Scienze

Il segreto del cervello sta nella rete di connessioni

Uno studio smonta il modello modulare con la funzionalità cerebrale basata sulle regioni, ma sulle interconnessioni fra queste

Questione di connessioni
(Keystone)
14 novembre 2022
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Non sono le singole regioni del cervello a contare maggiormente, ma piuttosto la rete di connessioni fra loro. A proporre un nuovo modello di come funziona il cervello, che consente di capire meglio perché e come questo varia da individuo a individuo, è uno studio pubblicato sulla rivista scientifica "Science".

Il fatto che l’emisfero destro sia deputato alla creatività e il sinistro al pensiero razionale è "un mito" che deriva da una visione "classica" di come funziona il cervello, basata sull’idea che abbiamo diverse regioni cerebrali, tutte con una funzione specifica. Ma questa visione modulare non può spiegare la variabilità tra gli individui. "Ognuno ha un cervello diverso, che non è per niente come quello che conosciamo dai libri di testo", spiega la neuroscienziata Stephanie Forkel della Radboud University di Nimega, in Olanda, una delle autrici dello studio.

Secondo il nuovo approccio, invece, la funzione cerebrale non è localizzata nelle singole regioni del cervello, ma emerge piuttosto dallo scambio tra queste aree. Ad esempio, nel linguaggio, "il risultato è maggiore di una semplice somma delle parti. Per comunicare, devi comprendere rapidamente ciò che viene detto, considerare le intenzioni emotive di chi sta parlando. Se il cervello funzionasse in modo modulare, non consentirebbe di fare tutti questi diversi calcoli in così poco tempo".

Anche le tecniche di neuroimaging sembrano supportare la "teoria della rete", poiché hanno dimostrato che le lesioni cerebrali non sempre corrispondono alla mappa classica del cervello. "Ci sono pazienti con lesioni cerebrali senza sintomi o sintomi che non ti aspetteresti. In uno studio, abbiamo esaminato in che modo le lesioni hanno influenzato l’intera rete cerebrale e abbiamo dimostrato che potremmo utilizzare il nuovo modello per prevedere quali sintomi presentavano i pazienti o quali sintomi avrebbero sviluppato in seguito", conclude Forkel.

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