prossimo giovedì, 9 novembre, a Parigi. Conferenza che si svolgerà nel quadro del Forum della Pace in programma ogni anno in autunno nella capitale francese. "Lanciamo un appello alla tregua umanitaria - l'appello di Macron - poiché la lotta al terrorismo non giustifica il sacrificio dei civili".

Intanto, mentre Gaza brucia è sempre più alta tensione in Cisgiordania, dove i vertici militari israeliani temono che la situazione possa finire fuori controllo. Anche per le continue frizioni fra la popolazione locale e gruppi di coloni militanti. Hamas soffia sul fuoco, incitando la popolazione della Cisgiordania ad unirsi a Gaza nella lotta armata contro Israele. Jenin, nel nord del territorio, si è confermata la città più combattiva: cinque palestinesi sono rimasti uccisi in scontri con l'esercito, due dei quali da un drone militare. Altri miliziani sono stati uccisi a Hebron, Ramallah e a Tubas. Undici morti complessivamente, secondo le agenzie di stampa palestinesi.

‘Siamo in guerra dall’8 ottobre’

Gli Stati Uniti, "i primi responsabili dei crimini israeliani compiuti a Gaza", si devono preparare a una lunga guerra regionale di logoramento sui fronti palestinese, libanese, yemenita e iracheno: perché il Medio Oriente che conoscevamo prima del 7 ottobre "non esiste più", e perché "noi continueremo ad esercitare una forte pressione su Israele". Le parole di Hassan Nasrallah, leader degli Hezbollah libanesi filo-iraniani che ha oggi pronunciato il tanto atteso primo discorso pubblico dallo scoppio delle ostilità il 7 ottobre scorso, hanno messo gli Usa al centro dell'equazione bellica mediorientale tentando di mettere in secondo piano il ruolo dell'Iran.

Soprattutto, Nasrallah ha sciolto i dubbi di chi ancora temeva un allargamento regionale del conflitto in corso tra Israele e Gaza e tra Israele e il movimento sciita libanese filo-iraniano. Non scoppia nessuna guerra su più ampia scala tra Hezbollah e Israele, perché "siamo già in guerra dall'8 ottobre contro il nemico sionista", ha detto l'inamovibile segretario generale del Partito di Dio.

Nasrallah non è solo un leader politico e militare ma vanta la diretta discendenza dal profeta Maometto. Le sue parole, pronunciate in diretta tv di fronte a migliaia di seguaci assiepati a Beirut, nel sud del Libano, nella valle della Bekaa, in Iraq e Yemen, hanno dunque un peso specifico molto significativo su scala regionale.

‘Azione palestinese al 100%’

Nel suo discorso di un'ora e mezzo, Nasrallah ha annunciato un lungo conflitto di trincea contro il nemico: la nostra è una guerra lunga "che sarà vinta ai punti e non con un knock out... ci vorrà tempo prima che riusciremo ad assestare il colpo di grazia".

Il leader di Hezbollah ha poi affermato che né l'Iran né lo stesso Partito di Dio libanese erano al corrente dell'operazione di Hamas del 7 ottobre. E ha ribadito che Teheran non comanda i vertici della resistenza anti-israeliana in Libano e in Palestina. "È stata un'azione palestinese al 100%", ha detto.

Infine il messaggio diretto agli americani: fermate l'aggressione contro Gaza, "siete i primi responsabili dei crimini israeliani nella Striscia, Israele è uno strumento nelle vostre mani". "State molto attenti", ha aggiunto Nasrallah parlando sempre agli Usa, perché "i nostri compagni d'arme in Yemen e in Iraq si sono già attivati" contro obiettivi israeliani e statunitensi, in riferimento all'attacco contro il porto israeliano di Eilat, rivendicato dal governo filo-iraniano yemenita, e ai recenti botta e risposta in Iraq e Siria tra forze Usa e milizie irachene vicine a Teheran.

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