Estero

Draghi, Scholz e Macron da Zelensky: ‘Ucraina nell’Ue’

Intanto nel Donbass proseguono i combattimenti: ‘I russi attaccano da nove direzioni, perdiamo 500 soldati al giorno’

Zelensky ‘circondato’ dai tre big
(Keystone)

"Il messaggio più importante della nostra visita è che vogliamo l’Ucraina nell’Ue, vogliamo che abbia lo status di candidato e sosterremo questa posizione nel prossimo Consiglio europeo. Zelensky sa che è una strada da percorrere, non solo un passo". A Kiev per la prima visita dall’inizio della guerra insieme ai leader di Francia, Germania e Romania, il premier italiano Mario Draghi lancia la lunga corsa dell’Ucraina verso il traguardo di Bruxelles. In una missione dal forte valore simbolico, che prima dell’incontro al palazzo presidenziale con Zelensky lo ha portato a toccare con mano la devastazione di Irpin, una città alla periferia di Kiev - dove, ha detto, "ho sentito orrore e speranza, speranza per la ricostruzione e per il futuro" -, il presidente del Consiglio ha proposto un messaggio di unità con il capo dello Stato francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz. "Siamo riusciti ad avere una posizione comune e proporre l’Ucraina come Paese candidato immediatamente, non è una conquista da poco. Noi cerchiamo l’unanimità nel Consiglio europeo, ma ci sono Paesi con posizioni diverse. Non siamo in condizione di promettere che questo sarà l’esito, ma siamo in condizione di promettere che questa sarà la nostra posizione", ha spiegato Draghi in vista del vertice della prossima settimana.

Russia stizzita

L’eventualità dell’adesione di Kiev accende però la reazione della Russia, che tuttavia in passato aveva assicurato di non volersi opporre. Per il ministro degli esteri Serghei Lavrov, l’ingresso di Kiev violerebbe gli stessi criteri che l’Ue si è data. In ogni caso, ha aggiunto, i rapporti con l’Europa non sono più "tra le priorità" di Mosca.

La visita dei leader dei tre grosssi paesi dell’Ue nella capitale ucraina e nei suoi dintorni attaccati dai russi all’inizio della guerra (dopo la tappa a Irpin, Draghi ha assicurato "completo sostegno alle indagini sui crimini di guerra") ha permesso di affrontare le questioni chiave del conflitto, dal sostegno militare all’esercito ucraino alle possibilità di una ripresa delle trattative con la Russia.

Pace duratura per l’Ucraina

"Oggi non ci sono state richieste da Zelensky di nuove armi. Ha descritto la situazione com’è, una situazione che sta diventando critica", ha raccontato il premier. "Noi - ha continuato - oggi siamo qui per questo, per aiutare l’Ucraina a ricostruire il suo futuro. Vogliamo la pace, ma l’Ucraina deve difendersi ed è l’Ucraina a dover scegliere la pace che vuole, quella che ritiene accettabile per il suo popolo. Solo così può essere una pace duratura". Un approccio condiviso anche da Macron, dopo le polemiche per le presunte aperture a Mosca. "Le modalità della pace non saranno decise che dall’Ucraina e dai loro rappresentanti. Francia e Germania - ha assicurato il leader dell’Eliseo - non negozieranno mai con la Russia alle spalle dell’Ucraina".

Un ritorno ai negoziati, con la premessa della "integrità territoriale" dell’Ucraina, resta però lontano. "Al momento non si vedono margini, ma c’è un atteggiamento che è cambiato molto nelle ultime settimane" e "c’è un’iniziativa diplomatica mondiale che non c’era un mese fa", ha detto Draghi, citando anche la telefonata di ieri tra il presidente russo Vladimir Putin e quello cinese Xi Jinping.

Sminare i porti

Al centro della missione anche gli sforzi per una soluzione alle crisi alimentare ed energetica legate al conflitto. "C’è un uso politico del gas, così come del grano. Ci sono due settimane per sminare i porti. Il raccolto arriverà alla fine di settembre e una serie di scadenze sempre più urgenti ci avvicinano al dramma inesorabilmente", ha avvertito il premier italiano, spiegando che l’unica soluzione praticabile prevede un’iniziativa di diversi paesi sotto l’ombrello delle Nazioni Unite, "che garantisca tutte le parti: gli ucraini contro le sorprese di un attacco russo, i russi che queste navi possano portare armi".

