Negoziato tra le parti è però ancora in stallo. Il presidente ucraino è pronto a riconoscere importanti perdite territoriali
Volodymyr Zelensky sarebbe pronto a sacrificare la Crimea per fermare la guerra. Il leader ucraino non lo ha detto apertamente, ma lo ha fatto intendere, aprendo ad un accordo con i russi nel caso di un loro ritiro ai confini del 23 febbraio. Da Mosca i segnali sono ambigui. Per il ministero degli Esteri i negoziati sono in "stallo", mentre Vladimir Putin è pronto a sfidare nuovamente l’Occidente, facendo volare il suo aereo per la guerra nucleare alla parata del 9 maggio. Allo stesso tempo qualcosa sembra muoversi, dopo il sì dei russi a una risoluzione unanime dell’Onu a sostegno di una soluzione diplomatica.
Il dialogo tra le parti finora ha prodotto poco o nulla, tra accuse reciproche. Zelensky lo ha ribadito anche nel 72esimo giorno di conflitto su "vasta scala". Denunciando che "non si vede alcun desiderio da parte russa di porvi fine". Stavolta però il presidente ucraino ha fatto un’apertura significativa.
Affermando, nel corso di un video-intervento a un think tank britannico, che sarebbe pronto a un’intesa se le forze di Mosca si ritirassero "sulle posizioni del 23 febbraio". Il giorno prima dell’inizio dell’invasione. In quel caso, di fatto, Kiev rinuncerebbe alla pretesa della restituzione della Crimea, annessa dai russi nel 2014. Zelensky tra l’altro ha evitato di avanzare richieste sulle zone del Donbass in mano ai filo-russi, sempre dal 2014. Mentre uno dei suoi consiglieri, Andriy Yermak, ha ribadito che il presidente è pronto a un faccia a faccia con Putin. Ed ha sottolineato che di Crimea e Donbass dovrebbero discutere i due leader. Vale a dire, Kiev non mette linee rosse.
Se i termini fossero questi, per l’Ucraina si tratterebbe di un’importante riduzione territoriale. I primi segnali da Mosca, nel corso della giornata, sono stati tutt’altro che concilianti. I colloqui "sono in fase di stallo", ha rilevato Alexey Zaitsev, vicedirettore della comunicazione del ministero degli Esteri. Affermando che il continuo aumento delle forniture occidentali di armi a Kiev sta portando ad "un’estensione delle ostilità". Da Kherson un importante parlamentare fedelissimo di Putin ha usato toni molto più aggressivi. "Resteremo per sempre nel sud dell’Ucraina", ha assicurato Andrei Turchak, segretario generale di Russia Unita, il braccio politico dello zar in Parlamento, durante una visita alla città sul delta del Dnepr controllata dagli occupanti.
Retorica infuocata a parte, qualcosa sul fronte diplomatico sembra muoversi anche al Cremlino. Un segnale è arrivato dal Palazzo di Vetro a New York. Dove il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato una dichiarazione unanime di "fermo sostegno" al segretario generale Antonio Guterres per "una soluzione pacifica" del conflitto: la prima dimostrazione di unità dei 15 dall’inizio dell’invasione, soprattutto con il sì della Russia, oltre che della Cina.
In Occidente, comunque, in attesa di segnali concreti di de-escalation da parte di Putin, la parola d‘ordine resta quella di isolare la Russia. La Germania, presidente di turno del G7, ha convocato una riunione virtuale dei leader domenica, per discutere di nuove sanzioni. Al vertice parteciperà anche Zelensky, che ha invitato il cancelliere tedesco Olaf Scholz a Kiev il 9 maggio. Per il leader ucraino sarebbe un "gesto potente", nel giorno in cui Putin mostrerà i muscoli al mondo durante le celebrazioni della vittoria dell‘Urss sul nazismo. Alla fatidica parata sulla Piazza Rossa lo zar farà parlare soprattutto il suo imponente arsenale militare. Nei cieli della capitale sfrecceranno i caccia supersonici e i bombardieri strategici Tu-160, in sorvolo sulla Cattedrale di San Basilio. E per dimostrare che è pronto a tutto, anche allo scenario peggiore, Putin mostrerà (per la prima volta dal 2010) l’aereo Il-80 ’Doomsday’, che trasporterebbe i vertici russi in caso di guerra nucleare, diventando il loro centro di comando: un avvertimento all’Occidente, appunto, da ’giorno del giudizio’. Da Washington Joe Biden risponderà firmando la legge che velocizzerà la fornitura di armi all’Ucraina. Proprio il 9 maggio, che tra l’altro è anche la festa dell’Europa unita.