Estero

Recovery fund, non si sblocca lo stallo al vertice Ue

L’Unione europea non fa un passo indietro. Ungheria e Polonia mantengono il veto. Il negoziato ripartirà domani.

(Keystone)
19 novembre 2020
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Bruxelles – Sullo stato di diritto l'Ue non arretra di un millimetro e lo stallo sul Recovery resta. La videoconferenza dei leader, come peraltro era previsto, non ha sbloccato il veto di Polonia e Ungheria sul pacchetto economico da 1'800 miliardi di euro con cui i governi nazionalisti di Mateusz Morawiecki e Viktor Orban stanno tenendo in ostaggio il futuro dell'Europa. Ma il messaggio emerso forte e chiaro, per bocca del presidente del Consiglio Charles Michel, è che sul rispetto dello stato di diritto l'Unione non è disposta a fare compromessi.

Un punto fermo del negoziato che ripartirà già da domani, sotto la regia della presidenza di turno tedesca, alla ricerca di una via d'uscita per liberare il Bilancio 2021-2027 ed il Recovery fund dal ricatto dei due Paesi recalcitranti di fronte alla clausola che lega l'erogazione dei fondi al rispetto delle regole fondamentali della democrazia. Una partita che vedrà - in parallelo - l'avvio del lavoro per mettere a punto il piano B per aggirare o smontare l'ostacolo se non si dovesse trovare la quadra in tempi ragionevoli, trascinando l'Unione in un esercizio di bilancio provvisorio e accumulando ritardi sugli esborsi del Recovery.

Ma se sottotraccia le trattative sono frenetiche, in superficie si ostenta tranquillità. Alla riunione dei leader la discussione su bilancio, Recovery e stato di diritto è durata poco più di un quarto d'ora: il tempo sufficiente per un'introduzione di Michel ed una descrizione dello stato dell'arte, scarna e pacata, formulata dalla cancelliera Angela Merkel nella sua veste di presidente di turno. Poi i riflettori si sono accesi su Orban e Morawiecki, che hanno presentato le ragioni del loro veto. Nessun altro intervento, se non quello del premier sloveno Janez Jansa, grande supporter del leader ungherese, che ha preso la parola per perorare la causa di Budapest e Varsavia pur senza seguirle sulla strada del veto. Una discussione asettica e senza assolutamente alzare i toni, viene riferito, come peraltro voluto da Michel, che prima dell'inizio ha fatto contattare le delegazioni per assicurarsi che tutto restasse sotto controllo e nella calma più totale per non esacerbare il clima.

Domani si gioca la vera partita

La vera partita però inizierà da domani e sarà interessante capire fin dove Orban e Morawiecki vorranno spingersi. Gli strumenti in mano all'Ue per andare oltre il veto non mancano e le varie opzioni sono già al vaglio, con l'obiettivo di farvi eventualmente ricorso con gradualità.

Nessuno vuole la guerra con Ungheria e Polonia, per questo per il momento la presidenza di turno tedesca ha deciso di rimandare gli ultimi passaggi formali affinché la condizionalità sullo stato di diritto diventi legge ed entri in vigore subito, con effetto immediato sull'erogazione di tutti i fondi europei, compresi quelli in corso. Prima Merkel vuole provare ad offrire rassicurazioni scritte per fugare le preoccupazioni di Budapest e Varsavia rispetto ad un utilizzo arbitrario della clausola, che Orban e Morawiecki temono possa essere usata come una clava per piegarli, ad esempio sui migranti.

Ma anche se non si riuscisse a riportare i due leader a più miti consigli, la condizionalità sullo stato di diritto presto diventerà legge. A quel punto, se i ribelli dovessero insistere, potrebbero essere azionate quelle che qualcuno ha chiamato "le opzioni nucleari" dell'accordo intergovernativo o della cooperazione rafforzata per realizzare il Recovery fund tagliandoli fuori. Ma questo è uno scenario ancora tutto da venire.

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