L'intesa sul Recovery Fund sancisce il principio della condivisione del debito
Bruxelles - L’aggettivo ’storico’ è il più usato per definire l’accordo raggiunto lunedì notte al Consiglio europeo sul Recovery Fund da 750 miliardi di euro. Un esito che a lungo è stato in forse, ma che di fatto rappresenta una vera svolta nella vicenda dell’Unione, mettendo per la prima volta in comune il debito, garantito da un bilancio da 1.074 miliardi, per uno stimolo economico complessivo di 1.800 miliardi. Cose mai viste, in effetti.
Il vertice, chiuso alle 5.31 di martedì dall’annuncio del presidente del Consiglio europeo Charles Michel, verrà ricordato come il più lungo da 20 anni, da quando cioè a Nizza, nel 2000, fu rivisto l’assetto istituzionale europeo. Ma rispetto ad allora, quando i capi di Stato e di governo al tavolo erano poco più di una dozzina, in questo caso il confronto è stato a 27, con molte più sensibilità da accomodare e molta retorica patriottarda ad uso e consumo dei Parlamenti nazionali, che entro i prossimi sei mesi questo compromesso lo dovranno votare, prima dell’ok finale al piano di rilancio a sostegno delle economie messe in ginocchio dalla peggior crisi dal Dopoguerra.
Abbastanza per ridurre il volume degli osanna levatisi all’annuncio dell’intesa. L’Italia stessa, che più di tutti ha beneficiato (diciamo potrebbe beneficiare) del vasto piano di versamenti non è del tutto al sicuro: la maggioranza parlamentare su cui si appoggia il governo Conte non è larghissima e soprattutto non garantita.
Il presidente francese Emmanuel Macron, così come molti altri leader, ha comunque parlato di “una giornata storica”. Un accordo “senza precedenti” secondo il presidente dell’Europarlamento David Sassoli. Un segno “del coraggio e della capacità dell’Europa di pensare in grande”, ha commentato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. La prova che l’Ue che nei momenti più difficili sa gettare il cuore oltre l’ostacolo e “aprire nuove frontiere”, ha indicato sorridente Angela Merkel. La cancelliera tedesca, ancora una volta nelle vesti di grande mediatrice, ha saputo guidare Michel nelle ore più buie, quando nella notte di domenica la partita sembrava quasi sfuggita di mano per le dure richieste di tagli e meccanismi stringenti di governance dei leader rigoristi (Olanda, Svezia, Danimarca, Austria, Finlandia), Mark Rutte in primis. A lui, dopo avergli tenuto il fiato sul collo per quattro giorni, si è rivolto il leader dell'estrema destra olandese Geert Wilders, rimproverandogli la soddisfazione di Conte: ""Il Primo ministro italiano - ha twittato - ottiene 82 miliardi di regali, dai nostri soldi, mentre gli italiani sono tre volte più ricchi degli olandesi. Perché difficilmente lì pagano le tasse". Wlders, che era sul palco con Salvini, prima delle elezioni europee...
A chi gli aiuti, a chi i 'rimborsi'
All’Italia l’intesa porta assicura 209 miliardi, il 28% del totale. Conte è riuscito infatti a strappare un ammontare di 82 miliardi di sussidi e 127 di prestiti. Avremo una grande responsabilità: con 209 miliardi abbiamo la possibilità di far ripartire l’Italia con forza e cambiare volto al Paese. Ora dobbiamo correre”, ha evidenziato molto soddisfatto il presidente del Consiglio.
Il Recovery Fund era stato messo in sicurezza già nel pomeriggio di lunedì, con la posta della Resilience e Recovery Facility, cuore del Fondo allocato direttamente ai Paesi secondo una precisa chiave di ripartizione, aumentata a 312,5 miliardi (rispetto alla proposta di 310 miliardi della Commissione europea di maggio). La sforbiciata ha ridotto invece i trasferimenti spacchettati tra i programmi, 77,5 miliardi (rispetto ai 190 mld pensati dalla Commissione). Il bilancio europeo 2021-2027 è rimasto a 1.074 miliardi di impegni. Ma sono stati accontentati i Frugali con congrui rebate, i rimborsi introdotti per la prima volta su richiesta di Margaret Thatcher, che dopo la Brexit molti leader Ue avrebbero voluto cancellare. In alcuni casi sono stati raddoppiati. Alla Danimarca sono andati 322 milioni annui di rimborsi (rispetto ai 222 milioni della proposta di sabato); all’Olanda 1,921 miliardi (da 1,576 miliardi) ; all’Austria 565 milioni (da 287) e alla Svezia 1,069 miliardi (da 823 milioni). A risolvere la spinosa questione della governance, ovvero il controllo sull’attuazione delle riforme dei piani nazionali per i relativi pagamenti su cui Rutte pretendeva il diritto di veto, è stato un super-freno di emergenza emendato, oggetto di un negoziato all’ultimo sangue tra Conte e l’olandese.
Ad uscire molto ridimensionata è stata invece la condizionalità degli aiuti del budget europeo in base al rispetto dello stato di diritto, così tanto diluita che lo stesso leader ungherese Viktor Orban (pronto allo scontro totale) ne ha addirittura applaudito con entusiasmo l’adozione.