Ai leader Ue è giunto il ringraziamento di Zelensky, che ha incassato anche l’invito di Scholz a partecipare al prossimo G7 in Germania. "Dobbiamo arrivare a una posizione comune sull’appoggio alla nostra integrazione nell’Ue. Lo status di candidato per l’Ucraina può rafforzare la libertà in Europa e diventare la decisione più importante del terzo decennio del XXI secolo. Capiamo che la strada verso l’Ue non è un solo passo, ma questa strada deve cominciare - ha detto il presidente ucraino –. Qui ci sono grandi Paesi dell’Ue che sono al nostro fianco. È un risultato storico".

Dal fronte

Battaglia del Lugansk, ‘russi attaccano da nove direzioni’

Le sirene d’allarme nel 112esimo giorno di guerra sono suonate fino a Kiev, anche poco prima della conferenza stampa congiunta del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, del presidente francese Emmanule Macron, del cancelliere tedesco Olaf Scholz e del premier italiano Mario Draghi. Un segnale, ha sottolineato il leader ucraino, che "la Russia minaccia tutta l’Europa". Nel fronte più caldo, il sudest del paese, secondo lo stato maggiore i russi "stanno cercando di attaccare contemporaneamente da nove direzioni". Concentrandosi su Severodonetsk. Con l’obiettivo di distruggerla, ha denunciato il governatore Sergiy Gaidai, secondo cui tra gli scheletri degli edifici sono rimasti "dieci civili", rispetto ai 100’000 residenti prima dell’invasione.

E appare a rischio anche l’ultimo avamposto, l’Azot, perché le milizie secessioniste sarebbero entrate nel perimetro della fabbrica chimica, dove resta asserragliato un non precisato numero di combattenti a difesa dell’impianto, e dove si nascondono centinaia di civili. I filorussi hanno assicurato che riapriranno i corridoi umanitari, ma per Gaidai si tratta di un’operazione "impossibile", a causa dei "continui combattimenti e bombardamenti".

La pressione delle truppe di invasione resta altissima anche sull’altra sponda del fiume Severskij Donec, nella città gemella di Lysychansk, dove un raid russo ha provocato almeno tre morti e sette feriti tra i civili. Mentre nell’oblast di Donetsk l’assalto mira a circondare e distruggere le unità delle forze di difesa nei distretti Slovyansk e Kramatorsk.

Le perdite per i difensori in questa fase continuano ad essere molto ingenti: "Fino a 500 soldati uccisi ogni giorno", ha ammesso David Arakhamia, negoziatore di Kiev ed esponente di spicco del partito di Zelensky. Assicurando comunque che il governo è pronto, se necessario, a mobilitare "altre due milioni di persone" per combattere.

Il ministro della difesa Oleksiy Reznikov si è spinto ben oltre: le nuove armi statunitensi aiuteranno l’Ucraina a riconquistare tutti i territori occupati. Non solo il Donbass, ma anche la Crimea. E la riconquista della penisola annessa da Mosca nel 2014 è vista con favore anche dalla Francia, come ha rivelato una fonte diplomatica di Parigi ai giornalisti che hanno seguito la missione dei leader dell’Ue a Kiev: un sostegno significativo, arrivato dal Paese che più ha spinto per "non umiliare" Mosca in questo conflitto.

I servizi segreti britannici, pur senza sbilanciarsi sul realismo degli obiettivi ucraini, hanno confermato che nel Donbass le truppe russe appaino in affanno: "Probabilmente stanno operando gravemente sotto organico. Alcuni gruppi tattici di battaglioni, in genere costituiti da circa 600-800 soldati, sono stati in grado di radunarne appena 30. I soldati si muovono a piedi, e l’avanzata è lenta", ha rilevato Londra. Ma da dove infuria la battaglia gli invasori hanno avvertito che non si fermeranno, anzi. "Le forniture di nuove armi dell’Occidente all’Ucraina ci stanno costringendo a non fermarci ai confini della Repubblica di Donetsk", ha detto il leader dei secessionisti Denis Pushilin.

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