Estero

Israele vara il governo di guerra, Gaza è al buio

‘Pronti all'attacco di terra, il conflitto sarà duro e lungo’. Il fronte in Libano con Hezbollah si fa sempre più caldo

Carri armati israeliani al confine con il Libano
(Keystone)
11 ottobre 2023
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Israele vara un governo di emergenza nazionale e continua la guerra più unito che mai. Una scelta obbligata a fronte anche di quello che sta succedendo al confine con il Libano, dove la situazione scivola sempre più verso il conflitto aperto con Hezbollah. L'obiettivo, almeno per ora, resta però Hamas a Gaza, dove si susseguono senza sosta gli attacchi dal cielo contro le strutture strategiche della fazione palestinese ma anche contro i suoi capi. Oggi è stata uccisa in un raid la famiglia di Mohammed Deif, il leader militare nella Striscia, ma sotto le bombe ci sono anche i civili.


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Benyamin Netanyahu

Taglio delle forniture

Gaza tra l'altro è rimasta totalmente al buio visto che, dopo il taglio delle forniture da parte di Israele, l'unica centrale elettrica funzionante ha finito il carburante e si è spenta. Gli attacchi aerei "su scala senza precedenti" stanno martellando la Striscia e la strategia sembra volta a preparare il terreno per l'ingresso di terra - i militari si dicono "pronti" a farlo - che dovrebbe avvenire, secondo gli analisti, da nord e da sud. Gli obiettivi colpiti finora sono stati oltre 2.600. Mentre da Gaza si è infittito il lancio di razzi: secondo le stime dell'esercito israeliano, finora ne sono stati impiegati oltre 5.000. Missili sono caduti non solo nelle comunità attorno alla Striscia ma anche su Ashkelon (dove è stato centrato un ospedale) e su tutta l'area centrale di Israele, Tel Aviv compresa, nella cui area è incluso l'aeroporto internazionale Ben Gurion. I morti in Israele sono oltre 1.200 (189 soldati), con 2.700 feriti.


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Si cerca riparo dai missili lanciati da Gaza

I palestinesi sperano nella tregua

A Gaza le vittime sono arrivate a 1.055 (inclusi 11 membri dello staff dell'Onu e 30 allievi delle scuole Unrwa), i feriti sono più di 5mila e folle di palestinesi premono al valico di Rafah con l'Egitto che resta chiuso. In questo senso la tregua sta diventando una necessità. Il Cairo avrebbe infatti discusso piani con gli Stati Uniti e altri Paesi "per fornire aiuti umanitari attraverso il confine con la Striscia con un cessate il fuoco limitato", secondo quanto ha rivelato la Reuters. Mentre il portavoce del consiglio della Sicurezza nazionale John Kirby ha affermato che gli Stati Uniti stanno "attivamente lavorando per un corridoio" che consente ai civili di fuggire. Per il momento però Israele non ha commentato in alcun modo. Su tutto pesa il destino dei circa 150 ostaggi (17 sono anche cittadini Usa) razziati da Hamas nei kibbutz di frontiera e portati a Gaza. L'esercito ha detto di aver contattato le famiglie di 60 prigionieri, una parte di quelli trattenuti nell'enclave palestinese.


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Macerie a Gaza

Erdogan promuove i negoziati

Mentre il presidente turco Erdogan ha fatto sapere che negoziati sono in corso con Hamas per ottenerne la liberazione. Ma su ogni possibilità di tregua - hanno fatto notare i commentatori in Israele - pesano anche le immagini delle atrocità commesse dai miliziani nei kibbutz di Beeri o Kfar Aza, che hanno scioccato e inviperito l'opinione pubblica. Il premier Benyamin Netanyahu lo sa benissimo e per questo ha scelto la strada del governo di emergenza nazionale: dopo il clamoroso buco della sua intelligence, ora nessuna scelta potrà essere fatta senza l'adesione di maggioranza e opposizione. Non a caso nella ristretta cellula di comando che guiderà il Paese "in una guerra lunga e dura" - per usare le parole del ministero degli Esteri - ci saranno lo stesso Netanyahu, Benny Gantz (uno dei leader dell'opposizione), il ministro della Difesa Yoav Gallant, l'ex capo di stato maggiore Gadi Eisenkot (anche lui ex opposizione) e il ministro degli Affari strategici Ron Dermer. Molti auspicano che anche l'altro capo dell'opposizione, Yair Lapid, entri al più presto nel nuovo governo.


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Il ritorno a casa di una donna israelo-brasiliana

In stand-by la riforma giudiziaria

Uno dei cardini dell'accordo è che fino alla fine della guerra non si parlerà più di riforma giudiziaria, il tema che per 8 mesi ha spaccato in due Israele. Anche il super falco di estrema destra Itamar Ben Gvir ha chinato la testa, ma come ministro della Sicurezza nazionale ha invitato tutti gli israeliani ad armarsi per timore di una "rivolta araba" nelle cittadine miste del Paese. Ad offririgli un assist d'altra parte è stato l'appello alle masse arabe di Giordania, Egitto, Libano e Siria lanciato dall'ex capo di Hamas Khaled Meshal a "scendere in piazza" venerdì prossimo, primo giorno di preghiera per gli islamici dall'attacco di Hamas di sabato scorso.

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