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Commissione Onu sulle donne, Iran espulso

Continuano le proteste a Teheran. Giornalisti di media occidentali sarebbero stati arrestati per aver ripreso in strada

Proteste contro il regime iraniano a Berlino (Keystone)
14 dicembre 2022
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La censura degli ayatollah allunga lo sguardo su chiunque possa rappresentare una minaccia per il regime: gli ultimi in ordine di tempo a farne le spese sono alcuni ‘rappresentanti di media occidentali’ arrestati dalle Guardie Rivoluzionarie per aver ripreso video e immagini di "diverse situazioni" in Iran inviandoli alle loro redazioni. Secondo l’accusa, annunciata oggi con una nota sull’agenzia Irna, durante le proteste in corso da tre mesi in Iran, quelle immagini sono state passate ai social e alle tv dissidenti in lingua persiana all’estero.

L’Occidente da parte sua prova a reagire: in queste ore l’Onu ha approvato una risoluzione proposta dagli Usa per "rimuovere con effetto immediato l’Iran dalla Commissione sullo status delle donne per il resto del suo mandato 2022-2026". I 54 membri del Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite (Ecosoc) hanno approvato il testo con 29 voti a favore (compatto il sostegno dell’Ue), 8 contrari (Bolivia, Cina, Kazhakstan, Nicaragua, Nigeria, Oman, Russia, Zimbabwe) e 16 astenuti.

Gli ayatollah non ci stanno

Teheran ha commentato parlando di "bullismo degli Usa e dei suoi alleati", ma la Casa Bianca parla di "voto storico" che rafforza il "crescente consenso" affinché l’Iran "renda conto delle sue azioni". Sull’Iran è intervenuto oggi il ministro degli Esteri Antonio Tajani che al question time alla Camera ha dichiarato: "Convocherò l’ambasciatore iraniano, appena si insedierà, per manifestare la preoccupazione e l’indignazione del governo italiano per le esecuzioni dei manifestanti e la repressione delle proteste chiedendo una risposta credibile sulla tutela dei diritti umani".


Allo stadio per difendere la memoria di Mahsa Amini (Keystone)

Restano oscure intanto le contestazioni che hanno portato alla condanna a 28 anni di carcere dell’operatore umanitario belga Olivier Vandecasteele arrestato nel febbraio scorso e rimasto per 290 giorni tagliato fuori da ogni contatto con i familiari, come ha raccontato la sorella Nathalie. "La famiglia è sconvolta", ha dichiarato un portavoce dopo che il governo belga ha informato i parenti della notizia, "ve lo immaginate? Se non si trova una soluzione, resterà in prigione fino al 2050, avrà quasi 70 anni", ha detto.

Quella della Repubblica islamica è una strategia per terrorizzare dentro e fuori dai confini, come ha affermato Mahmood Amiry-Moghaddam, direttore del gruppo Iran Human Rights (Ihr): le autorità usano esecuzioni, condanne e arresti per "diffondere la paura e salvare il regime". L’Europa cerca nel mentre iniziative per fermare le impiccagioni: oggi parlamentari svedesi e tedeschi hanno assunto il patrocinio politico di alcuni dei giovani condannati alla pena capitale. Dal Bundestag Hakan Demir ha reso noto di avere assunto la garanzia politica di due fratelli, Farhad e Farzad Tahazadeh di Ashnoye, condannati a morte per aver preso parte alle proteste.

Una buona notizia

In questo clima di tensione e paura, il solo spiraglio della giornata sta nella notizia della sospensione temporanea dell’esecuzione per il 23enne Mahan Sadrat Marni, rinviata ad un ulteriore esame da parte della corte suprema iraniana. Ma Amnesty avverte: le esecuzioni sono spesso improvvise, con le autorità che emettono ed eseguono le sentenze capitali in "modo rapido". Ancor più drammatica la situazione per le persone le cui sentenze di morte non sono state rese pubbliche e che potrebbero essere impiccate "in qualsiasi momento".

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